Stop ai medici gettonisti. Guido Bertolaso, Assessore regionale al Welfare, illustra a Innlifes il cambio di passo della Lombardia. “La Lombardia è stata la prima Regione a intraprendere questo percorso necessario per riequilibrare un modello iniquo”.
Perché e quali sono le nuove regole d’ingaggio?
Chiudere con le cooperative di gettonisti è stato un atto dovuto, un doveroso segno di rispetto verso tutto il personale che lavora negli ospedali con stipendi ben inferiori. Ho sempre detto di ritenere immorale vedere dei medici lavorare nelle situazioni più critiche, nei Pronto Soccorso e nelle sale operatorie, con stipendi molto bassi e ingiusti, con magari a fianco colleghi che per 12 ore di lavoro guadagnano anche 1.500 euro.
Aver messo un freno a queste situazioni è soprattutto un messaggio forte e chiaro di totale supporto a tutti coloro che oggi lavorano negli ospedali pubblici: a loro dico di non mollare.
La grande partecipazione al primo bando per liberi professionisti per l’area dell’emergenza-urgenza intraospedaliera ha dimostrato che la strada è quella giusta e ci conferma la validità di questa decisione. Proprio in questi giorni si stanno predisponendo bandi anche per altre specialità, in particolare pediatri e psichiatri.
Il primo bando per assumere medici liberi professionisti in Pronto Soccorso e Anestesia e rianimazione segna l’inizio di un percorso per riportare i medici all’interno del Servizio Sanitario Regionale? Come razionalizzare il sistema e valorizzare il capitale umano?
Il numero, elevato e inaspettato, di risposte ci ha confermato che abbiamo credibilità. Siamo pronti ad accogliere i medici che si sono detti disponibili a ‘tornare’ a casa e che oggi hanno capito che stiamo ridisegnando la sanità pubblica.
Il nostro auspicio è che i medici decidano di rientrare nel Sistema Sanitario partecipando anche ai bandi di concorso e, per migliorarne l’attrattiva, diventa fondamentale la collaborazione tra aziende sanitarie.
Purtroppo, però, il problema della carenza di personale sanitario ha origini molto lontane e occorre ricordare che i nostri medici, infermieri e professionisti sanitari ospedalieri sono fra i meno pagati d’Europa pur garantendo prestazioni sanitarie fra le migliori. Bisogna dunque intervenire aumentando gli incentivi economici, dando maggiori garanzie e sicurezza a chi lavora negli ospedali e offrendo al personale una prospettiva e un progetto lavorativo.
Pronto Soccorso affollati e liste d’attesa lunghissime: siamo di fronte a una crisi di accessibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Che fare?
Per la Lombardia non si può parlare di “crisi di accessibilità”, i servizi ci sono, funzionano e garantiscono altissimi livelli di assistenza riconosciuti a livello nazionale e internazionale. Sicuramente però possiamo migliorare e tra le questioni su cui poniamo più attenzione ci sono i Pronto Soccorso e le liste d’attesa.
Sull’emergenza ospedaliera stiamo procedendo con una riorganizzazione generale che interviene su nodi strutturali e con indicazioni, uguali per tutti, affinché le strutture ospedaliere, pubbliche e private, garantiscano l’immediata accoglienza del paziente e la continuità della presa in carico, per i casi più gravi e complessi anche attraverso le attività di OBI (Osservazione Breve Intensiva) e la degenza di Medicina d’emergenza-urgenza. Si tratta di una riforma che modifica radicalmente il sistema e la sua completa applicazione ci impegnerà per i prossimi anni.
L’attività di riduzione delle liste d’attesa è una delle priorità che mi sono dato dal primo giorno di mandato e in questi mesi abbiamo messo in campo molte azioni che stanno dando i loro frutti.
