Elezioni europee: l’appello della finanza etica per la pace, l’ambiente e l’economia sociale

Elezioni europee: l’appello della finanza etica per la pace, l’ambiente e l’economia sociale

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Daniel Bonfanti

Perché ne stiamo parlando
Le elezioni europee entrano nel vivo: i partiti hanno definito le candidature e, a poco più di un mese dal voto, si apre il dibattito sui temi. Banca Etica, membro fondatore della FEBEA, presenta un Documento contenente proposte che possano favorire la pace, la tutela dell’ambiente e la crescita dell’economia sociale.

Pace, ambiente ed economia sociale: sono questi i tre temi principali sui quali si concentra l’appello della finanza etica rivolto ai candidati delle prossime elezioni al Parlamento Europeo, che in Italia si terranno l’8 e il 9 giugno. Banca Etica, membro fondatore della Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (FEBEA), attraverso un Documento di Posizionamento da poco pubblicato, propone un confronto sulle misure legislative che, incidendo sul sistema finanziario, possono contribuire nella prossima Legislatura alla promozione della pace, alla lotta ai cambiamenti climatici e al contrasto alle disuguaglianze. Maggiore trasparenza nella regolamentazione della finanza sostenibile, contrasto al greenwashing e separazione delle banche commerciali da quelle di investimento: sono solo alcune delle proposte contenute nel Documento. Questo appello è inevitabilmente guidato dall’approccio, definito come “indivisibile”, dei criteri ESG, che incide realmente solo se tiene insieme tutte e tre le componenti: quella ambientale, quella sociale e quella di governance.

Le proposte della finanza etica per le prossime elezioni europee

Le elezioni europee sono ormai alle porte: i partiti italiani hanno definito le candidature e tra poco più di un mese (in Italia l’8 e il 9 giugno) i cittadini dell’Unione Europea voteranno per rinnovare il Parlamento Europeo. Si apre, dunque, anche il dibattito sui temi. Sul piano della finanza sostenibile l’Unione Europea ha fatto grandi passi in avanti nell’ultima Legislatura, soprattutto in termini di normativa: pochi giorni fa, ad esempio, è arrivato l’approvazione del Parlamento Europeo sul testo della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), la nuova direttiva sul dovere di diligenza che impone alle aziende di ridurre il loro impatto negativo su ambiente e diritti umani. La norma dovrà ora essere formalmente approvata dal Consiglio e infine pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’UE; gli Stati Membri avranno due anni per recepirla. In questo contesto di grande rinnovamento, Banca Etica, membro fondatore della FEBEA, si è inserita nel dibattito sulle elezioni pubblicando un Documento Programmatico rivolto a tutti i candidati e le candidate, con l’obiettivo di sviluppare un confronto nell’ambito della finanza sostenibile lungo tre direttrici: la pace, l’ambiente e l’economia sociale.

Come la finanza impatta sulla pace

Inevitabilmente, il primo capitolo del Documento Programmatico è dedicato al tema della pace e a come la finanza sia in grado di impattare su questo aspetto. La rete della finanza etica europea – che conta oggi l’adesione di 33 istituzioni finanziarie divise in 15 Paesi UE – si caratterizza per escludere completamente ogni rapporto con l’industria degli armamenti, e chiede ai prossimi parlamentari europei di attuare misure volte a definire una maggiore trasparenza e controllo pubblico sul commercio e sul finanziamento da parte delle banche degli armamenti. L’Italia, ad esempio, può contare su una normativa – la Legge 185/90 – che impone di rendere pubblico e consultabile l’elenco delle banche coinvolte nell’import-export di materiali di armamento: Banca Etica chiede che sia approvata una normativa analoga su scala europea, per evitare che leggi di questo tipo possano essere rimesse in discussione nei singoli Paesi. Questo tema è particolarmente rilevante, perché legato alla recente dichiarazione congiunta dei Ministri della Difesa europei che chiede di considerare i finanziamenti di armi come investimenti sostenibili: proposta che Banca Etica rifiuta apertamente all’interno del Documento. Al tema della guerra si lega anche la richiesta di una normativa ampia e dettagliata, che sia valida per tutta l’Unione Europea, contro i paradisi fiscali; spesso, infatti, questi contesti offrono alla finanza una copertura per investimenti opachi e per lo sviluppo di una “zona grigia” contro la quale le normative dei singoli paesi possono solo opporre una debole resistenza.

La tutela dell’ambiente e la lotta al greenwashing

Il secondo capitolo si apre con la citazione del recente report “Banking on Climate Chaos” che dimostra come i maggiori 60 gruppi bancari hanno fornito una cifra intorno ai 5.500 miliardi di dollari all’industria dei combustibili fossili negli ultimi sette anni, cioè durante il periodo intercorso dall’Accordo di Parigi in ambito COP fino ad oggi. Nel corso delle ultime Legislature l’Unione Europea ha senza dubbio fatto grandi passi in avanti con la definizione di un pacchetto normativo atto a definire, regolamentare e promuovere la finanza sostenibile, che comprende la già citata Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e la Sustainable Financial Disclosure Regulation (SFDR). Nonostante ciò, sembra che i più importanti attori di questo settore vadano nella direzione opposta, pur enfatizzando il proprio impegno nei confronti della tutela dell’ambiente (il cosiddetto “greenwashing”).

