Nel cervello umano si possono accumulare tante microplastiche e nanoplastiche, cioè quelle particelle di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri, da riempire un cucchiaio intero. A scoprirlo è stato un team di scienziati della Facoltà di Farmacia dell’Università di Scienze della Salute del New Mexico, in Usa, che ha pubblicato il suo lavoro lunedì 3 febbraio sulla rivista Nature Medicine.
Che i residui di plastica mal smaltita si diffondano nell’ambiente – e quindi nel corpo umano e degli altri esseri viventi – non è una novità, a conferma che la correlazione tra salute e sostenibilità ambientale sia particolarmente stretta. Negli anni sono infatti state trovate nel cuore umano, nei grandi vasi sanguigni, nei polmoni, nel fegato, nei testicoli, nel tratto gastrointestinale, nella placenta, nei reni e nel cervello.
Ciò che però sorprende e allarma di questo ultimo studio è in primis la quantità ma anche il fatto che il cervello sembrerebbe più esposto di altri organi.
La ricerca
Lo studio ha esaminato 52 campioni di cervello umano prelevati tra il 2016 e il 2024 dalla corteccia frontale, la parte del cervello responsabile del giudizio, del processo decisionale e del movimento muscolare. I ricercatori hanno anche esaminato campioni di fegato e reni provenienti dagli stessi corpi sottoposti ad autopsia forense, analizzando tutti i tessuti con l’ausilio di immagini al microscopio e analisi molecolari per identificare la composizione chimica.
I risultati
Ebbene, i campioni di cervello e fegato del 2024 presentavano concentrazioni medie nel tessuto cerebrale di individui normali, con età media di circa 45-50 anni, per 4.800 microgrammi per grammo, «equivalenti a un intero cucchiaio di plastica standard», ha spiegato Matthew Campen, Professore ordinario di Scienze Farmaceutiche presso l’Università del New Mexico e principale autore dello studio. Si tratta dello 0.48% del peso del cervello: «ciò significherebbe che il nostro cervello oggi è composto al 99,5% da cervello. Il resto è plastica», ha aggiunto il professore.
Inoltre, queste concentrazioni erano significativamente più elevate di micro e nanoplastiche rispetto a quelli del 2016. La massa totale di plastica nei cervelli studiati è aumentata di circa il 50% tra il 2016 e il 2024 e i ricercatori suggeriscono che la colpa potrebbe essere dell’aumento drastico e crescente delle concentrazioni di questi materiali nelle nostre case, nell’aria e nell’acqua, che noi respiriamo e ingeriamo.
Gli scienziati hanno poi esteso l’analisi con campioni di tessuto cerebrale di persone decedute tra il 1997 e il 2013 sulla costa orientale degli Stati Uniti, mostrando un trend naturalmente in aumento della contaminazione da microplastiche dei cervelli dal 1997 al 2024.
I ricercatori hanno poi riscontrato che i campioni prelevati dal cervello contenevano frammenti di plastica da 7 a 30 volte più piccoli rispetto a quelli trovati nei reni e nel fegato.
Il materiale plastico trovato era in maggioranza polietilene, una comune plastica presente anche nelle buste della spesa, nei flaconi di shampoo o nei giocattoli e che costituisce il 75% della plastica totale in circolazione.
Nanoplastiche e demenza
I livelli di nanoplastiche non erano collegati all’età al momento della morte, ma variavano molto tra le persone e gli studiosi hanno trovato da 3 a 5 volte più frammenti di plastica nei cervelli di 12 persone cui era stata diagnosticata la demenza prima della morte. «È molto probabile che le microplastiche siano elevate a causa della malattia (demenza) e al momento non suggeriamo che le microplastiche possano causare la patologia», ha precisato Campen.
Che effetti sulla salute?
Sebbene lo studio non stabilisca un rapporto di causa-effetto tra queste particelle di plastica e la demenza e gli impatti sulla salute, solleva sicuramente delle domande sulle possibili conseguenze per la salute dell’esposizione alla plastica e sul comportamento di questi minuscoli materiali all’interno del cervello vivo. Il punto sarebbe capire «se, in vita, queste particelle siano fluide, entrino ed escano dal cervello, o se si raccolgano nei tessuti neurologici»: i ricercatori hanno visto segnali che lasciano pensare che fegato e reni possano espellere alcune plastiche dal corpo, ha detto Campen. «Se ciò possa accadere nel cervello – ha affermato – non è noto».
Quel che è certo però è che se l’accumulo di micro e nanoplastiche nel corpo è destinato ad aumentare, perché lo è il livello di microplastiche presenti nell’ambiente. Negli ultimi decenni questo valore è aumentato, con un’attuale produzione di plastica di oltre 300 milioni di tonnellate all’anno e una stima di 2,5 milioni di tonnellate che galleggiano negli oceani del mondo, pari a un livello nel 2023 di oltre dieci volte quello del 2005.