Alla fine, come già anticipato da INNLIFES, la tempesta si è abbattuta sull’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco. Dopo le dimissioni in blocco degli oncologi nominati nel gruppo di lavoro sulle terapie anti-cancro, iniziano a dimettersi anche i membri del Comitato Tecnico Scientifico. Qualche giorno fa lo ha fatto Antonio Addis, senza dare spiegazioni, almeno fino ad oggi. Lo abbiamo intervistato per capire cosa sta succedendo all’interno della nostra autorità di regolamentazione.
Ci aspettavamo che a dimettersi sarebbe stata per prima Anna Maria Marata, sua collega della CTS. Lei sue dimissioni l’hanno probabilmente anticipata. Perché?
“Parlo per me. Le ragioni che mi hanno spinto a presentare le dimissioni sono molte. In estrema sintesi, ho lasciato la CTS perché mi sono reso conto che all’AIFA non si sono più le condizioni per fare un lavoro regolatorio come invece andrebbe fatto. In Italia manca un chiaro progetto regolatorio moderno. Non da mesi, ma da anni si continua ad annunciare ma, a parte le dichiarazioni, non è mai stato fatto nulla. È una barzelletta”.
È quindi arrabbiato perché la riforma dell’AIFA non arriva mai al dunque?
“Mi sono dimesso da una commissione che è stata rinnovata 6 volte, che ha quasi fatto un ciclo intero di mandato in fase di rinnovo. Teniamo presente che un mandato dura tre anni e il nostro era terminato circa tre anni fa, ma di sei mesi in sei mesi continuano a rinnovarlo. La notizia quindi non dovrebbero essere le mie dimissioni ma ben altro”.
E quale sarebbe allora?
“Ci si dovrebbe chiedere dov’è la nuova AIFA. Non mi ricordo più a quanti convegni sono andato sulla nuova governance dell’AIFA. Quindi a questo punto se il problema sono le persone che ci sono dentro forse è meglio fare un passo indietro e aspettare che finalmente questa nuova AIFA prenda corpo. È il momento che le persone che vogliono fare la riforma si assumano la propria responsabilità“.
Ci sono quindi persone che stanno ostacolando la riforma?
“Non è una questione di persone, ma di progetto. La verità è che non c’è il progetto dell’AIFA. Siamo un paese che aveva un progetto moderno regolatorio, sono anni che continuano a sottrarre mezzi a quel progetto con l’idea di rinnovarlo e rilanciarlo ma questo non avviene mai. Il rinnovo non può venire solo con la nomina di uno o due persone. Non è questo il rinnovo. Sono state fatte tante parole. Potrei riempire un’intera scaletta con le cose che sentite: nuova riforma, gestione dell’innovazione… sono tutte parole vuote perché bisogna metterle a terra. Cosa significano allora ‘nuova governance’ o ‘fare innovazione’? Si parla solo di velocità e di approvazioni, quando in realtà siamo uno di quei pochi paesi che approva più velocemente i farmaci in tutta Europa. Si parla solo di accesso ai nuovi farmaci, quando abbiamo il più alto numero di farmaci innovativi rimborsati. Si parla solo di una semplificazione di cui non si capiscono i termini. Cosa vuol dire tutto questo?”.
Insomma tanti annunci ma nulla di fatto. È questo ad aver fatto scattare la molla delle dimissioni?
“L’AIFA in questi anni è sempre stata paradigmatica di questo paese. Tante dichiarazioni sono state fatte sull’AIFA così come sul PNRR. Ma le sole dichiarazioni non bastano, ci vuole una linea o una dichiarazione di intenti. Se in concreto non ci sono le basi come si fa a lavorare? Nel frattempo, mentre tutti parlano qualcuno si deve prendere la responsabilità di fare il proprio mestiere“.
La CTS lo ha fatto?
“Noi in questi ultimi due anni abbiamo fatto qualcosa come 200 riunioni di CTS. Adesso aspetto di vedere questa nuova fantomatica CTS che arriverà. È stata più volte presentata come quella finalmente competente e che dovrà fare di più. Ci sono quasi 350 giornate lavorative in un anno, sono proprio curioso di vedere cosa farà di più. Se l’AIFA ha abbattuto il numero di giorni per l’approvazione è perché all’interno dell’agenzia ci sono enormi competenze ed è proprio questo che mi fa rabbia. Mi arrabbio molto quando sento dire che fino adesso la CTS sarebbe stata mal governata e guidata da decisioni ideologiche. Siccome questa CTS è in vita da 6 anni – io personalmente ci sono stato 10 anni – possiamo dire che abbiamo lavorato con governi di tutti i colori, prendendo delle decisioni tecniche. Quando dico che queste decisioni sono state prese da una CTS che ha attraversato tutti i tipi di governo possibili e immaginabili di questo paese, come è possibile insinuare che è governata dall’ideologia? Questo mi fa pensare che adesso ci sono delle decisioni che vengono fermate per ideologia“.
