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Sanità e ricerca, firmato il Data Pact per l’attuazione del regolamento europeo EHDS

Un patto per traghettare il sistema sanitario e la ricerca europei verso una nuova era. È questo il significato del “Data Pact”, l’accordo siglato alla Camera dei Deputati da rappresentanti istituzionali italiani ed europei, mondo della ricerca, imprese e stakeholder, per accompagnare l’entrata in vigore dello Spazio Europeo dei Dati Sanitari (EHDS) e del nuovo Ecosistema dei Dati Sanitari (EDS) italiano.

Il Data Pact nasce come strumento di governance inclusiva per supportare la fase di transizione verso la piena attuazione dei nuovi regolamenti, promuovendo l’ascolto dei bisogni di cittadini e operatori, il monitoraggio dei processi, la sperimentazione in ambienti protetti e l’adozione di tecnologie etiche e sicure.

La condivisione dei dati come leva per la salute pubblica

La normativa EHDS introduce un cambio di paradigma: si supera il consenso come unico strumento per il trattamento dei dati sanitari, adottando un modello di opt-out che mette al centro l’interesse collettivo nella cura, prevenzione e ricerca.

«Lo Spazio Europeo dei Dati Sanitari invita all’apertura e alla condivisione. A prevalere è l’interesse collettivo: sicurezza, tutela della privacy e benefici concreti per i cittadini», ha spiegato Felicia Pelagalli, coordinatrice dell’evento e docente di Etica dei dati alla Sapienza. Secondo le stime UE, questa rivoluzione digitale potrebbe generare 11 miliardi di euro di risparmi nel prossimo decennio, con una crescita fino al 30% della sanità digitale.

Un ecosistema collaborativo e sicuro

Il Data Pact propone un modello inclusivo che vede protagonisti enti pubblici, privati, università, strutture sanitarie e comunità locali. L’obiettivo è creare un ambiente di fiducia, dove condividere buone pratiche, formare le Health Data Access Bodies (HDAB) e promuovere partenariati pubblico-privati per lo sviluppo di soluzioni predittive, personalizzate e basate su dati reali, sempre nel rispetto della privacy.

«Per mantenere sostenibile il sistema sanitario dobbiamo spostarci dalla cura alla prevenzione, profilando la popolazione con l’uso dei dati digitali», ha dichiarato Andrea Urbani, direttore Salute e Integrazione socio-sanitaria della Regione Lazio. «Oggi possiamo anticipare il decorso delle patologie grazie all’AI, migliorando il percorso terapeutico e riducendo gli sprechi».

Dati, intelligenza artificiale e medicina del futuro

L’intelligenza artificiale gioca un ruolo cruciale nella nuova sanità europea. Dai trattamenti personalizzati alla diagnosi precoce, fino allo sviluppo accelerato di farmaci, l’AI rappresenta uno strumento chiave per valorizzare i dati sanitari.

«Stiamo vivendo una trasformazione copernicana: l’EHDS consente ai cittadini di accedere e condividere i propri dati clinici in tutta Europa», ha spiegato Marco Marsella, direttore Digital, EU4Health. «È un’occasione per armonizzare i sistemi sanitari, superando le barriere tra Paesi».

Ma non si tratta solo di tecnologia. Lucilla Sioli, direttrice dell’AI Office della Commissione Europea, ha sottolineato come «l’AI debba essere sviluppata in modo etico, affrontando bias e tutelando i pazienti. Il nostro obiettivo è semplificare il quadro normativo per favorire l’adozione di soluzioni efficaci e sicure».

Prevenzione, ambiente e invecchiamento attivo

Il patto riconosce anche il ruolo strategico dei dati secondari nella prevenzione e nella gestione delle sfide demografiche. «Dobbiamo guardare all’invecchiamento come un’opportunità. I dati ci aiutano a costruire politiche di prevenzione mirate per una popolazione che vive più a lungo», ha spiegato Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze.

Un messaggio condiviso anche da Antonio Giordano, professore di biologia molecolare alla Temple University: «Il 95% delle patologie ha componenti ambientali. L’AI può aiutarci a individuare i fattori di rischio, ma solo se accompagniamo la tecnologia con una profonda comprensione biologica».

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