Beccagutti (Confindustria Dispositivi Medici): «L’applicazione dell’HTA può soffocare l'innovazione»

Beccagutti (Confindustria Dispositivi Medici): «Regole Ue non soffochino l’innovazione»

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Mario Catalano

Perché ne stiamo parlando
Il direttore generale sottolinea che le imprese dovranno affrontare requisiti sempre più stringenti, come la necessità di produrre prove cliniche ed efficacia comparativa, che comportano costi rilevanti.

Mentre l’Europa è alle prese con le nuove normative HTA (Health Technology Assessment Regulation) e MDR (Medical Device Regulation), per Confindustria Dispositivi Medici le nuove regole rischiano di soffocare l’innovazione italiana.

La Federazione, pur riconoscendo l’importanza di garantire sicurezza e qualità, sottolinea come l’aumento della complessità burocratica e dei costi stia spingendo le aziende, soprattutto le PMI, a guardare ad altri mercati minacciando il ruolo storico dell’Italia come polo d’eccellenza. Chiede un cambio di rotta, con percorsi regolatori dedicati e politiche di sostegno per salvaguardare la competitività del settore e l’accesso dei pazienti alle nuove tecnologie. Ne abbiamo parlato con Guido Beccagutti, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici.

Quali sono le principali sfide che il settore sta affrontando in Italia e in Europa, soprattutto alla luce delle nuove normative HTA e MDR?

«Il comparto dei dispositivi medici si trova ad affrontare sfide significative legate all’attuazione delle nuove normative MDR e HTA. In particolare, l’MDR, pur avendo l’obiettivo di garantire maggiore sicurezza e qualità dei dispositivi, ha introdotto un aumento considerevole della complessità regolatoria e dell’onere amministrativo.

Questo si riflette non solo sui tempi e sui costi di certificazione ma anche sulla disponibilità stessa dei dispositivi medici e diagnostici in vitro sul mercato. Un problema cruciale riguarda l’implementazione incompleta dell’infrastruttura regolatoria necessaria per il pieno funzionamento del MDR. Ad oggi non tutto quanto previsto dal regolamento è effettivamente operativo, creando incertezze per le aziende e rallentando i percorsi di certificazione, soprattutto per i dispositivi innovativi».

Questo scenario quanto impatta direttamente sulla competitività del settore europeo?

«Lo rende meno attrattivo rispetto ad altri mercati globali e limita la capacità di supportare l’introduzione di nuove tecnologie. Parallelamente, l’entrata in vigore dell’HTA segna una svolta importante per il settore, poiché mira ad armonizzare i processi di valutazione delle tecnologie sanitarie nei vari Stati membri dell’Unione Europea. Tuttavia, la sua applicazione pone sfide significative».

Quali?

«Le imprese devono infatti affrontare requisiti sempre più stringenti, come la necessità di produrre prove cliniche ed efficacia comparativa, che comportano costi rilevanti, in particolare per le piccole e medie imprese. Inoltre, nonostante l’obiettivo dell’HTA sia la standardizzazione, permangono differenze nei criteri di rimborso adottati dai diversi Paesi, con il rischio di frammentazione e disparità nell’accesso ai mercati. Questo contesto regolatorio, già complesso, si somma alla crescente pressione economica che richiede alle aziende di coniugare conformità normativa e competitività sul mercato.

Per affrontare queste sfide è indispensabile un approccio collaborativo tra istituzioni, industria e comunità scientifica, volto a promuovere un dialogo costruttivo e a individuare soluzioni che possano garantire un ecosistema medtech sostenibile e innovativo. Solo così sarà possibile fare in modo che l’Europa mantenga un ruolo di leadership globale nel settore, offrendo ai pazienti tecnologie di alta qualità e sostenendo la crescita del comparto».

Qual è il suo punto di vista sulle consultazioni scientifiche congiunte (JSC) avviate dalla Commissione Europea?

«Se da un lato alcuni aspetti dell’HTA come i requisiti più stringenti su prove cliniche e relativi costi potrebbero impattare le imprese, in particolare le piccole e le medie, sicuramente le consultazioni scientifiche congiunte (JSC) avviate dalla Commissione Europea sono un’iniziativa che permette ai produttori di tecnologie mediche e dispositivi innovativi di ottenere un feedback scientifico e tecnico coordinato da parte delle autorità regolatorie e degli enti responsabili dell’HTA (Health Technology Assessment) in modo precoce e coordinato.

Potrebbero quindi rappresentare uno strumento strategico utile per armonizzare i requisiti a livello europeo e facilitare l’accesso al mercato di nuove tecnologie mediche».

