Il 10 gennaio 2005 entrava in vigore la cosiddetta Legge Sirchia, che ha sancito il divieto di fumo nei locali pubblici. Venti anni dopo Milano estende il divieto anche all’aperto.
Dal 1 gennaio, infatti, nel capoluogo lombardo è vietato fumare in «tutte le aree pubbliche o ad uso pubblico all’aperto, incluse vie e strade, ad eccezione quindi delle aree isolate in cui è possibile rispettare la distanza di 10 metri da altre persone». Un provvedimento accolto tra le polemiche, a cui Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia dell’Istituto nazionale dei Tumori di Milano e presidente della Società Italiana di Tabaccologia (Sitab), risponde così: «Sogno un mondo senza più bisogno di crociate, ma con divieti giusti e finalmente rispettati».
Entrambi i provvedimenti, spiega, nascono per tutelare la salute di chi non fuma e subisce i danni del fumo passivo, tuttavia «rendere scomoda la dipendenza dal tabacco giova anche ai fumatori». Una sorta di deterrente per fumare meno e, auspicabilmente, smettere.
Effetto deterrente della legge antifumo
In effetti, «per un po’ di anni abbiamo assistito all’effetto deterrente della legge antifumo: a una riduzione nel consumo delle sigarette e del numero dei fumatori» osserva Boffi. I tabagisti sono passati da 12,57 milioni nel 2005 a 10,8 nel 2012. «Ma col passare del tempo, il trend di progressivo calo si è arrestato, si è abbassata l’età di iniziazione e la moda delle sigarette elettroniche e a tabacco riscaldato non ha aiutato».
Il consumo di tabacco in Italia
Secondo gli ultimi dati Istat in Italia fuma quasi una persona su cinque (18,7%) tra chi ha più di 11 anni. Quota che risulta in lieve calo rispetto a quanto registrato nel 2022 (19%). I fumatori erano il 20,3% nel 2013, sono scesi a 17,8% nel 2019, ma dal 2020 (18,2%) si è registrata un’inversione di tendenza con un nuovo e progressivo aumento protrattosi fino al 2022 (19%), anche a causa della pandemia.
I danni del tabagismo
Secondo il ministero della Salute, nel 2024 93mila morti in Italia sono riconducibili al fumo di tabacco (per fare un paragone, in Spagna sono 52mila, in Grecia circa 25mila). «Come se cadesse un aereo al giorno» puntualizza Boffi.
Il tabagismo rappresenta uno dei più grandi problemi di sanità pubblica, con costi diretti e indiretti pari a oltre 26 miliardi di euro, ed è uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, oncologiche e respiratorie, fra cui la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Per quanto riguarda i tumori, il tabacco è il fattore di rischio con maggiore impatto a cui sono riconducibili almeno 43.000 decessi ogni anno.
«E quando parliamo di tumori – specifica Boffi – non dobbiamo pensare solo al tumore ai polmoni. Anche il tumore alla vescica, per esempio, è fumo-correlato. Con le nuove terapie geniche, l’immunoterapia e le terapie biologiche, è aumentata per fortuna l’offerta terapeutica, ma la cura del paziente oncologico costa tantissimo. E in generale, la cura di 12 milioni di fumatori, di cui uno su due morirà di fumo, per tumori, problemi cardiovascolari e BPCO, grava tantissimo sul Servizio sanitario nazionale».
Milano smoke free: un esempio da seguire
Ma, come dicevamo, anche la salute di chi non fuma è indirettamente minacciata dal fumo di sigaretta altrui. Anche all’aperto. Milano, allora, è «un esempio da seguire» per evitare i danni causati dal fumo passivo.
«Ormai è noto, infatti, quanto sia nociva l’esposizione ai picchi di particolato, soprattutto per le persone più sensibili: bambini, anziani, asmatici, cardiopatici, donne in gravidanza». E molti studi evidenziano gli alti picchi che si raggiungono nei vicoli dei centri storici (qui uno studio condotto dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano sulla qualità dell’aria nel quartiere di Brera) o nei dehor dove si fuma. «Una sigaretta emette 15 volte più PM10 di un motore diesel» sottolinea Boffi.
Da uno studio condotto nelle spiagge di Bibione, Boffi e il suo team hanno riscontrato che è necessario stare almeno a una distanza di 10 metri da chi fuma per evitare l’esposizione a concentrazioni elevate di polveri sottili. Ben venga, quindi il divieto introdotto da Sala, secondo lo pneumologo dell’Istituto Tumori. «Purtroppo, però, il decreto non prevede il divieto delle sigarette elettroniche e c’è il rischio di tramutare il fumo in fumo elettronico, incentivando i fumatori duali, coloro cioè che oltre alle sigarette tradizionali “svapano”, cioè usano lo svapo, la sigaretta elettronica. E, dati recenti, ci dicono che sia a livello oncologico che cardiovascolare, fumare e svapare fa ancora più male». Ancora meglio allora, secondo Boffi, la scelta del Belgio «che ha appena proibito le puff bar, le sigarette elettroniche usa e getta, a vantaggio sia della salute che dell’ambiente».
Smettere di fumare
Smettere di fumare è allora un buon proposito per iniziare il nuovo anno all’insegna della salute. Perché, come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità, già dopo un anno dall’ultima sigaretta il rischio di malattie cardiovascolari si riduce del 50% e dopo 10-15 anni il rischio di sviluppare un tumore ai polmoni si avvicina a quello di una persona che non ha mai fumato.
«Purtroppo non possiamo non denunciare però gli scarsi investimenti in prevenzione che hanno portato anche alla chiusura di diversi Centri Antifumo. Oggi ce ne sono meno di 300 in Italia» sottolinea Boffi, evidenziando l’importanza di sostenere la ricerca indipendente, promuovere la prevenzione primaria nelle scuole, vietare la pubblicità delle sigarette elettroniche e con tabacco riscaldato, aumentare significativamente la tassazione e implementare le leggi antifumo.
«E per supportare chi vuole smettere di fumare, la Sitab sta rilanciando la richiesta all’AIFA della rimborsabilità dei farmaci antifumo, almeno per i pazienti cardiopatici, pneumologici… L’avevamo ottenuta per la vareniclina, poi uscita dal commercio, ma ce ne sono altri di provata efficacia, come la citisina, che agisce come antagonista della nicotina e rappresenta un ottimo supporto per smettere definitivamente di fumare» conclude Boffi.