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Chirurgia robotica, tanto rumore per nulla o quasi (almeno per il momento)

Perché ne stiamo parlando
Sono decenni che si parla di rivoluzione robotica in sala operatoria. Tuttavia, non è ancora chiaro quanto in realtà la chirurgia robotica sia effettivamente superiore a quella tradizionale. Insieme a Massimo Carlini, presidente della Società italiana di chirurgia, abbiamo provato a fare un’analisi costi-benefici.

Chirurgia robotica immagine AI
Immagine generata utilizzando l'intelligenza artificiale

Sono passati poco meno di 30 anni da quando il primo “vero” robot chirurgico, il da Vinci, ha ricevuto l’approvazione dalla Food and Drug Administration (FDA) per l’utilizzo in sala operatoria. Da allora le piattaforme di chirurgia robotica sono diventate molte di più e lo stesso da Vinci, sviluppato dalla californiana Intuitive Surgical, e che ha dominato il mercato per moltissimo tempo, non è lo stesso di quando è nato. La chirurgia robotica sta dunque vivendo un momento di grande innovazione con centinaia di grandi e piccole imprese e ambiziose start up che stanno investendo e lavorando per portare sul mercato le proprie soluzioni. Le previsioni di mercato nei prossimi 10 anni, secondo il report “A Robotic-Assisted Surgery Review: clinical landscape, commercial arena and future outlook” realizzato da Alira Health, indicano che entro il 2030 si supereranno i 22 miliardi di dollari. Secondo lo stesso report, attualmente sono oltre 150 i sistemi robotici in fase di sviluppo per le diverse indicazioni cliniche, in un mercato dominato dagli Stati Uniti, sia sul fronte dell’innovazione che dell’accesso, con oltre 580mila procedure eseguite nel 2020. L’Italia con i suoi 115 robot e 25mila interventi eseguiti in media in un anno si colloca al terzo posto in Europa dopo Germania e Francia. Gli ambiti in cui la chirurgia robotica viene maggiormente utilizzata sono per il 70% l’urologia, seguita dalla chirurgia generale e la ginecologia. Ma tanto entusiasmo e previsioni di mercato “stratosferiche” appaiono in contrasto se messe di fronte alla ancora scarsa penetrazione nei centri italiani.

Carlini: “Oggi la chirurgia robotica non è più vantaggiosa di quella tradizionale”

Il robot in sala operatoria è ancora appannaggio di poche strutture considerate d’eccellenza e non ha ancora raggiunto i risultati ottimali sperati e immaginati. Massimo Carlini, primario dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma e presidente della Società Italiana di Chirurgia (SIC), che con i robot ci lavora da tempo, ridimensiona subito gli entusiasmi. “La chirurgia robotica, oggi, non è migliore di quella laparoscopica”, dice. “Non c’è nessuna superiorità della prima rispetto alla seconda. Non c’è nessuna differenza, nessun vantaggio. Anzi, ad oggi, ci sono solo svantaggi. Oltre ai costi molto alti – continua – i tempi della chirurgia robotica possono essere molto lunghi e, a volte, il paziente è costretto a rimanere sotto anestesia per il doppio del tempo rispetto a quanto sarebbe stato necessario con la laparoscopia”. L’esperienza di Carlini non si discosta da quanto rilevato dalla letteratura scientifica: anche le più recenti review non mostrano alcuna superiorità della chirurgia robotica rispetto a quella laparoscopica tradizionale. In uno studio pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas ha messo a confronto 50 studi randomizzati, condotti in un periodo lungo 20 anni, per valutare la qualità e i risultati della chirurgia addominopelvica robot-assistita rispetto alla laparoscopia o alla chirurgia tradizionale. Ebbene, dai risultati è emerso che “la maggior parte degli studi non ha mostrato differenze nelle complicanze intraoperatorie, nei tassi di conversione alla chirurgia aperta e nei risultati a lungo termine”. In altre parole, non ci sarebbe “alcun chiaro vantaggio nell’utilizzo dei robot rispetto alla chirurgia tradizionale”. Dei 39 studi che hanno riportato l’incidenza delle complicanze di ClavienDindo, cioè un metro di classificazione delle complicanze chirurgiche, solo 4 (il 10%) hanno mostrato vantaggi nell’utilizzo della chirurgia robot-assistita. “La maggior parte degli studi non ha mostrato differenze nelle complicanze intraoperatorie, nei tassi di conversione e negli esiti a lungo termine”, specificano i ricercatori.

