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Gemmato: “Dal Governo massima attenzione alle Life science, è necessario mettere l’industria in condizioni di investire”

Perché ne stiamo parlando
Che il settore Life Science in Italia sia tra i più vivaci al mondo è evidente. Tuttavia, non è ancora chiaro quanto e come l’attuale Governo abbia intenzione di sostenerlo. Per fare chiarezza abbiamo intervistato Marcello Gemmato. Sottosegretario al ministero della Salute.

On. Gemmato copertina intervista

“Investire nella filiera della Life Science significa investire nella salute dei cittadini, i quali devono accedere a servizi sanitari di qualità, attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, la telemedicina, una maggiore continuità tra cure territoriali e ospedaliere, sistemi flessibili e aperti all’innovazione, integrazione dei sistemi sociosanitari, valorizzando ancora di più il ruolo dei medici di medicina generale e dalla farmacia dei servizi”. Non ha alcun dubbio Marcello Gemmato, Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, sull’importanza strategica del settore delle Life Science in Italia e su quali siano gli obiettivi principali da perseguire.

Quanto contano le Life Science per l’attuale Governo?

“Viviamo in un periodo di continuo cambiamento, caratterizzato però anche da sfide e altrettante opportunità nel campo della salute. Il nostro Servizio Sanitario Nazionale, messo a dura prova dalla pandemia da Covid-19, si è confermato – come ha attestato anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – tra i migliori al mondo per qualità ed efficienza, anche in ricerca e sviluppo. Quello delle Life Sciences, in Italia, è uno dei comparti più attivi e dinamici e un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale, grazie a professionisti altamente qualificati e agli investimenti in ricerca e sviluppo in continua crescita. Voglio ricordare, infatti, che il nostro Paese è tra i primi posti in UE per produzione farmaceutica, con 34 miliardi di fatturato. Consapevoli dell’impatto che le Life Science hanno sulla salute dei cittadini l’attenzione del Governo Meloni è massima: l’esecutivo ha allocato, per i prossimi anni, 8,5 miliardi in più sul Fondo Sanitario Nazionale; investimenti che devono però essere accompagnati da un corretto impiego delle risorse destinate alla sanità. Inoltre, ricordo i quattro decreti attuativi della legge sulle sperimentazioni cliniche, firmati dal Governo a gennaio di quest’anno, che portano tra l’altro alla riduzione dei comitati etici locali da 90 a 40, favorendo così l’interlocuzione tra comitati etici nazionali e locali e che serviranno a rendere l’Italia più competitiva in termini di ricerca clinica”.

A cosa, in concreto, potrà portare una maggiore attenzione del Governo alle Life Science?

“Il Ministero della Salute e il Governo tutto credono nella strada intrapresa verso l’ammodernamento del nostro Servizio sanitario pubblico nazionale, perché la transizione digitale può essere la chiave di volta per offrire servizi sanitari sempre migliori ai cittadini e superare fragilità territoriali e disparità che ancora permangono non solo tra il Nord e il Sud Italia, ma anche tra diverse zone all’interno di una stessa regione. L’Italia può vincere la competizione globale nelle Life Sciences grazie a una più che solida industria farmaceutica e biomedicale, la quale ricopre un ruolo centrale e strategico su scala mondiale”.

Quali sono le criticità da superare?

