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Creare un ecosistema di fiducia tra ricercatori e pazienti: il contributo di EUPATI Italia al progetto FACILITATE

Perché ne stiamo parlando
Gli studi clinici generano vasti quantitativi di dati di alta qualità, ma raramente vengono restituiti alle persone che vi partecipano. Inoltre, i dati sono tipicamente isolati in archivi separati e non possono essere riutilizzati per altri studi. EUPATI ci spiega a quali soluzioni l’Europa sta pensando.

Creare un ecosistema di fiducia tra ricercatori e pazienti: il contributo di EUPATI Italia al progetto FACILITATE
Immagine generata utilizzando l'intelligenza artificiale

Con l’ingresso di EUPATI EUEUPATI Italy, ora insieme a CITTADINANZATTIVA – Active Citizenship Network (ACN) e la European Organisation for Rare Diseases  Eurordis, il Progetto europeo FACILITATE entra nel vivo della sua missione: rivoluzionare la condivisione dei dati sanitari, mettendo al centro la volontà informata dei pazienti. Un progetto è formato da 27 collaboratori provenienti da 17 Paesi europei, tra cui associazioni di pazienti, strutture ospedaliere, istituti universitari, esperti di sperimentazione clinica e membri della Federazione Europea delle industrie e associazioni farmaceutiche, sotto la guida dell’Università degli Studi di Modena e di Reggio Emilia e Sanofi.

Le associazioni di pazienti aiuteranno a stabilire regole chiare e precise per la restituzione dei dati degli studi clinici, valide e applicabili in tutti i Paesi europei, e creare un modello di consenso informato flessibile, cioè che permetta più utilizzi per i medesimi dati, e comprensibile ai pazienti. In questo modo, i partecipanti agli studi clinici potranno ricevere le informazioni relative alla ricerca a cui hanno contribuito e ci sarà maggiore trasparenza riguardo ai dati che li riguardano. Tutto nel rispetto delle normative sulla privacy e della protezione dei dati, come il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’UE.

Esiste una mole infinita di dati sanitari per ogni persona, ma è poco utilizzata

L’attuale disponibilità di dati sanitari – sia qualitativi sia quantitativi – è senza precedenti nella storia dell’umanità: 2,5 quintilioni di byte al giorno, corrispondenti a 1,7 MB per persona al secondo, provenienti da 200 miliardi di dispositivi connessi (secondo una ricerca che aveva calcolato i dati entro la fine del 2020). Questo flusso impressionante di dati offre una visione dettagliata e approfondita sullo stato di salute della popolazione mondiale.

La quantità di informazioni raccolte grazie a dispositivi come smartphone, sensori indossabili e altri dispositivi connessi è esplosa negli ultimi anni.

Ma spesso si tratta di dati che rimangono bloccati dopo il primo uso, non riutilizzabili, con uno spreco di possibilità, risorse, tempo. Solo perché il consenso informato richiesto al vero titolare dei dati, il paziente, è stato formulato in modo tale da ingessare ogni altra azione sui dati stessi. Oppure perché questi dati sanitari (compresi i Real World Data) clinici, genetici (spesso derivanti da sperimentazioni cliniche) sono chiusi nei server di chi per primi li ha utilizzati (considerato “il proprietario”) e che, una volta svolta la ricerca per cui erano stati raccolti, non vengono condivisi e cadono nell’oblio. Informazioni mute, numeri preziosi che non ci parlano più perché non li interpelliamo. Ricercatori, case farmaceutiche e ora anche pazienti esperti italiani, grazie all’ingresso dell’accademia del paziente esperto EUPATI, si sono uniti per superare i problemi legati all’utilizzo dei dati ai fini della ricerca scientifica, creando un team internazionale dedicato allo sviluppo di proposte concrete che da un lato favoriscano un più facile accesso a tali dati, nel rispetto del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’UE, dall’altro coinvolgano in maniera attiva i cittadini, rendendoli partecipi e correttamente informati rispetto agli usi che dei loro dati si intende fare.

Un ambizioso progetto europeo intende creare un nuovo approccio con l’aiuto dei pazienti

Informazioni, come dicevamo, utilissime, molte di queste già raccolte negli archivi di Università, Centri di Ricerca, Ospedali, case farmaceutiche. Il progetto europeo che affronta questa questione si chiama FACILITATE e proprio ora, a più di un anno dal suo avvio, entra veramente nel vivo, con la chiamata a collaborare dei rappresentanti dei pazienti attraverso EUPATI Italia.

“Nella ricerca medica, una delle principali criticità riguarda la normativa sulla privacy e la proprietà dei dati, “spiega Sabrina Grigolo, paziente esperto EUPATI e referente per i progetti europei di EUPATI Italia”. Da un lato, le leggi sulla privacy e la riservatezza dei dati possono limitare l’accesso e l’utilizzo dei dati clinici, rendendo difficile la condivisione e l’analisi delle informazioni raccolte. Dall’altro lato, c’è un problema legato alla proprietà dei dati delle sperimentazioni cliniche”.

