«Credo che oggi nessuno sappia dire con certezza quali sono i rischi dell’Intelligenza Artificiale. Sicuramente è un’ottima opportunità e una grande risorsa. Ma, come tutte le rivoluzioni, vanno gestite con cautela. Bisogna evitare che l’uomo sia gestito dalla tecnologia. Attenzione, infine, all’identificazione della responsabilità e agli aspetti etici». Sono alcune riflessioni di Roberto Moroni, medico al Gruppo Ospedaliero Leonardo di Abano Terme, specializzato in chirurgia vascolare, generale e bariatrica, espresse nella lettura magistrale dal titolo “Il chirurgo deve rincorrere la tecnologia o la tecnologia deve rincorrere il chirurgo?” nell’ambito del convegno “Le nuove frontiere della chirurgia bariatrica. Live bariatric robotic surgery meeting”, svolto a Cagliari il 9 settembre. Lo sviluppo e la diffusione dell’Intelligenza Artificiale sta ridisegnando la sanità: il modo con cui vengono diagnosticate e trattate le malattie o l’organizzazione dell’assistenza sanitaria. Una tecnologia che utilizza algoritmi di apprendimento automatico e analisi dei dati per elaborare grandi quantità di informazioni mediche in modo rapido e accurate. L’obiettivo è rendere sempre più precise le decisioni cliniche e contribuire a un miglioramento degli esiti di salute dei pazienti. Non solo. L’AI ha rivoluzionato l’interpretazione delle immagini diagnostiche come radiografie, risonanze magnetiche e tomografie computerizzate e ha gettato le basi per una medicina sempre più personalizzata. La chirurgia assistita da robot combina l’AI con la robotica per migliorare la precisione chirurgica e ridurre l’invasività. I chirurghi possono controllare sistemi robotici per eseguire procedure complesse con maggiore precisione, riducendo le complicazioni, i tempi di recupero e migliorando gli esiti chirurgici. A questo punto sorge una domanda: “Chi deve rincorrere chi?”. «Questo è un po’ il focus del problema», spiega Moroni. «Sappiamo quali sono i vantaggi, ma quale sarà il ruolo del chirurgo e, in generale, degli operatori sanitari?». E aggiunge: «Quali sono i limiti e quali sono i rischi? Le banche dati potranno essere in qualche modo manipolate? Quanto è alto il rischio che gli interessi economici prevarranno sull’aspetto clinico?». Saranno questi i grandi temi di oggi e del futuro. «Non sarò io a dare una risposta definitiva, ma credo non ce l’abbia nessuno oggi», conclude il chirurgo.
«Rapporto medico-paziente a rischio»
Una nuova modalità di erogazione dei servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso a dispositivi tecnologici (smartphone, pc, tablet) che permettono di stabilire un contatto tra paziente e medico, o tra due professionisti sanitari, senza necessariamente incontrarsi fisicamente. È l’obiettivo della Telemedicina: un’opportunità di accesso alle cure che non sostituisce le prestazioni tradizionali ma le integra per potenziarne efficacia, efficienza e appropriatezza. «Ormai è una realtà – dice Moroni – che si è sviluppata soprattutto durante la pandemia. In quel biennio sono stati fatti importanti passi avanti». Il medico ha sviluppato uno studio sull’influenza della Telemedicina, sondando il gradimento dei pazienti e le risposte non sono state univoche. Secondo il chirurgo, c’è il rischio che possa perdersi il rapporto medico-paziente: «Quella prossimità e quella empatia che, fino a ieri, è stata un po’ il sale del rapporto medico-paziente». Serve cautela: «Bisogna evitare che questo rapporto diventi una sorta di surgelato in cui alle esigenze del paziente vengono date risposte in termini di efficienza e di efficacia, perdendo l’aspetto umano».
Moroni su AI Act: «Legge intagliata su una situazione europea. Sappiamo che quella italiana è ben diversa»
Oltre all’etica, ricorda Moroni, c’è un altro tema fondamentale: la responsabilità civile e penale. “Su chi ricade?”, si chiede. «Oggi vado su ChatBox e in pochi secondi posso avere risposte su come risolvere un determinato problema. Se dovessi seguire le decisioni date dagli algoritmi, ma con risultati non aspettati e conseguenti danni, chi ne risponderebbe?». A questa domanda ha cercato di rispondere l’AI Act, la prima legge al mondo sull’Intelligenza Artificiale, che garantisce sicurezza e rispetto dei diritti fondamentali e promuove l’innovazione. «Si è cercato di normare con la nuove legge l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, ma è più intagliata su una situazione europea. Sappiamo che quella italiana è ben diversa». Secondo Moroni serve più chiarezza: «Questo è quello che tutti ci auguriamo. Ancora la situazione è in divenire». Ultima decisione medico o nuove tecnologie? «L’ultima decisione spetta obbligatoriamente al medico. Questo concetto deve rappresentare il pilastro fondamentale di tutte le riflessioni e decisioni future».
Bisogna lavorare a un quadro politico e di supervisione chiaro per garantire un utilizzo responsabile dell’AI in sanità, garantendo che i sistemi di Intelligenza artificiale siano progettati, sviluppati e utilizzati in modo da minimizzare i rischi di discriminazione, violazioni della sicurezza dei dati e perdita di posti di lavoro. Un primo passo è arrivato dall’AI Act, firmato il 13 giugno scorso e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE il 12 luglio. La legge è entrata in vigore ad agosto con alcune disposizioni che diventeranno applicabili nei mesi successivi, a seconda della categoria di rischio dei sistemi di IA regolamentati.