Promuovere la parità e contrastare la violenza: a Milano il Centro Interuniversitario Culture di genere

Promuovere la parità e contrastare la violenza: a Milano il Centro Interuniversitario Culture di Genere

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Simona Regina

Perché ne stiamo parlando
Marilisa D’Amico, ordinaria di Diritto costituzionale e prorettrice dell’Università di Milano, guida il Centro di Ricerca Interuniversitario Culture di Genere. Il Centro punta a a innescare un cambiamento culturale attraverso la diffusione di strumenti di parità.

Ordinaria di Diritto costituzionale e prorettrice all’Università degli Studi di Milano con delega alla Terza missione e Pari opportunità, Marilisa D’Amico dirige il Centro di Ricerca Interuniversitario Culture di Genere. Nato nel 2013, il centro riunisce le sette università milanesi: Università degli Studi di Milano, Politecnico di Milano, Università Vita-Salute San Raffaele, IULM, Milano-Bicocca, Università Bocconi e, dalla scorsa estate, Università Cattolica del Sacro Cuore.

«Il Centro nasce sulla scia dei corsi Donne. Politica. Istituzioni, promossi dall’allora ministra Stefania Prestigiacomo per promuovere l’empowerment femminile, e su proposta dell’associazione Donne in Quota che chiese all’Università Statale e alla Bicocca, che già organizzavano insieme diverse iniziative, di costituire un centro interdisciplinare per affrontare le questioni di genere da molteplici prospettive: giuridica, sociologica, economica, filosofica…».

Un Centro per la cultura di genere

L’obiettivo? Promuovere la cultura di genere nelle università e nella società. «Gli studi di genere, che in ambito umanistico e sociologico hanno una lunga tradizione, sono stati invece più refrattari in ambito giuridico e scientifico», sottolinea D’Amico. Il Centro si propone allora di promuovere studi, ricerche e azioni positive per promuovere la cultura dei diritti delle donne.

Tra i progetti, il corso di perfezionamento in “Cultura di genere e strategie di promozione della parità nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni”. «Ogni università apporta la propria competenza disciplinare e, dalla misurazione delle disparità alla certificazione della parità di genere, è contraddistinto da un approccio pratico e interdisciplinare e coinvolge anche le aziende». È uno strumento per formare una nuova cultura aziendale per contrastare i fenomeni discriminatori. «La cultura dei diritti delle donne va studiata e insegnata».

Oltre ai corsi, il Centro cura pubblicazioni scientifiche e organizza iniziative diverse, come convegni, seminari, campagne contro la violenza di genere e progetti sulla rappresentazione della donna nei media. «Abbiamo lavorato sinergicamente per affrontare questioni come la pubblicità sessista, la cultura del linguaggio visivo e, in generale, il sessismo nei mezzi di comunicazione».

Una corsa a ostacoli verso la parità

Nonostante i progressi, il percorso verso una reale parità è ancora lungo. «Viviamo in una parità ambigua», osserva la costituzionalista.

Una parità ambigua. Costituzione e diritti delle donne è il titolo del libro (Raffaello Cortina Editore) in cui D’Amico ripercorre le tappe verso la parità nel nostro Stato costituzionale e analizza gli ostacoli che ancora allontanano l’Italia da una uguaglianza effettiva: diritti riproduttivi, squilibrio di genere ai vertici delle istituzioni, difficoltà di conciliare il tempo dedicato alla famiglia e al lavoro, violenza di genere.

«Le donne continuano a essere penalizzate da ostacoli culturali e strutturali: la mancanza di un welfare adeguato, la difficoltà di conciliare vita e lavoro, una ripartizione diseguale dei compiti familiari. Questi fattori portano ancora molte donne a dover fare un passo indietro nella carriera e, se da un lato celebriamo i passi avanti e la conquista di posizioni apicali – la prima donna presidente, la prima donna direttrice, eccetera -, dall’altro non dobbiamo dimenticare quante altre donne devono rinunciare al lavoro, devono fare i conti con il precariato e con i part time forzati».

A ciò si aggiunge la cultura patriarcale radicata nella nostra società, che ostacola il cambiamento e il raggiungimento di una piena parità. E così, nonostante la nostra Costituzione celebri il principio di uguaglianza, il suo pieno raggiungimento «è un processo lento e faticoso», sottolinea D’Amico. «Le donne che hanno raggiunto posizioni di vertice dovrebbero sostenere le giovani generazioni, creando un circuito virtuoso e lavorando insieme agli uomini per promuovere un cambiamento reale. A un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, ci troviamo ancora a fare i conti con una società piena di contraddizioni, che nega le radici culturali della violenza di genere». Il tema culturale è cogente secondo D’Amico, che sottolinea quanto sia urgente istituire programmi educativi nelle scuole per contrastare gli stereotipi di genere.

Donne e lavoro

Per l’affermazione del diritto delle donne a non dover essere più obbligate a scegliere tra carriera professionale e il desiderio di genitorialità, secondo D’Amico è necessario adottare strumenti concreti. «La certificazione di genere, se presa sul serio, potrebbe portare a una riorganizzazione del lavoro nelle aziende e nelle amministrazioni pubbliche», afferma. «Ma servono anche politiche strutturali, come la creazione di nuovi posti nido, che erano stati promessi con i fondi del PNRR, e un bilancio di genere che analizzi effettivamente all’interno delle istituzioni l’impatto delle misure per l’equità di genere».

«Anche il diritto alla disconnessione, se regolamentato, potrebbe fare la differenza», dice. Soprattutto per le donne, costrette a giochi di equilibrismo per conciliare vita lavorativa e personale. «Le opportunità ci sono, ma bisogna lavorare sodo per sostenere l’empowerment femminile».

Il ruolo della cultura

Il cambiamento, però, non può avvenire solo attraverso norme giuridiche. «Serve un cambiamento culturale», sottolinea D’Amico. «Abbiamo bisogno di un’educazione all’affettività obbligatoria nelle scuole, fin dalla materna, con percorsi strutturati e gestiti da professionisti. E anche le università possono costruire alleanze con le istituzioni al fine di promuovere una cultura della parità». E in tal senso, riferisce che alla Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane (ricordiamo sono 17 le rettrici su 85) è stato costituito un gruppo sulla parità di genere e le pari opportunità. «Abbiamo lavorato sul linguaggio di genere, sulla violenza di genere, sul Gender Equality Plan». E ribadisce l’impegno del Centro di Ricerca Interuniversitario Culture di Genere al fine di formare una nuova generazione consapevole e preparata ad affrontare le sfide della società contemporanea e per il pieno raggiungimento di una democrazia paritaria. «Lasciare ai margini le donne significa ledere i loro diritti, ma anche rallentare il progresso economico e sociale».

Keypoints

  • Il Centro Interuniversitario Culture di Genere unisce i sette atenei milanesi per promuovere la cultura dei diritti delle donne
  • L’obiettivo è favorire studi interdisciplinari su diritti delle donne per il raggiungimento di una piena parità
  • Il Centro organizza corsi e seminari, cura pubblicazioni e iniziative per combattere la violenza di genere e diffondere la cultura della parità
  • Tra i progetti, un corso sulla parità di genere per aziende e amministrazioni
  • La costituzionalista D’Amico sottolinea la necessità di politiche strutturali come il bilancio di genere e programmi educativi per contrastare gli stereotipi e la violenza di genere
  • Promuovere l’educazione all’affettività nelle scuole è essenziale

 

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