Le case farmaceutiche e gli sponsor delle ricerche, che sostengono finanziariamente gli studi clinici, ricorda Sabrina Grigolo, diventano automaticamente i proprietari dei dati generati durante la ricerca. Questo include i risultati e l’utilizzo dei dati stessi. Anche nei protocolli di ricerca multicentrici, le aziende finanziano lo studio e al termine di esso sono i possessori dei dati raccolti e dell’archivio corrispondente. Questo solleva preoccupazioni riguardo il loro effettivo utilizzo e sfruttamento. “Si tratta di Big Data, un patrimonio di informazioni preziose per la comunità scientifica. Tuttavia, senza una condivisione adeguata, i dati potrebbero restare intrappolati e non essere sfruttati appieno”.

Si punterà a sviluppare l’open source e l’open data

I rappresentanti di pazienti, insieme agli altri partner del progetto FACILITATE, lavoreranno in questi mesi per trovare un equilibrio tra la protezione dei dati sanitari, clinici e genetici, e la necessità di consentire l’utilizzo e l’analisi di tali dati per promuovere la ricerca medica e ottenere risultati significativi. “Nella seconda parte del progetto che parte ora e in cui siamo coinvolti, ci si ispira ai principi ferrei dell’open source e dell’open data per rendere i dati clinici e genetici disponibili alla comunità dei ricercatori. Nonostante le cautele necessarie per proteggere la sensibilità dei dati, l’obiettivo è di consegnare queste preziose informazioni a nuovi protocolli e ricerche”.

Il progetto, che coinvolge quasi 27 partner, tra cui il mondo accademico e aziende farmaceutiche, rappresenta una grande sfida gestionale.

La missione è conciliare gli interessi delle aziende farmaceutiche con la necessità di rendere accessibili i dati per promuovere ulteriori scoperte e progressi nella ricerca medica. Sebbene complesso, questo ambizioso progetto mira a realizzare una piattaforma aperta che consenta la condivisione e l’accesso ai dati, contribuendo alla crescita dell’open source nella ricerca medica.

EUPATI contribuirà a creare un consenso informato flessibile per “liberare” i dati

“Noi di EUPATI ci occuperemo di diversi aspetti: il primo ci riguarda direttamente ed è l’aspetto della comunicazione, formazione e disseminazione del progetto ai pazienti, affinché sappiano quali documenti e procedure verranno prodotte”. EUPATI, insieme ad altri stakeholders, si occuperà poi dell’aspetto etico-normativo, in particolare degli aspetti legati alla struttura legale e privacy dei dati. “Lo scopo è di arrivare ad un framework comune che permetta proprio dal punto di vista legale e dal punto di vista della privacy di creare il consenso informato flessibile in grado di dare la possibilità del riutilizzo dei dati e dall’altra parte anche della restituzione ai pazienti dell’uso che se si fa di queste informazioni”.

Si deve imparare a comunicare chiaramente con i pazienti riguardo l’utilizzo dei dati

Come spiega Sabrina Grigolo, non c’è un unico modo per fare un consenso informato. Ci sono tantissime tipologie di consensi informati, dai più semplici ai più complessi, che spesso i pazienti non sono in grado di capire; c’è bisogno quindi di “avvicinarsi effettivamente all’esigenza dei pazienti, perché ci sono consensi informati che mettono di fronte a dati non comprensibili e fanno paura”. Un discorso di forma e di sostanza, dunque: da un lato creare consensi informati dove i dati possano essere utilizzati per più ricerche, dall’altro aiutare il paziente a comprendere che cosa sta firmando. Con il consenso dei pazienti, tutti i dati “liberati” aiuteranno ad ottenere una visione più completa e accurata della salute delle persone.

Oltre alla piattaforma legata al consenso informato, tutte le raccomandazioni prodotte dal gruppo di lavoro verranno consegnate agli enti regolatori e ai legislatori a livello europeo (pertanto EMA e Parlamento Europeo) e dei singoli Stati Membri.

“Questo è un progetto importante anche perché si superano i confini nazionali per arrivare proprio ad una armonizzazione europea; e mi viene da dire anche oltre confini europei, perché ci sono osservatori che sono extra europei. Questo sforzo apre la questione anche in altri Paesi del mondo”.

Mettere insieme ricercatori accademici, aziende farmaceutiche e pazienti rappresenta una sinergia cruciale per lo sviluppo di nuove terapie e la creazione di una comunità pronta a collaborare e a innovare nell’ambito della scienza medica.

Un tentativo collettivo di massimizzare il potenziale dei dati clinici, contribuendo all’implementazione di terapie più efficaci e personalizzate, coinvolgendo dal principio alla fine i pazienti.

Keypoints

  • Il Progetto europeo FACILITATE, con il supporto di EUPATI EU, EUPATI Italy, CITTADINANZATTIVA – Active Citizenship Network (ACN) e la European Organisation for Rare Diseases Eurordis, si impegna nella rivoluzione della condivisione dei dati sanitari
  • Le associazioni di pazienti saranno fondamentali nell’identificare le regole per la restituzione dei dati degli studi clinici, valide in tutti i Paesi europei, e nel creare un consenso informato flessibile e comprensibile per i pazienti
  • Questo consentirà ai partecipanti agli studi clinici di ricevere le informazioni relative alla ricerca in cui hanno contribuito e promuoverà maggiore trasparenza riguardo ai dati personali, nel rispetto delle normative sulla privacy
  • Il progetto affronta anche la sfida di rendere disponibili i dati bloccati dopo il primo utilizzo, evitando così uno spreco di preziose informazioni raccolte anche da smartphone, sensori indossabili e altri dispositivi connessi

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