L’attuazione del PNRR segna il passo, sollevando preoccupazioni sulla sua efficacia. Il Paese ancora non ha ricevuto la terza rata del finanziamento previsto. Secondo la relazione della Corte dei Conti, solo il 6% delle risorse previste dal PNRR è stato speso fino ad ora, evidenziando un notevole ritardo nell’implementazione. Le difficoltà sono state attribuite a vincoli europei, capacità amministrativa limitata e cambiamenti del contesto internazionale. Il governo italiano ha annunciato una rimodulazione del Piano, con una revisione al ribasso degli obiettivi iniziali, in un tentativo di superare gli ostacoli e accelerare la spesa dei fondi. Tuttavia, le modifiche ufficiali non sono ancora state confermate. La scadenza del 2026 per il completamento dei progetti sembra sempre più ambiziosa, sollevando dubbi sulla capacità dell’Italia di raggiungere gli obiettivi di crescita previsti. È essenziale garantire che gli investimenti strategici siano sostenibili nel lungo periodo e che si adotti una programmazione di lungo termine per garantire il successo del PNRR.
PNRR: a che punto siamo con le rate
Durante le ultime settimane, è aumentato il dibattito sullo stato di attuazione del PNRR. Secondo la programmazione originale, a fine giugno 2023 l’Italia avrebbe dovuto ricevere dalla Commissione Europea la quarta rata del finanziamento. Allo stato attuale, però, il nostro Paese non ha ancora ricevuto la terza, per la quale il governo aveva fatto richiesta ufficiale alla Commissione lo scorso dicembre. Il 30 giugno la portavoce della Commissione Nuyts Veerle ha dichiarato su Twitter che sulla terza rata è «ancora in corso» il confronto tra le autorità europee e il governo italiano. Secondo Il Sole 24 Ore, l’incasso dei 19 miliardi previsti per la terza rata, se non ci saranno ulteriori intoppi, avverrà a settembre.

Fonte: Camera dei deputati.
Con l’avanzamento della timeline, l’erogazione dei finanziamenti sarà sempre meno vincolata ad obiettivi di tipo “qualitativo” (come ad esempio verifiche, controlli, riforme), ma coinciderà sempre di più con la messa a terra dei progetti, dunque con il completamento dei cantieri, con l’assunzione di personale, con l’avvio effettivo degli investimenti. Risulta chiaro dunque che, senza un’accelerazione decisa nella spesa dei fondi europei, il nostro Paese rischia di non raggiungere gli obiettivi di crescita fissati nei prossimi anni. Il PNRR è infatti cruciale in questo senso, in quanto – come ricorda la Corte dei conti – da esso dipendono i due terzi del futuro economico italiano: senza il sostegno del Piano, la crescita aumenterebbe solo dello 0,4% annuo invece che dell’1,2% previsto.
I motivi dei ritardi: la relazione della Corte dei conti e quella del governo
Già lo scorso settembre, con la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef), il governo Draghi aveva ammesso che l’Italia avrebbe speso per il 2022 circa 21 miliardi rispetto ai 33 previsti per quell’anno. I ritardi sono stati confermati anche dalla relazione sullo stato di attuazione del PNRR, presentata a marzo 2023 dalla Corte dei Conti. Dalla relazione dell’organo preposto al Controllo dell’avanzamento del PNRR si apprende che, ad oggi, dal 2020 sono state spese solo il 6% delle risorse previste del PNRR. La percentuale sale al “12 per cento delle dimensioni finanziarie complessive del piano” se si considerano anche le voci di spesa relative ai crediti d’imposta del piano “Transizione 4.0” e all’intervento di rafforzamento dell’Ecobonus e del Superbonus 110%. Queste misure però viaggiano in modo quasi automatico e non richiedono particolari attività da parte dello Stato perché si mettono in moto su iniziativa dei privati. Senza queste misure la spesa scende da circa 25 miliardi ad appena 10 in tre anni.
Il rispetto delle scadenze, con il progressivo aumento delle spese previste, non risulta dunque di facile gestione e suona come un campanello d’allarme, considerando soprattutto l’annosa difficoltà del nostro Paese nella capacità di spendere i fondi europei.
La relazione del governo
A inizio giugno, il Ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto ha presentato al Parlamento la terza relazione semestrale sullo stato di attuazione del PNRR, segnalando alcuni elementi di criticità causati da diversi fattori: i vincoli europei che avrebbero rallentato la realizzazione di molti progetti; la scarsa capacità amministrativa degli enti locali; il mutato contesto internazionale; l’aumento dei prezzi e la carenza dei materiali; il disallineamento delle competenze del personale.
Viste le diverse difficoltà, il Governo ha annunciato che sarà necessaria un’intensa rimodulazione del Piano, con una revisione al ribasso degli obiettivi iniziali, soprattutto in termini quantitativi. Ad oggi, i colloqui con le Istituzioni europee sono ancora in corso, ma non risulta ancora nessuna modifica ufficiale né sulla timeline del Piano, né sulle risorse a disposizione.
Le spese realizzate fino ad ora
Nella relazione del governo sullo stato di attuazione del PNRR, si legge che alla data del 28 febbraio 2023 le spese sostenute si attestano a 25,74 miliardi. Il Piano ha una dotazione di 191,5 miliardi, ai quali vanno aggiunti i 13 miliardi del Piano React EU; l’Italia ha inoltre disposto ulteriori 30,6 miliardi tramite il Piano complementare, per un totale complessivo di 235,1 miliardi. Rispetto alla spesa complessiva, in tre anni sono state spese dunque il 12% delle risorse: di queste, però, come anticipato, 14 miliardi riguardano solo Ecobonus e Transizione 4.0. I numeri della Corte dei conti e quelli del governo, dunque, coincidono: 10 miliardi spesi (6% delle risorse totali) al netto di quelli impiegati per le due misure appena citate.
Considerando che gli investimenti dovrebbero terminare nel 2026, aver speso nei primi tre anni solo il 12% delle risorse non mette l’Italia sulla giusta strada. Ma, fino ad ora, a quali progetti sono stati destinati i finanziamenti?

