Una strategia chiara e orientata allo sviluppo sostenibile, con l’obiettivo di accompagnare le aziende verso la transizione ecologica attraverso la definizione di standard misurabili e risultati di medio e lungo periodo. La sostenibilità non come concetto astratto, ma come veicolo concreto di crescita per tutto il Paese, partendo dalla formazione nei “green jobs” fino alla valutazione dell’impatto economico, sociale e ambientale degli investimenti all’interno di un contesto europeo sempre più normato. Elena Shneiwer, Responsabile ESG Engagement e Patrimonio Artistico-Culturale di Cassa Depositi e Prestiti, in questa seconda parte di intervista ci ha parlato della strategia di CDP per lo sviluppo sostenibile delle imprese e della PA italiane.
Leggi qui la prima parte dell’intervista ad Elena Shneiwer di Cassa Depositi e Prestiti.
Dott.ssa Shneiwer, in che cosa consiste sul piano operativo il nuovo modello di valutazione degli investimenti introdotto da CDP per accompagnare le imprese italiane verso lo sviluppo sostenibile?
Il modello di valutazione dei nostri finanziamenti e investimenti è cambiato radicalmente. Sono stati creati due team all’interno di una direzione che si chiama “Strategie settoriali e Impatto”, che sono dedicati da un lato alla valutazione ex ante delle nostre operazioni in una logica ESG e, dall’altro, a una valutazione ex post dei nostri impatti. Tradizionalmente nel mondo della finanza, gli investimenti e i finanziamenti sono valutati con un modello bidimensionale rischio-rendimento. Noi abbiamo introdotto un modello tridimensionale che, accanto alle valutazioni di natura finanziaria e legale di rischio-rendimento, aggiunge una terza dimensione, che è l’impatto. Nel concreto, ex ante è previsto il “Sustainable Development Assessment”, un’analisi qualitativa e quantitativa da cui emerge uno score relativo alla sostenibilità dell’iniziativa dal punto di vista ESG su quattro dimensioni: quanto il finanziamento è coerente con la strategia di CDP, l’attenzione della controparte ai temi ESG, qual è l’impatto atteso del progetto e che in misura questo impatto è addizionale (ovvero non si sarebbe verificato senza il contributo di CDP). Significa che per un livello percentuale crescente di operazioni c’è una valutazione sugli impatti ESG prima di concedere il credito.
E per la valutazione ex-post?
Allo stesso modo è stato definito una serie di KPI che vengono monitorati nelle nostre controparti lungo tutto il ciclo di vita del progetto. Questi indicatori permettono di monitorare nel tempo se gli obiettivi attesi sono stati raggiunti e di intervenire laddove ci siano scostamenti aiutando la controparte a tornare sulla strada corretta. E poi, soprattutto, questi KPI ci permettono una stima puntuale delle esternalità economiche, sociali e ambientali che i progetti finanziati da CDP generano sul territorio: un elemento importante per migliorare continuamente la nostra strategia verso iniziative ad alto impatto.
Avete anche previsto un meccanismo di premialità per le aziende virtuose?
Sì, grazie a questo modello che si basa su metriche definite, è stato possibile introdurre alcuni finanziamenti con premialità. Ad esempio, abbiamo iniziato proprio negli scorsi anni a introdurre finanziamenti che premiano le aziende che si danno l’obiettivo di ridurre la propria impronta emissiva o di aumentare il livello di occupazione. L’idea è che l’impresa si dà un obiettivo ESG, al raggiungimento del quale viene ridotto il costo del finanziamento. Lo abbiamo fatto per grandi aziende che hanno portato avanti investimenti in nuove tecnologie ambientali e hanno aumentato il numero dei propri dipendenti. Per la prima volta lo scorso anno lo abbiamo fatto anche con la Pubblica Amministrazione, insieme alla Banca europea degli investimenti, mettendo a disposizione un plafond di circa 200 milioni di euro a tassi vantaggiosi per interventi green sul territorio, il cosiddetto “prestito green”. Il primo finanziamento è andato alla Valle d’Aosta per ammodernare ed efficientare la rete idrica. Ecco, sono primi esempi di un modello di finanza di impatto che in qualche modo è una forma di incentivazione molto innovativa, collegata ai temi di sostenibilità e che permette di associare la crescita a risultati concreti anche in termini sociali e ambientali.
Proprio in termini occupazionali, sappiamo che la crescita sostenibile offre nuove opportunità anche sul mercato del lavoro, con la nascita di nuove professioni legate al mondo ESG. Che cosa sta facendo Cdp nell’ambito della formazione sui green jobs?
