L’introduzione dell’anticorpo monoclonale Nirsevimab ha segnato una svolta nella lotta al Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), offrendo un’opportunità senza precedenti per prevenire le infezioni respiratorie nei neonati. Tuttavia, questa innovazione non è accessibile in modo uniforme in tutto il Paese, con differenze regionali che rischiano di compromettere l’efficacia della strategia di prevenzione. Lo segnala la Società italiana di pediatria (SIP).
Una protezione efficace contro un virus insidioso
Il VRS è una delle principali cause di infezioni respiratorie nei bambini piccoli, responsabile ogni anno di milioni di ricoveri e decine di migliaia di decessi a livello globale. In Italia, la sua diffusione stagionale tra ottobre e aprile mette a dura prova le strutture sanitarie pediatriche. L’anticorpo monoclonale Nirsevimab, approvato dall’EMA nel 2022 e dall’AIFA nel 2023, rappresenta una risorsa innovativa capace di ridurre sensibilmente i ricoveri per bronchiolite e le ospedalizzazioni in terapia intensiva pediatrica.
«Questa prima stagione di introduzione in Italia dell’anticorpo monoclonale che previene le infezioni respiratorie da VRS conferma quanto temevamo: l’assenza di una strategia nazionale ha prodotto differenze territoriali e, di conseguenza, diseguaglianze nell’accesso alla profilassi» osserva Rino Agostiniani, presidente della SIP.
Una protezione a macchia di leopardo
L’indagine condotta dalla SIP ha messo in evidenza come la copertura del vaccino vari da Regione a Regione. Alcune, come Lombardia, Piemonte, Sicilia e Veneto, garantiscono la profilassi a tutti i nati dal 1 gennaio 2024.. Altre, come Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Sardegna e Umbria, l’anticorpo è stato somministrato solo ai neonati venuti alla luce durante la stagione epidemica.
«Le diseguaglianze su base regionale – puntualizza Raffaele Badolato, coordinatore delle sezioni regionali SIP – riguardano i nati fuori stagione. Non tutti i bambini hanno avuto la stessa possibilità di essere protetti dal VRS, perché le Regioni hanno avviato programmi molto difformi e non tutte hanno avuto accesso alle stesse quantità di dosi».
«È ancora presto per valutare l’impatto complessivo della campagna in termini epidemiologici, ma appare evidente che dove la campagna di profilassi è stata avviata per tempo vi è stata una concreta riduzione del numero di bambini ospedalizzati per bronchiolite, mentre l’impatto è stato minore dove è iniziata più tardi» sottolinea Agostiniani.
Un’opportunità ancora poco sfruttata: la vaccinazione in gravidanza
Oltre alla profilassi neonatale con Nirsevimab, esiste anche la possibilità di proteggere i neonati attraverso la vaccinazione materna contro il VRS. Questo vaccino, approvato dall’EMA nell’agosto 2023, offre ai neonati una protezione passiva fino a sei mesi di vita. Tuttavia, finora, solo Sicilia e Molise hanno reso disponibile questa opzione, lasciando il resto del Paese senza accesso a questo strumento preventivo.
Per questo la SIP sottolinea l’urgenza di agire per far sì che disuguaglianze nell’accesso alla protezione anti-VRS non diventino strutturali. L’innovazione scientifica ha reso disponibile una protezione efficace contro un virus pericoloso, ma affinché questa rivoluzione sia davvero utile, è necessario un piano nazionale che garantisca equità nell’accesso alla profilassi per tutti i neonati. «La delibera della Conferenza Stato-Regioni del 17 ottobre 2024 è un passo importante. Ora è fondamentale definire per tempo un piano condiviso per la prossima stagione, in modo da superare le difficoltà logistiche e assicurare a tutti i bambini italiani pari opportunità di protezione contro il VRS» conclude Agostiniani.