Più trasparenza per tutti

Per questo motivo Banca Etica chiede a futuri candidati e candidate un impegno concreto atto a rafforzare una normativa che appare fragile contro i tentativi di indebolire, se non svuotare completamente di significato, il termine “sostenibilità” e l’intero percorso fatto sulla finanza sostenibile. Ad esempio, oggi per la normativa si possono considerare sostenibili anche le imprese genericamente “in transizione”; inoltre, solo i fondi sostenibili sono chiamati a rendicontare gli impatti negativi sull’ambiente, ma i fondi che non si definiscono tali non sono tenuti a farlo. Per questo motivo, la richiesta mossa da parte della rete della finanza sostenibile è quella di approvare una norma che estenda l’obbligo di rendicontazione sugli impatti negativi a tutti gli attori del sistema, tutelando ovviamente le specifiche caratteristiche che differenziano, ad esempio, le grandi aziende quotate dalle piccole e medie imprese. L’approccio a taglia unica nella regolamentazione bancaria (“one size fits all”) è stato infatti fortemente criticato, in quanto non tiene conto dei diversi bisogni finanziari di un’impresa multinazionale e di una piccola azienda o delle realtà che si occupano di economia sociale.

Inclusione sociale e lotta alle disuguaglianze

L’ultimo capitolo del Documento Programmatico stilato da Banca Etica in vista delle elezioni europee è dedicato al tema dell’inclusione sociale, in riferimento da un lato alle disuguaglianze esistenti nell’accesso ai servizi finanziari per le popolazioni vulnerabili e, dall’altro, alle questioni di genere. Su quest’ultimo punto, il documento fa riferimento sia alla necessità di favorire l’accesso al credito per le imprenditrici sia di attivare azioni concrete per il superamento del gap salariale tra uomo e donna. In Europa, infatti, secondo i più recenti dati Eurostat, il gender pay gap si attesta al 12,7%: nell’Unione Europea un’ora di lavoro di un uomo viene pagata quasi il 13% in più di quella di una donna. L’Italia, sotto questo aspetto, è il paese più virtuoso facendo registrare una differenza salariale del 4% (se si esclude Lussemburgo in cui il gender pay gap non esiste), ma è bene ricordare che il nostro Paese al contrario è ultimo nella classifica europea dell’occupazione femminile (solo il 55% delle donne lavora, a fronte del 69,3% della media UE).

Elezioni europee: l’appello della finanza etica per la pace, l’ambiente e l’economia sociale
Il gender pay gap nei Paesi dell’Unione europea nel 2022. Fonte: Eurostat.

Nonostante un breve accenno iniziale, il Documento di Banca Etica non approfondisce questo tema attraverso proposte ai candidati alle elezioni, ma si concentra invece soprattutto sulla separazione tra banche commerciali e banche d’investimento, sull’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e sulle limitazioni nell’accesso al credito per le realtà dell’economia sociale (che spesso non possono soddisfare i requisiti normativi a causa di poca esperienza finanziaria).

Al netto della questione di genere, che poteva senza dubbio essere approfondita maggiormente, il Documento Programmatico di Banca Etica pone diverse interessanti riflessioni sul presente e sul futuro della finanza sostenibile in Unione Europea, auspicando che i candidati e le candidate di tutti i partiti possano avviare un confronto serio su questi temi sia nel corso della campagna elettorale sia durante la prossima Legislatura.

Keypoints

  • A poco più di un mese dalle elezioni europee, Banca Etica ha rivolto ai candidati un appello nell’ambito della finanza sostenibile relativo ai temi della pace, dell’ambiente e dell’economia sociale
  • Sul tema della pace, Banca Etica chiede di attuare una legge europea per rendere pubblico e consultabile l’elenco di banche coinvolte nell’import-export delle armi
  • Inoltre, si chiede di escludere il finanziamento di armamenti dagli investimenti sostenibili e di avviare una seria discussione sul tema dei paradisi fiscali
  • Sul lato della tutela ambientale, è necessario rafforzare il pacchetto normativo sulla rendicontazione di sostenibilità, aumentando la trasparenza per combattere il greenwashing
  • In finanza l’approccio one size fits all non funziona, in quanto i bisogni e le responsabilità delle multinazionali sono diversi da quelli delle piccole aziende o delle realtà che operano nell’economia sociale
  • Si richiedono, infine, azioni volte ad eliminare le limitazioni di accesso al credito per le popolazioni vulnerabili e a superare il gender pay gap, che in UE ha raggiunto la media del 12,7%

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