I profili ESG sono in crescita costante ed esponenziale dal 2019, e oggi rappresentano più o meno tra il 20 e il 25% delle offerte di lavoro sul mercato. Il dato interessante è che non si tratta più solo di cercare un responsabile ESG o un manager ESG, ma servono i portfolio manager ESG, i communication officer ESG, i risk manager ESG e così via. È una competenza sempre più trasversale in ogni campo professionale. Quello che emerge in maniera molto chiara è che è stato fatto un lavoro significativo a livello di formazione sia scolastica sia universitaria; quindi, le nuove generazioni sono in questo momento più istruite su queste tematiche.Mentre le altre generazioni, che le hanno approcciate direttamente sul campo, adesso devono riorientare le loro competenze verso un mondo che sta cambiando. Noi abbiamo agito in due direzioni. In primo luogo, abbiamo rafforzato la formazione sia attivando corsi di alta formazione ad hoc (nel 2023 abbiamo istituito il primo master ESG con la Business School di Bologna) sia introducendo le tematiche ESG nei corsi di formazione più tradizionali. In secondo luogo, abbiamo iniziato ad avvicinarci ai più giovani che da questo punto di vista sono più avanti di noi, creando una serie di occasioni di confronto e di dialogo su questi temi. Per esempio, lo scorso anno abbiamo partecipato allo Youth for Climate, dove ogni anno si radunano giovani da tutto il mondo per progettare delle soluzioni sul tema del cambiamento climatico. Noi abbiamo ascoltato le loro domande, ed è stata una straordinaria occasione di crescita per capire quali sono le loro aspettative.
Infine, una domanda sul settore Salute e Life science, che già di per sé ha un grande impatto positivo in termini sociali. Qual è l’impegno di CDP su questo fronte?
Il nostro intervento in ambito Salute copre sia la Pubblica Amministrazione sia le imprese, fino al mondo della ricerca. Provo a fare qualche esempio. CDP tradizionalmente è l’istituzione di riferimento degli enti locali e del territorio e ha un impegno straordinariamente forte sul tema del sostegno alle cosiddette infrastrutture sociali che vanno dalle scuole agli istituti culturali fino appunto alle strutture sanitarie. C’è un tema su cui abbiamo lavorato molto, che è quello di come aiutare gli enti locali e le strutture sociosanitarie ad ammodernarsi in termini di strutture più sostenibili anche a livello di efficienza energetica. Su questo ci sono molti gap e per colmarli, CDP attua una doppia strategia: eroga finanziamenti agli enti locali per l’ammodernamento delle strutture e fa advisory, cioè consulenza tecnico-finanziaria a Regioni, ASL e Ospedali per la realizzazione di nuove strutture e l’efficientamento di quelle esistenti. Nel 2022, per esempio, abbiamo impegnato circa 80 milioni per quasi 40 strutture sanitarie. Di questi il 50% è andato a interventi di riqualificazione, adeguamento sismico, efficientamento energetico. Circa il 20% è andato a nuove costruzioni e più del 30% all’acquisto di nuove apparecchiature. Sulla parte di advisory invece, sempre nel 2022 abbiamo investito circa 1,6 miliardi in nuovi progetti in ambito sanitario, di cui il 50% coperti in pool dalle risorse del PNRR. Per essere molto concreti, per esempio, abbiamo finanziato l’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna per il rinnovo completo degli spazi della Terapia Intensiva, le sale operatorie e i posti letto di Day Surgery e la Pia Fondazione Val Camonica ONLUS per acquistare un edificio destinato a servizi per le persone anziane e per disabili in condizioni di fragilità. . Lato imprese, il mondo della salute è tra quelli più toccati dalla rivoluzione digitale. Per questo, per fare un esempio, CDP Equity ha investito in una realtà italiana ad alto contenuto tecnologico come GPI, che è tra i principali players nel settore della sanità digitale.
E sulla ricerca?
Nel 2023, insieme al Ministero della Salute, la Fondazione CDP ha lanciato un bando che si chiama “In Sistema Ricerca”, che ha una dotazione di circa un milione di euro per richieste di finanziamento addizionali rispetto alle iniziative di ricerca che sono già state sostenute dai fondi del PNRR del Ministero. I fondi del PNRR, infatti, sono una straordinaria opportunità sul tema della ricerca, ma sono spesso soggetti a dei vincoli stringenti circa estensione temporale delle spese, tipologia e identità. Quindi questo è un bando integrativo che aiuta la realizzazione della ricerca, coprendo costi che sono abilitanti e che in questo momento sono esclusi dai finanziamenti del PNRR.