Si riferisce alla questione della pillola?
“Nonostante la discussione della pillola è ‘avvelenata’, non c’è solo questa. Abbiamo ritardi nell’approvazione di farmaci innovativi, che sono tornati indietro. Ci sono ritardo per farmaci per malattie orfane, ma nessuno chiede le ragioni di questa cosa qua“.
Eppure, alcune voci interne che preferiscono rimanere anonime, dicono che la pillola è stata come una sorta di goccia che ha fatto traboccare il vaso e che la CTS ha presentato un dossier lacunoso chiedendone la rimborsabilità. È vero?
“Non è assolutamente vero. Se non è stata indicata la fascia d’età, ad esempio, come alcuni sottolineano, è semplicemente perché la pillola anticoncezionale è destinata a tutte le donne che ne hanno bisogno. Quindi, a prescindere dall’età. Come si fa a dire che un ginecologo che prescrive un farmaco a pagamento ormai da tantissimo tempo non sa ora a chi darlo? Si tratta di prodotti che sono già in commercio, in cui il dosaggio della terapia è già stato stabilito. L’unica vera decisione che c’era da prendere è se rimborsarla o meno. Il dossier è quindi completo. Il problema è evidente che non riguarda la pillola in sé”.
Allora qual è?
“Chiediamoci piuttosto se faranno la riforma oppure la annunceranno di nuovo. È una domanda che andava fatta 3 anni fa e che è stata rimandata a lungo. Lo stesso Ministro della Salute, tra le prime cose che ha fatto, è stata quella di mettere le mani sull’AIFA con un decreto d’urgenza. Credo che quindi abbia un’idea di cosa fare. Io spero di sì, ma bisogna a chiedere a lui”.
Chi secondo lei può risollevare le sorti della riforma dell’AIFA?
“Il problema dell’AIFA è molto complesso in cui l’idea che sia una sola persona a risolverlo è davvero ‘da Burkina Faso’. Tutti gli altri paesi come Inghilterra, Francia e Germania hanno non so quante commissioni. L’Inghilterra, ad esempio, ha 36 commissioni che valutano i farmaci. La Francia ha 3 istituzioni differenziate… in questi paesi non c’è proprio l’idea che sia una sola persona o anche 10 a fare qualcosa. In Burkina Faso è diversi, come evidentemente anche in Italia. È chiaro che quello che conta è solo il mercato“.
Pensa che l’AIFA subisca pressioni da parte del mercato e che questo possa influenzarne le decisioni?
“È chiaro che ci sono delle pressioni del mercato. Non bisogna scandalizzarsi, è normale. Credere che sia diverso è come pensare che in America non ci siano pressioni da chi produce le armi. Non è l’annullamento delle pressioni la soluzione ai problemi dell’AIFA. Il mercato fa il suo dovere. Il problema è che, se veramente è il paziente al centro di tutto, bisogna trovare un punto di raccordo in cui, dovendo spendere determinate risorse per i bisogni di terapie anche molto avanzate, si trovino dei meccanismi che riescano a fare in modo che il sistema regga. E che soprattutto si compri quello che serva e non quello che c’è disponibile”.
Pensa che le sue dimissioni abbiano scosso un po’ le acque?
“No. Non credo di essere determinante. Alla fine, nessuno di noi è indispensabile. Non è una o non sono due persone a fare la differenza. Ma se la domanda è se questa riforma venga anche realizzata, oltre che annunciata, la mia risposta è: me lo auguro, ma a queste condizioni è impossibile”.
Sono parole dure quelle di Antonio d’Addis nei riguardi dell’AIFA, ricche di sottintesi che è ancora molto difficile riuscire a interpretare correttamente senza rischiare di cedere a facili ed errate conclusioni. Si conferma dunque che l’agenzia del farmaco italiana sta vivendo un periodo di grande difficoltà interna, che forse arriva da molto lontano e che può risolversi solamente con un cambiamento. Non solo annunciato, ma questa volta avviato e completato per davvero.