“Oggi c’è ancora un elemento da superare, che è quello dell’autonomia dell’Italia nella produzione delle materie prime, le quali provengono soprattutto da Cina e India (circa l’80 per cento dei principi attivi e degli eccipienti). Se l’emergenza pandemica ci ha insegnato quanto importante sia l’industria farmaceutica, spetta ora a noi creare le condizioni necessarie a raggiungere una autonomia strategica su ricerca e approvvigionamenti. Ed è per questo che prosegue il confronto tra il Governo e gli stakeholder del settore attraverso l’istituzione di tavoli di lavoro, l’ultimo dei quali si è riunito a marzo scorso per il settore farmaceutico e biomedicale. E poi ci sono anche da rivedere meccanismi anacronistici come il payback, sia per i farmaci sia per i dispositivi medici, che rischiano di frenare l’innovazione e gli investimenti nel settore. Su questo, ci tengo a ricordare come il cosiddetto ‘Decreto Bollette’ – approvato alla Camera settimana scorsa – abbia previsto misure specifiche per i dispositivi medici, in particolare per quel che riguarda il payback. Con l’articolo 8, infatti, abbiamo previsto l’istituzione di un fondo di 1.085 milioni di euro per il 2023, per limitare l’impatto dei 2,2 miliardi previsti a carico delle imprese. Mentre, grazie all’articolo 9 del decreto, le aziende fornitrici dei dispositivi medici possono portare in detrazione l’Iva, scorporandola dall’ammontare dei versamenti effettuati”.

In che modo il sistema pubblico può favorire il settore delle Life Science?

“Stiamo vivendo un momento storico unico per il settore della salute e delle Life Science per risorse a disposizione e attenzione ai temi di interesse e non bisogna dunque sprecare questa opportunità. Il PNRR, in questo, grazie alle risorse della Missione 6, rappresenta un’iniezione straordinaria e i risultati si cominceranno a vedere già fra qualche anno. Non solo il PNRR può aiutare, fondamentale è appunto anche la sinergia tra pubblico e privato, così come l’implementazione delle nuove tecnologie per una sanità davvero digitale e innovativa. Iniziative che potranno peraltro favorire maggiori sbocchi occupazionali ai nostri giovani laureati e professionisti e lanciare una sfida al futuro attraendo ricerca. È stato pubblicato proprio lo scorso 27 aprile il secondo bando del valore di oltre 310 milioni di euro, per potenziare il sistema della ricerca biomedica in Italia, come previsto PNRR e grazie al finanziamento NextgenerationEu dell’Unione europea. Si tratta di un secondo bando, emanato dal Ministero della Salute, per finanziare proposte progettuali di ricerca legate all’investimento ‘2.1 – Valorizzazione e potenziamento della ricerca biomedica del SSN’”.

Ora a che punto sono questi bandi?

“Il primo si è già concluso il 28 ottobre 2022 con la pubblicazione della graduatoria definitiva. Entrambi i bandi hanno a oggetto la presentazione di proposte progettuali di ricerca le cui caratteristiche sono riconducibili a quelle previste nel Regolamento (UE) 2021/695 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 aprile 2021, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione Orizzonte Europa. Nel secondo bando, le tematiche e i relativi fondi sono stati ripartiti per favorire la ricerca su: tumori rari e malattie rare, con uno stanziamento rispettivamente di 50 e 3 milioni di euro per rafforzare la capacità di risposta dei centri di eccellenza presenti in Italia e modelli innovativi che migliorino la qualità complessiva della presa in carico; malattie croniche non trasmissibili, ad alto impatto sui sistemi sanitari e socio-assistenziali, con oltre 30 milioni di euro per progetti di ricerca su fattori di rischio e prevenzione o eziopatogenesi e meccanismi di malattia; e oltre 160 milioni di euro per progetti di ricerca su innovazione in ambito diagnostico e terapeutico. Il bando promuove poi oltre 65 milioni di euro per progetti ‘proof of concept’ che mirano a colmare il gap tra ricerca e industria, nell’intervallo tra la fase della scoperta e quella della messa a punto”.

Ci sono novità invece sul fronte delle terapie digitali?