Crede che possano semplificare i processi di valutazione per le imprese italiane?

«Sulla carta sembrerebbe che le JSC possano facilitare e semplificare i processi di valutazione delle tecnologie per le imprese, ora vedremo nella pratica se riusciranno effettivamente a portare dei vantaggi per le imprese e soprattutto per le piccole e medie realtà, riducendo l’incertezza dei requisiti regolatori e di valutazione, migliorando l’efficienza del processo di sviluppo e promuovendo al tempo stesso l’innovazione».

Quali strategie ritiene fondamentali per rafforzare la competitività delle aziende italiane di dispositivi medici a livello internazionale?

«Le normative MDR e IVDR stanno avendo un impatto profondo sull’innovazione e sulla competitività dell’industria dei dispositivi medici in Europa. Da sempre, il mercato europeo è stato un punto di riferimento per il settore, con molte aziende che sceglievano di lanciare i propri prodotti qui prima di espandersi globalmente. Tuttavia, l’aumento della complessità e dei costi legati alla conformità normativa sta portando numerosi produttori italiani a rivolgersi ad altri mercati, come gli Stati Uniti, percepiti come più prevedibili e meno onerosi dal punto di vista regolatorio.

Secondo un’indagine condotta da Confindustria Dispositivi Medici, un numero crescente di aziende sta ridimensionando l’attenzione verso il mercato europeo proprio a causa di queste difficoltà. Questo spostamento è particolarmente preoccupante, soprattutto considerando la minaccia di nuovi dazi dagli Stati Uniti, perché l’innovazione nel settore delle tecnologie mediche è cruciale per affrontare sfide sanitarie globali. Parliamo, ad esempio, della lotta contro la resistenza antimicrobica, delle nuove malattie infettive e della gestione delle patologie croniche.

Chi risente maggiormente di questo scenario?

«Le piccole e medie imprese, che rappresentano spesso il motore dell’innovazione. Per molte di loro, i costi elevati e le risorse necessarie per adeguarsi alle normative MDR/IVDR risultano insostenibili, spingendole ad abbandonare alcune linee di prodotti o a concentrarsi su mercati dove il quadro normativo è meno restrittivo e più prevedibile. Questo fenomeno rischia di compromettere il ruolo storico dell’Italia come centro di eccellenza e innovazione nel settore dei dispositivi medici. Per affrontare queste sfide e garantire che l’Europa mantenga il suo ruolo di leader globale, è fondamentale intervenire sul fronte normativo.

Sempre più forte è la richiesta di introdurre percorsi regolatori dedicati all’interno del quadro MDR/IVDR, che possano agevolare l’approvazione di dispositivi innovativi e ridurre le barriere all’innovazione. Misure di questo tipo non solo promuoverebbero lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia, ma rafforzerebbero anche la competitività europea in un settore strategico per il benessere della società e per l’economia».

Come vede il futuro del rapporto tra pubblico e privato nella sanità e quali proposte avanzerebbe per garantire un accesso più equo e rapido alle innovazioni mediche?

«Il futuro delle nostre imprese in Italia è prima di tutto vincolato alla tassazione sul settore, che ostacola gli investimenti in innovazione. L’impresa privata deve essere considerata un partner strategico e non un soggetto da tassare. Pertanto, dobbiamo promuovere politiche di governance del settore dei dispositivi medici, che prevedano la cancellazione del payback, introducendo tetti di spesa adeguati alla media europea del 7%; una programmazione sanitaria orientata alle patologie, per garantire l’allocazione efficiente delle risorse; un Health Technology Assessment (HTA) integrato e rapido, per facilitare l’accesso alle innovazioni che migliorano realmente la qualità della vita dei pazienti.

Il Piano Nazionale HTA, promosso da Agenas, rappresenta un’opportunità unica per creare un modello più equo e sostenibile, ma può funzionare solo se viene accompagnato da politiche industriali che sostengano il settore. L’Italia ha le competenze, le tecnologie e le risorse per essere protagonista in Europa. Ora serve un quadro normativo chiaro e stabile che consenta alle aziende di pianificare, investire e innovare».

Keypoints

  • Guido Beccagutti è direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici
  • L’HTAR mira ad armonizzare la valutazione delle tecnologie sanitarie nei paesi dell’Unione Europea
  • L’MDR è un regolamento che ha come obiettivo aumentare la sicurezza e la qualità dei dispositivi medici
  • La Commissione europea ha avviato il primo periodo di presentazione delle richieste per le JSC
  • L’obiettivo è supportare gli sviluppatori di tecnologie sanitarie (HTD)

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