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Dall’Alleanza Mici quattro proposte per tutelare chi soffre di malattie intestinali croniche

In Italia sono 250mila le persone che soffrono di Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), che comprendono la Malattia di Crohn (MdC) e la Colite Ulcerosa (CU). Negli ultimi 30 anni la prevalenza globale delle malattie infiammatorie croniche e intestinali è aumentata dell’85%, con un numero di ammalati di circa 7 milioni a livello mondiale. Un numero che, secondo le stime degli esperti, è destinato a raddoppiarsi entro il 2030, con una diagnosi su quattro già in età pediatrica, che rappresentano il 25% delle diagnosi complessive.

Con l’obiettivo di migliorare la gestione di diagnosi, trattamento e nutrizione dei pazienti MICI, si è costituita un anno fa – contestualmente all’Intergruppo Parlamentare MICI di iniziativa dell’Onorevole Simona Loizzo – l’Alleanza Mici, promossa da Società Scientifiche, clinici, pazienti e caregiver, che oggi 13 novembre ha presentato alla Camera dei Deputati un Documento di Indirizzo, redatto con il coordinamento di Ladies First e il supporto di Lionhealth (società del gruppo Indicon, che edita questa rivista), che riassume quattro priorità e proposte di azioni per raggiungere concretamente gli obiettivi prefissati.

L’Alleanza è il “braccio operativo” multistakeholder impegnato a trovare soluzioni ai molti problemi socio-sanitari che queste patologie pongono, creando una situazione di disabilità spesso invisibile, ma che condiziona pesantemente la quotidianità e la qualità di vita di chi ne è colpito.

Dalla detraibilità dei Afms all’accesso alle nuove terapie

L’Alleanza, insieme alle Società Scientifiche di riferimento e ai rappresentanti di pazienti e caregiver, si è data fin dall’inizio lo scopo di disegnare una roadmap pluriennale di obiettivi da conseguire a breve e medio termine per rispondere alle istanze della Comunità MICI e si è concentrata su quattro priorità individuate durante i Tavoli Tecnici del 2024, e cioè l’accesso uniforme alle terapie innovative; l’inserimento del test della calprotectina fecale nei LEA e armonizzazione dei meccanismi regionali; lo screening per terapia biologica e la detraibilità fiscale e/o rimborsabilità per gli AFMS e infine il riconoscimento della disabilità (L. 104) per una maggior inclusione lavorativa e scolastica.

«L’impatto economico della mobilità passiva, quello psicologico, la disparità di trattamento terapeutico sul territorio nazionale non devono più gravare sui pazienti affetti da Mici, così come non è accettabile che solo in una minima parte dei Centri dedicati alle Mici (27%) sia effettuata una valutazione dello stato nutrizionale dei pazienti. Questi sono i temi che devono entrare a pieno diritto all’interno dell’agenda politica e delle politiche sanitarie sulla cronicità, oltre alla presa in carico, a vantaggio e supporto della comunità dei pazienti Mici», evidenzia l’On. Loizzo, Presidente Intergruppo Parlamentare Mici. 

Le Malattie infiammatorie croniche intestinali

Le MICI sono malattie “idiopatiche” per le quali ancora non è nota un’unica causa certa. Si instaura, infatti, un importante squilibrio immunitario a causa di un’alterata interazione tra fattori genetici propri dell’individuo e differenti fattori ambientali, tra i quali assume un ruolo fondamentale proprio l’alimentazione, riconosciuta come uno dei potenziali fattori eziologici per le patologie infiammatorie autoimmuni.

L’intestino rappresenta l’interfaccia principale per l’assorbimento di sostanze nutritive, vitamine, acqua, e costituisce quindi un ambiente determinante per lo studio di tale associazione.

La flora intestinale, o microbiota, cioè l’insieme dei batteri che vivono nell’intestino, sembra essere indispensabile per mantenere l’equilibrio dei processi immunomodulatori ed anti-infiammatori tipici delle malattie autoimmuni.

Inoltre, il valore nutrizionale degli alimenti si pensa sia influenzato dallo stesso microbiota intestinale, ma anche la composizione degli alimenti introdotti con la dieta sembra influenzare lo stato metabolico della comunità microbica.

In generale, numerosi studi considerano patogenetica la dieta occidentale ad alto contenuto di grassi ed alto contenuto di carboidrati, fattori che, determinando dei cambiamenti significativi nella costituzione e nella struttura del microbiota intestinale (disbiosi), contribuiscono a scatenare e a perpetrare le condizioni che portano alla patologia autoimmune, facendo prevalere i microbi patobionti, responsabili di un’alterata attivazione immunitaria.

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