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Spesa sanitaria: quella integrativa vale 5,2 miliardi di euro

La spesa sanitaria delle famiglie italiane – il cosiddetto out-of-pocket – ha superato i 40 miliardi di euro nel 2023, posizionando l’Italia al quinto posto in UE. Quasi il 40% finisce in servizi e prestazioni inutili, cioè che non apportano valore. In Lombardia la spesa pro-capite più alta: oltre mille euro. In Sardegna, invece, il 13,7% dei cittadini rinuncia alle cure: è il dato più alto a livello nazionale. Sono alcuni dati che emergono dal Report dell’Osservatorio Gimbe sulla spesa sanitaria privata, commissionato dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute (ONWS) e presentato ieri al Cnel.

Lo studio ha analizzato il peso economico crescente sostenuto dalle famiglie e le criticità del sistema della sanità integrativa.

Secondo i dati Istat, nel 2023 la spesa sanitaria totale in Italia ha raggiunto 176,1 miliardi, di cui 130,3 di spesa pubblica (74%), 40,6 miliardi di spesa privata pagata direttamente dalle famiglie (23%) e 5,2 miliardi di spesa privata intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (3%). E considerando solo la spesa privata, l’88,6% è a carico diretto delle famiglie, mentre solo l’11,4% è intermediata.

«L’aumento della spesa out-of-pocket non è solo il sintomo di un sottofinanziamento della sanità pubblica – ha commentato Nino Cartabellotta, presidente Gimbe – ma anche un indicatore delle crescenti difficoltà di accesso al Ssn. L’impossibilità di accedere a cure necessarie a causa delle interminabili liste di attesa determina un impatto economico sempre maggiore, specie per le fasce socio-economiche più fragili che spesso non riescono a sostenerlo, limitando le spese o rinunciando alle prestazioni».

Le principali voci di spesa delle famiglie includono l’assistenza sanitaria per cura (comprese le prestazioni odontoiatriche) e riabilitazione (18,1 miliardi). Seguono i prodotti farmaceutici e apparecchi terapeutici (15 miliardi) e l’assistenza a lungo termine, che assorbe il 10,9% della spesa complessiva, per un totale di  4,4 miliardi. «Tuttavia – spiega Cartabellotta – le stime effettuate nel report indicano che circa il 40% della spesa delle famiglie è a basso valore, ovvero non apporta reali benefici alla salute. Si tratta di prodotti e servizi il cui acquisto è indotto dal consumismo sanitario o da preferenze individuali quali ad esempio esami diagnostici e visite specialistiche inappropriati o terapie inefficaci o inappropriate».

Attualmente, è stato detto all’annual meeting di ONWS, la sanità integrativa è vista sempre più come un supporto concreto per ridurre le liste d’attesa e colmare le carenze del SSN, oltre a rivestire un ruolo strategico nei rinnovi contrattuali e nel welfare aziendale. In merito al ruolo limitato della spesa integrativa (il 3% della spesa sanitaria totale e l’11,4% di quella privata), Ivano Russo, presidente di ONWS, ha detto: «La sanità integrativa sostiene la salute dei lavoratori e delle loro famiglie, si alimenta grazie alle scelte delle parti sociali in sede di Ccnl e rappresenta una forma avanzata di welfare sussidiario a supporto di quello pubblico. Tuttavia, può svilupparsi solo se realmente integrativa rispetto a un Ssn in buona salute per intermediare la quota di spesa a elevato valore delle famiglie, grazie alle auspicate riforme che il settore attende da anni»..

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