La durata degli interventi con i robot è più lunga rispetto quella delle laparoscopie

Due lavori pubblicati qualche anno prima sulla rivista Jama hanno addirittura messo in dubbio la sicurezza delle procedure chirurgiche eseguite con il robot. I due lavori hanno confrontato la tradizionale tecnica laparoscopica con la chirurgia robotica in due specifiche operazioni, la nefrectocmia, cioè l’intervento di rimozione del rene, e il cancro rettale. Ebbene, in entrambe le condizioni cliniche le prestazioni dei robot in sala operatoria sono state molto deludenti: a fronte di costi esorbitanti, i tempi d’intervento sono risultati più lunghi e gli esiti a breve termine non sono stati migliori. In particolare, nello studio condotto dalla Stanford University Medical Center e dell’Ulsan College of Medicine di Seoul, che ha coinvolto 24mila pazienti che hanno subito interventi di nefrectomia radicale eseguiti con tecniche laparoscopiche (18.500) o con chirurgia robotica (5.800) in 416 ospedali statunitensi, non sono emerse grandi differenze tra il braccio robotico e quello umano almeno sul fronte delle complicazioni post-operatorie. Le performance dei robot si sono dimostrate addirittura inferiori a quelle laparoscopiche dal punto di vista del tempo trascorso sul letto operatorio. Le operazioni con il robot sono state in media mezz’ora più lunghe di quelle senza. La chirurgia robotica, inoltre, è stata molto più costosa: su un periodo di 90 giorni il costo del robot per l’ospedale è di circa 19mila dollari in confronto ai 16mila degli interventi laparoscopici. Nel secondo studio i ricercatori del Leeds Institute of Biological and Clinical Sciences dell’Università di Leeds hanno valutato l’impatto delle macchine nelle operazioni per il cancro rettale. L’analisi ha coinvolto 471 pazienti con adenocarcinoma rettale operabile ricoverati in 29 ospedali di 10 paesi. La metà dei pazienti è stata sottoposta a intervento laparoscopico e l’altra metà a operazione assistita dal robot. Il confronto è stato fatto su più fronti e non sono emerse differenze significative.

I costi della chirurgia robotica sono “proibitivi”

Non meno problematici sono i costi, ancora eccezionalmente alti, della chirurgia robotica. “Se dobbiamo valutare la chirurgia robotica solo da un punto di vista economico, possiamo dire che in questo momento non conviene”, dice Carlini. “I costi sono molto più alti rispetto agli interventi laparoscopici che comunque sono meno invasivi allo stesso modo. L’ultima versione del robot da Vinci, che si chiama Xi, costa quasi 2 milioni di euro, una cifra iperbolica. Poi ci sono i materiali di consumo – continua – che sono costosissimi rispetto a quelli necessari per un intervento laparoscopico e che necessitano di essere cambiati più di frequente e la manutenzione è certamente più impegnativa”. Inoltre, per manovrare il robot occorrono competenze molto elevate da parte del chirurgo e del personale di sala, abilità che vanno acquisite attraverso una specifica formazione. “È sempre la mano del chirurgo a muovere il robot”, sottolinea Carlini. Al momento infatti la chirurgia robotica può essere considerata, nella pratica, un’evoluzione della chirurgia laparoscopica: il chirurgo crea piccole incisioni e aziona gli strumenti tramite una piattaforma robotica. Il chirurgo opera a distanza tramite una consolle e manipola gli strumenti con comandi manuali.