“Il 3 maggio scorso, c’è stata la presentazione al ministero della Salute, alla presenza del ministro Schillaci, del documento programmatico e dell’Intergruppo Parlamentare sanità digitale e terapie digitali. Obiettivo dell’Intergruppo è quello di dare vita a un decreto-legge per inserire le terapie digitali all’interno di un campione omogeneo di terapie che vanno codificate all’interno di linee guida e che devono essere fruibili e non a pagamento. In questo modo, anche l’Italia potrà essere al passo rispetto agli altri Paesi europei dove c’è già un chiaro indirizzo regolatorio per le terapie digitali, che assicura un accesso omogeneo, a livello sia nazionale sia regionale, agli strumenti della sanità digitale. Seguiremo con attenzione l’evoluzione della tematica perché, come ha ricordato lo stesso ministro, ogni strumento che afferisce alla tutela della salute deve essere sottoposto a un rigoroso vaglio scientifico”.

Il nostro Servizio Sanitario Nazionale è pronto ad accogliere l’innovazione?

“Stiamo vivendo un cambiamento radicale che apre prospettive e opportunità impensabili fino a qualche decennio fa. La salute è una delle priorità di questo Governo e gli investimenti sopracitati ne sono la riprova. La ricerca scientifica, l’innovazione, la telemedicina sono tutti elementi su cui già stiamo puntando per una medicina sempre più predittiva e personalizzata per i cittadini. È la cosiddetta sanità digitale, che non significa solo intelligenza artificiale e algoritmi; significa soprattutto un rafforzamento della medicina del territorio, necessaria al superamento delle diseguaglianze nell’offerta delle prestazioni e dell’assistenza tra le diverse aree geografiche del nostro Paese. In tal senso, si inserisce il ruolo della Piattaforma Nazionale di Telemedicina – di cui l’Italia si sta dotando grazie ai fondi del PNRR- attraverso la quale verrà migliorata l’accessibilità dei pazienti alle cure e alle prestazioni. Questo si tradurrà in un significativo alleggerimento della pressione sugli ospedali e sui Pronto Soccorso, spesso presi d’assalto, il più delle volte, da ‘codici bianchi’. Sempre nel campo digitale, il ministero della Salute sta lavorando alla realizzazione dell’Anagrafe Nazionale degli Assistiti, la quale costituirà l’anagrafe unica di riferimento sull’intero territorio nazionale e sarà anche l’elemento abilitante per il completamento del Fascicolo Sanitario elettronico, strumento che migliorerà la vita dei cittadini che, recandosi dal proprio medico di famiglia o in ospedale, avranno sempre con sé la propria storia clinica. Continuiamo con convinzione sulla strada verso l’ammodernamento e la razionalizzazione del nostro Servizio Sanitario Nazionale”.

È una visione “paziente-centrica” quella che il Sottosegretario Gemmato ha del settore del Life Science, e anche molto realistica, che non tenta di nascondere problemi e criticità sotto il tappeto, come la dipendenza dall’estero per le materie prime o il sistema del payback. L’attenzione del Governo al settore, che Gemmato ha ben spiegato, c’è. Se questa però sia e sarà sufficiente a dare spinta e sostegno a una filiera in crescita e in continua evoluzione, è ancora molto difficile da prevedere. Continueremo dunque a monitorare e verificare puntualmente il lavoro delle istituzioni.

Keypoints

  • Il nostro Paese è tra i primi posti in UE per produzione farmaceutica, con 34 miliardi di fatturato
  • Occorre lavorare per raggiungere un’autonomia strategica nella ricerca e negli approvvigionamenti di materia prime
  • Sono stati firmati quattro decreti attuativi sulla legge relativa alle sperimentazioni cliniche, mirati a migliorare l’efficienza e la competitività della ricerca clinica in Italia.
  • Il Governo punta sulla transizione digitale e l’implementazione di nuove tecnologie per ammodernare il SSN.
  • Occorre rivedere meccanismi anacronistici come il payback che rischiano di affossare aziende farma e dispositivi medici
  • Il PNRR e il NextgenerationEU stanno fornendo un’iniezione di risorse straordinaria per il settore Life Science in Italia, anche nell’ambito della ricerca biomedica.
  • La recente istituzione dell’Intergruppo Parlamentare sanità digitale e terapie digitali porterà l’Italia a essere al passo rispetto agli altri Paesi europei per le Dtx.

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