Il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare del Giappone ha approvato il primo vaccino al mondo contro COVID-19 a base di sa-mRNA, una tecnologia che consente alle cellule umane di fare copie del mRNA del vaccino, aumentando la quantità di proteina prodotta a fronte di dosi minori di mRNA somministrato. Il nuovo vaccino ha dimostrato di offrire miglioramenti nella durata e nell’ampiezza della protezione contro nuove ed emergenti varianti del virus, superando i limiti dei vaccini a base di mRNA attualmente in uso.
Il metodo a base di sa-mRNA non è nuovo: in diversi laboratori del mondo sono in corso da anni sperimentazioni, ma ora la valutazione positiva dell’Agenzia per i Farmaci e i Dispositivi Medici (PMDA) giapponese dei risultati della fase III del vaccino, ne attesta i benefici per la salute, e non solo. Utilizzando il self-amplifying RNA si hanno potenzialmente meno effetti collaterali, e c’è un vantaggio nella produzione dei vaccini, perché da una sola preparazione farmaceutica si possono ottenere più dosi.
Vaccini che potrebbero presto arrivare anche in Europa: l’EMA ha accettato la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio dell’azienda produttrice, la biotech Arcturus, e una decisione è attesa nella prima parte del 2024.
Immunogenicità e sicurezza maggiori rispetto ai vaccini a mRNA
L’approvazione del nuovo vaccino con il RNA auto-replicante si basa su dati clinici positivi provenienti da diversi studi sul vaccino ARCT-154, inclusi uno studio di efficacia in corso su 16.000 soggetti effettuato in Vietnam così come un trial di fase 3 per il booster contro il COVID-19, che ha ottenuto risultati di immunogenicità superiori e un profilo di sicurezza maggiore rispetto al vaccino standard a mRNA contro il COVID-19 con cui è stato comparato.
La novità: basta poco RNA per produrre molta proteina
Dal punto di vista della produzione, la metodologia è simile a quella utilizzata per i vaccini a mRNA attualmente in uso: si produce un RNA sintetico che viene poi incapsulato in nanoparticelle lipidiche e iniettato. La differenza è che questi saRNA sono degli RNA più lunghi, che contengono una parte della proteina del coronavirus, la proteina spike, e una parte un enzima in grado di indurre la cellula umana a replicare diverse copie dell’RNA stesso. Tutte queste molecole di RNA vengono poi trasformate in proteine e pertanto si ha un numero elevato di proteine prodotte.
“La grande differenza”, spiega Leonardo Elia, professore associato di Biologia Molecolare Del Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale dell’Università di Brescia e Ricercatore all’Humanitas Research Hospital di Rozzano “è che nel vaccino Moderna e Pfizer noi mettiamo un certo numero di molecole di RNA della proteina spike, che danno origine a un corrispettivo numero di molecole di proteina. Invece in questo caso noi mettiamo pochissime molecole di RNA, queste si amplificano nell’uomo, da 10 diventano ad esempio 1000 e queste 1000 danno origine ad altrettante proteine spike”.
Un doppio vantaggio, di produzione industriale e di sicurezza per il paziente
Il vantaggio di introdurre meno RNA e fare in modo che si amplifichi all’interno dell’organismo è duplice. “Per il vaccino di Moderna per ogni dose si utilizzano 80 microgrammi di RNA, quello di Pfizer utilizza 30 microgrammi di RNA per dose, invece quello di Arcturus ne utilizza 5 microgrammi. Quindi fondamentalmente da una preparazione farmaceutica possiamo ottenere più dosi”, spiega Elia. Il secondo vantaggio riguarda la sicurezza della terapia: “Meno RNA introduciamo all’inizio meno effetti collaterali abbiamo, perché più introduciamo dall’esterno diverse molecole di RNA in una cellula più questa può attivare meccanismi infiammatori”.
Vaccini anticancro e altre possibili applicazioni del saRNA
Questo tipo di meccanismo degli saRNA è particolarmente vantaggioso dunque per i vaccini, e una sua applicazione riguarda sia quelli destinati a combattere i tumori sia quelli contro altri patogeni. “Un’altra strategia terapeutica a cui il saRNA può applicarsi”, ricorda il prof. Elia, “riguarda le terapie sostitutive, particolarmente utili nelle malattie genetiche dove non si vuole optare per la terapia genica che comporta l’introduzione di un gene sano mediante vettori virali. In alternativa, si potrebbero utilizzare RNA autoreplicanti per fornire una copia funzionale del gene difettoso. Questi sistemi hanno un effetto transitorio e potrebbero richiedere somministrazioni periodiche, forse mensili, ma rappresentano un approccio più sicuro rispetto all’iniezione di virus per la terapia genica.”
Il saRNA potrebbe essere impiegato anche contesto delle malattie metaboliche genetiche, dove un gene malfunzionante si trova in un organo specifico. Gli scienziati sono attualmente al lavoro per capire come recapitare con precisione l’RNA terapeutico alle sole cellule pancreatiche interessate. L’obiettivo di questi studi è di sviluppare sistemi che possano, in futuro, essere applicati nell’uomo per ottimizzare la consegna dell’RNA e, di conseguenza, minimizzare gli effetti collaterali, permettendo interventi più mirati e sicuri.