Più precisione e minori perdite di sangue, gli attuali vantaggi della chirurgia robotica

A differenza della chirurgia laparoscopica, in quella robotica gli strumenti si muovono in tutte le direzioni con un migliore accesso da parte dell’operatore, che può eseguire quindi procedure più complesse con maggiore precisione. Il sistema, inoltre, è dotato di una telecamera con visualizzazione tridimensionale che consente al chirurgo una visione più chiara. Se quindi si continua a investire nello sviluppo della chirurgia robotica è perché, oggi, qualche vantaggio c’è, eccome. “Se utilizzata correttamente, la chirurgia robotica consente di ridurre significativamente la necessità di interventi chirurgici di revisione, garantisce tassi di infezione inferiori, minore invasività, maggiore precisione e minori perdite di sangue”, spiega Giovanni Arcuri direttore direzione tecnica e innovazione tecnologia sanitaria Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma. “La chirurgia robotica è inoltre una piattaforma tecnologica che consente di integrare svariate strumentazioni che permettono al chirurgo di avere immagini ad alta risoluzione del sito chirurgico, di intervenire in sedi anatomiche difficili da raggiungere e di utilizzare strumenti che offrono gli stessi gradi di libertà di movimento del polso umano”, aggiunge. Manca, tuttavia, il feedback tattile, che invece si ha in un intervento diretto, dal momento che i robot utilizzati attualmente in sala operatoria ancora non sono dotati di sensori in grado di fornire informazioni di questo tipo sul sito di intervento. Studi scientifici sono comunque in corso per realizzare robot tattili.

Siamo in una fase di transizione e non possiamo non investire

Se è vero che oggi la chirurgia robotica presenta ancora diversi limiti è altrettanto vero che non possiamo non investire e puntare su quello che certamente sarà il futuro della chirurgia. “È un po’ come quando abbiamo iniziato a viaggiare sui primi treni”, spiega Carlini. “Quando i treni andavano a carbone, viaggiare costava tantissimo e comunque i tempi erano lunghissimi. Quasi non conveniva prendere un treno, poi la tecnologia è andata avanti e viaggiare in treno è ora conveniente e vantaggioso. Con la chirurgia robotica – continua – ci troviamo nella stessa fase di transizione: oggi può non essere conveniente, ma fra 10 anni le cose saranno totalmente diverse. Bisogna quindi esserci, continuare a impiegare queste macchine con la consapevolezza che in futuro le cose saranno ben diverse”.

Il dibattito sulla chirurgia robotica rischia molto spesso di cadere nella trappola del sensazionalismo. L’ingresso dei robot in sala operatoria rappresenta certamente un cambiamento importante, ma siamo ancora lontani da quella rivoluzione in chirurgia che molti già sbandierano oggi. Sembra tuttavia solo questione di tempo: una volta sciolti i nodi dei costi e della formazione, e con la continua evoluzione della tecnologia, i robot sono destinati a cambiare la chirurgia per sempre.

Keypoints

  • L’Italia con i suoi 115 robot e 25mila interventi eseguiti in media in un anno si colloca al terzo posto in Europa dopo Germania e Francia
  • La chirurgia robotica, oggi, non è migliore di quella laparoscopica
  • La letteratura scientifica non mostra alcuna superiorità della chirurgia robotica rispetto a quella tradizionale
  • Le performance dei robot si sono dimostrate inferiori a quelle laparoscopiche dal punto di vista del tempo trascorso sul letto operatorio
  • Se dobbiamo valutare la chirurgia robotica solo da un punto di vista economico, possiamo dire che in questo momento non conviene
  • Per manovrare il robot occorrono competenze molto elevate da parte del chirurgo e del personale di sala
  • La chirurgia robotica garantisce maggior precisione, tassi di infezione inferiori e minori perdite di sangue
  • Non possiamo non investire e puntare su quello che certamente sarà il futuro della chirurgia

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