I dati ci mostrano un miglioramento delle prestazioni “critiche” erogate entro soglia, un incremento delle prestazioni ambulatoriali di primo accesso e delle agende rese prenotabili al call center regionale per gli erogatori pubblici e privati. Stiamo lavorando anche sul problema dei cosiddetti ‘no-show’, ovvero i pazienti che non si presentano alla visita, con una strategia di “overbooking” e sulla definizione, in collaborazione con Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta e Specialisti, di criteri che garantiscano l’appropriatezza delle prescrizioni (sono state già diffuse linee guida definite in collaborazione con la comunità scientifica).
Anche il CUP unico regionale, che sta entrando in una prima fase di attivazione, ci aiuterà nel governo delle liste d’attesa perché sarà possibile avere il monitoraggio completo, in tempo reale, della disponibilità di prestazioni specialistiche ambulatoriali in modo da consentire una migliore e più efficiente programmazione dell’offerta delle prestazioni sanitarie.
Per rilanciare il Servizio Sanitario pubblico è necessario ridefinire il rapporto pubblico-privato?
La sinergia tra pubblico e privato accreditato è uno dei punti di forza della sanità lombarda. L’apporto dei privati accreditati è importante sia per rispondere adeguatamente alle necessità di ricoveri (circa il 39% avviene nel privato) sia a livello ambulatoriale dove pubblico e privato contribuiscono equamente.
Il privato accreditato e convenzionato con il SSN fornisce le prestazioni al cittadino come le strutture pubbliche; l’obiettivo prioritario è offrire ai cittadini minori tempi d’attesa, pertanto, ben venga il coinvolgimento dei privati per il suo raggiungimento. Deve essere però un contributo attivo e adeguato allo sforzo collettivo che stiamo portando avanti con le strutture pubbliche.
Silvio Garattini nel suo ultimo libro dice “prevenzione è rivoluzione”: una sfida per il Sistema Sanitario ma anche un risparmio. Anche in quest’ottica che fare?
Individuare una prospettiva sui prossimi 20 anni è il vero problema, non solo della Regione ma di tutto il Paese. Sappiamo che ci sarà un continuo e progressivo invecchiamento della popolazione e dobbiamo fare in modo che le persone abbiano il minor numero di problemi sanitari possibile. Solamente garantendo stili di vita corretti, possiamo andare a diminuire le spese sanitarie e contemporaneamente continuare a garantire assistenza di qualità eccellente alle categorie più fragili. La chiave è davvero la prevenzione.
Con questa prospettiva, i punti di forza della Lombardia sono da un lato di poter contare su una struttura sanitaria regionale che è tra le più avanzate e più efficienti del Paese e dall’altro su un personale sanitario di primo livello competente, impegnato e appassionato.
Quali le principali novità del Piano Socio Sanitario Regionale 2023-2027?
Il nuovo Piano Socio Sanitario Regionale si muove in uno scenario caratterizzato dal progressivo invecchiamento della popolazione, da una forte riduzione della natalità e da un aumento del numero di famiglie unipersonali. Aumentano anche gli indicatori di fragilità e l’evoluzione della complessità clinica della popolazione lombarda prevede che entro il 2050 ci sarà un aumento di quasi 700mila cittadini che avranno necessità di cure con conseguente crescita della spesa sanitaria.
È fondamentale quindi innanzitutto mettere in campo azioni sia di prevenzione primaria, che consentano di ridurre il rischio di insorgenza delle malattie e di aumentare il benessere, sia di prevenzione secondaria, ovvero di diagnosi precoce per arrestare la progressione delle malattie oltre che di cura, riabilitazione e assistenza.
Particolare attenzione è rivolta allo sviluppo dei servizi sociosanitari dedicati agli anziani, alle persone con disabilità e con disturbi mentali, all’accessibilità ai servizi, alla riduzione delle liste d’attesa e al miglioramento del processo di presa in carico. Un ruolo strategico è attribuito alla digitalizzazione, alle nuove tecnologie applicate alla medicina, alla ricerca e alle partnership internazionali. Tutto con l’obiettivo di coniugare il mantenimento di elevati standard di qualità delle prestazioni con la sostenibilità del sistema.