Garantire l’interoperabilità dei dati sanitari tra i diversi sistemi regionali, attraverso l’utilizzo di una data repository a livello nazionale: è questo il grande obiettivo del PNRR, precondizione necessaria per garantire la rivoluzione introdotta da telemedicina, assistenza domiciliare e medicina d’iniziativa. Ad affermarlo è Alessio Nardini, Direttore generale dell’Unità di missione per l’attuazione degli interventi del PNRR presso il Ministero della Salute, che in questa seconda parte d’intervista (qui il link per leggere la prima) parla dell’importanza dei dati anche in termini di programmazione sanitaria, e spiega come il PNRR riuscirà a garantire nel tempo la sostenibilità del SSN e il suo carattere universalistico.
In termini di governance del PNRR, come avete impostato il rapporto con le Regioni i soggetti attuatori della Missione 6?
Il rapporto con le Regioni è molto buono. Grazie a questa proficua collaborazione siamo riusciti a raggiungere importanti traguardi, anche dal punto di vista dei decreti, si pensi ad esempio al riparto delle risorse sia per la telemedicina sia per l’assistenza domiciliare. Credo invece che uno sforzo maggiore vada fatto nell’ambito della comunicazione al cittadino, soprattutto in termini di trasmissione di quello che sarà il cambiamento. Insieme con le Regioni dovremo realizzare una grande campagna informativa e di divulgazione di ciò che succederà al SSN dal 2026 in poi. È importante che i cittadini comprendano che quello che si sta facendo porterà a una vera e propria rivoluzione, che si compone di due gambe: la sanità territoriale e la digitalizzazione.
Quando saranno concreti e visibili i primi cambiamenti?
Già a partire dal 2025 i cittadini inizieranno a rendersi conto, ad esempio, delle novità introdotte dalla telemedicina, sperimentando il telemonitoraggio, la televisita e il teleconsulto. E ancora, sempre dal 2025, grazie alle COT, inizierà a funzionare il modello di coordinamento della presa in carico del paziente. I cittadini toccheranno presto con mano quelle che saranno le novità promosse dal PNRR, è bene dunque attivarsi per informarli, ma è chiaro che questo comporta una svolta anche nell’approccio del cittadino ai servizi, un cambiamento che va accompagnato.
Riusciremo nell’ardua impresa di far comunicare i diversi sistemi regionali?
Sono in corso continue interlocuzioni con il Garante per la privacy per superare tutti gli ostacoli. Noi dobbiamo essere in grado di garantire l’interoperabilità dei dati e costruire un data repository nazionale per alimentare il Fascicolo Sanitario Elettronico. Credo che il vero cambiamento starà proprio in questo, e ci permetterà di operare una svolta epocale nel SSN. Tra l’altro saremo tra i primi grandi Paesi occidentali a fare un’operazione di questo genere, se escludiamo i Paesi del Nord Europa che però hanno un bacino di abitanti molto ridotto rispetto al nostro. È senza dubbio un’operazione molto complessa, ma tutti gli attori coinvolti sono consapevoli dell’importanza di questo intervento. La parte infrastrutturale è già praticamente pronta, manca quella di alimentazione dei dati che, per ragioni legate alla privacy, certamente pone maggiori ostacoli. Il Ministero della Salute, il Garante per la Privacy e il Dipartimento per la Transizione digitale stanno lavorando insieme per sciogliere alcuni nodi tecnici che derivano dalle differenze dei diversi sistemi regionali, ma l’obiettivo dell’interoperabilità verrà raggiunto. Altrimenti, le riforme del PNRR saranno vuote di significato, e non riusciranno ad imprimere quella reale svolta che tutti ci aspettiamo.
Sappiamo infatti quanto la raccolta e l’analisi dei dati sanitari possano essere utili anche in termini di programmazione.
Sì, anche questo punto è fondamentale. La parte che riguarda il modello predittivo e di stratificazione della popolazione ci consentirà di prendere decisioni di tipo economico-finanziario anche guardando al lungo termine. L’obiettivo è quello, per il futuro prossimo, di garantire al decisore politico l’affidabilità di un modello costruito sui reali bisogni della popolazione, in modo che poi possano essere prese scelte coerenti per gli anni a venire. La parte invece che riguarda la stratificazione della popolazione, ci consentirà invece di fornire alle ASL locali un’analisi molto dettagliata e puntuale del tipo di popolazione che vive in un determinato distretto e dei bisogni di salute che la riguardano. Le politiche sanitarie regionali e delle diverse aziende potranno svilupparsi, dunque, a partire da un’analisi precisa di ciò che realmente serve a un territorio.
Come deve prepararsi il SSN e in generale la popolazione, anche dal punto di vista culturale, ad accogliere la digitalizzazione in sanità?
Credo che il nodo principale sia quello di colmare il digital divide che attualmente esiste nel nostro Paese, soprattutto tra diverse generazioni. Questo aspetto è fondamentale per gli anziani, ai quali sono rivolti gli interventi di assistenza domiciliare e telemedicina. Come detto, stiamo facendo un grande sforzo per fare in modo che la casa diventi davvero il primo luogo di cura, e per raggiungere questo obiettivo l’utilizzo delle nuove tecnologie è prioritario. Grazie alla formazione e all’aggiornamento professionale di medici e infermieri, sarà possibile accompagnare nella transizione anche le fasce di popolazione più anziana, che sono più distanti culturalmente da questi modelli. Per questo è importante formare il personale sanitario già al nuovo sistema, perché saranno loro a svolgere un grande ruolo di mediazione e di vicinanza ai nostri anziani, anche nell’utilizzo delle tecnologie. Lo stesso vale per le farmacie di prossimità e le farmacie rurali previste dalla Missione 5, che potranno essere di grande supporto per le persone che vivono distanti dai grandi centri urbani.
Crede che il PNRR riuscirà a salvare il SSN come sistema universalistico?
Il Piano è un forte booster in termini di investimento, ma punta anche a cambiare i modelli organizzativi. L’obiettivo principale è rendere più equo l’accesso ai servizi sanitari e alla salute: in questo il PNRR con gli interventi che riguardano la sanità territoriale e l’assistenza domiciliare darà una grande mano, perché stimolerà l’evoluzione di un SSN sempre più vicino al cittadino. Il PNRR non solo garantisce investimenti, ma mira proprio a preservare il carattere universalistico del sistema attraverso una revisione della spesa, con un risparmio che sarà garantito dai nuovi modelli organizzativi (telemedicina, assistenza territoriale e domiciliare) e un migliore accesso dei cittadini ai servizi.
Il PNRR, dunque, almeno nei propositi imprimerà una vera e propria rivoluzione nel SSN, che sarà sempre più vicino al cittadino e maggiormente orientato ad obiettivi di salute diversi da territorio a territorio. Il grande cambiamento offerto dalla digitalizzazione, che dovrebbe garantire un accesso più equo per i cittadini ai servizi e un risparmio al SSN, dovrà essere accompagnato e mediato da un personale sanitario formato su questi temi.