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Leucemia mieloide acuta: promettenti i risultati dello studio sull’utilizzo di decitabina-cedazuridina e venetoclax
Promettenti i risultati dello studio di fase 1/2 sull’utilizzo di decitabina-cedazuridina in combinazione on venetoclax nei pazienti con leucemia mieloide acuta non idonei alla chemioterapia di induzione standard. Lo studio è stato presentato a Milano in occasione della trentesima edizione del Congresso dell’European Hematology Association.

La terapia consiste nella somministrazione orale di una combinazione a dose fissa di decitabina con cedazuridina e venetoclax. L’aggiunta della cedazuridina garantisce un’esposizione sistemica di decitabina paragonabile a quella della decitabina somministrata per via endovenosa.
«La leucemia mieloide acuta è una neoplasia ematologica» spiega Adriano Venditti, professore ordinario di Ematologia all’Università di Roma Tor Vergata. «In tutta Europa l’incidenza è in aumento a causa dell’invecchiamento generale della popolazione. Infatti, la malattia colpisce soprattutto persone oltre i 55 – 60 anni. Si calcola che i nuovi casi l’anno diagnosticati in Italia siano circa 3500-4000 e più colpiti risultano essere gli uomini. La combinazione orale decitabina/cedazuridina e venetoclax ha fornito risultati preliminari molto promettenti e potrebbe rappresentare in futuro un’importante opzione terapeutica. Diversi sono ancora gli unmeet need inerenti la gestione dei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta, soprattutto se anziani o non eleggibili a chemioterapia intensiva. A questo proposito, la futura possibilità di disporre di una terapia completamente orale rappresenterebbe un cambiamento decisivo tanto in termini di impatto sulla qualità della vita di questi pazienti che di gestione del carico assistenziale e ospedaliero».
«Il trattamento dei pazienti adulti unfit con AML di nuova diagnosi attraverso la decitabina/cedazuridina in monoterapia ha già ottenuto l’autorizzazione alla commercializzazione da parte della Commissione Europea» aggiunge Alessandro Lattuada, Managing Director di Otsuka Italia. «Ora ci avviamo verso una nuova fase: i dati della total oral therapy, appena presentati, evidenziano l’efficacia in una popolazione di pazienti che ha ancora una grande bisogno clinico insoddisfatto. Auspichiamo quanto prima l’approvazione della terapia da parte dell’ente regolatorio europeo per consentire un rapido accesso ai pazienti europei e italiani».
Dallo studio emerge una remissione completa del 46%. Tra i pazienti che hanno raggiunto la remissione completa, l’80% l’ha mantenuta a 6 mesi e il 75% a 12 mesi. La sopravvivenza globale mediana è stata invece di 15,5 mesi. Il 98% dei partecipanti ha riportato eventi avversi al trattamento di grado 3 o superiore, più comunemente neutropenia febbrile (49,5%), anemia (38,6%) e neutropenia (35,6%). I tassi di mortalità a 30 e 60 giorni sono stati rispettivamente del 3% e del 9,9%.

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