* Con riferimento alla voce “Altro”, si rappresenta che 1,7 miliardi si riferiscono a investimenti caratterizzati singolarmente da spese inferiori a 100 milioni per ogni intervento.
** La percentuale dell’11% è riferita al totale del Piano considerando anche i fondi del Piano Complementare e i Fondi di React EU (235,1 mld). Considerando solo il PNRR e il Piano Complementare (222,1 mld) la percentuale di spesa si attesta al 12%.
I Ministeri che hanno speso di più
Dalla relazione del governo si apprende che gli interventi hanno riguardato principalmente i progetti legati alla rete ferroviaria e all’Alta Velocità, misure per la valorizzazione del territorio e delle aree interne e interventi rivolti alla rigenerazione urbana. L’Amministrazione che ha sostenuto maggiori spese fino ad ora è infatti il Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica (8 miliardi e 721 milioni), seguito dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (6 miliardi e 400 milioni) e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (4 miliardi e 700 milioni).
“La maggior parte delle Amministrazioni titolari” – si legge – “ha raggiunto un livello di spesa inferiore alle previsioni. Ciò denota un ritardo nella fase di definizione e avvio delle misure che potrebbe incidere sulla effettiva realizzazione dell’intero Piano con particolare riferimento al pieno raggiungimento degli obiettivi finali”.

Focus: Transizione digitale
Sul piano della digitalizzazione, obiettivo trasversale a tutte le Missioni ma con una specifica destinazione nella Missione 1 (Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo), i risultati raggiunti fino ad ora riguardano le fasi preliminari per la realizzazione del Polo Strategico Nazionale (l’infrastruttura ad alta affidabilità che ospiterà i dati e i servizi strategici della PA), l’attivazione della Piattaforma digitale nazionale dati (che garantisce l’interoperabilità dei sistemi della PA) e l’istituzione dell’Agenzia Nazionale per la cybersicurezza. Sempre nell’ambito della transizione digitale, è stata prevista l’istituzione di un Ufficio per la trasformazione digitale e sono stati selezionati 264 esperti al fine di costituire un team centrale e sette team territoriali dedicati alla trasformazione digitale e operanti su tutto il territorio.
Nell’ambito dell’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, è stato adottato dal Ministero della Salute lo schema di contratto operativo e sono state pubblicate le procedure di gara mediante Accordi quadro.
A queste spese si aggiungono, come detto, i crediti d’imposta riservati alle aziende nell’ambito del progetto Transizione 4.0.
Focus: Ricerca
Nell’ambito della ricerca, che fa riferimento alla Missione 4 (Istruzione e ricerca), al netto delle diverse riforme relative all’istruzione primaria e secondaria, agli istituti tecnici e professionali, e all’orientamento, che sono state approvate negli ultimi mesi, poche risorse sono state spese in merito agli investimenti previsti. Se, infatti, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha portato a termine spese per poco più di un miliardo, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha speso appena 189 milioni, tutti relativi al Fondo per il Programma Nazionale Ricerca (PNR) e Progetti di Ricerca di Significativo Interesse Nazionale, con la pubblicazione dei relativi bandi.
Focus: Salute
Per quanto riguarda la Missione 6 (Salute), le maggiori criticità si riscontrano su Case di Comunità e Ospedali di Comunità, rafforzamento dell’assistenza intermedia e adeguamento sismico delle strutture ospedaliere. Le difficoltà e i ritardi nelle scadenze sono dovuti secondo il governo a due voci: aumento costi e/o scarsità di materiali; squilibrio offerta/domanda. I costi relativi a questi progetti prevedono una spesa totale di ben 4,6 miliardi di euro, ma ad oggi il Ministero della Salute ha speso appena 78 milioni. Sono stati segnalati ritardi, inoltre, su 4 dei 7 adempimenti che erano attesi per il 31 marzo e, rispetto agli 8 da raggiungere a fine giugno, solo 1 è stato portato a termine.
È bene sottolineare, però, che i maggiori investimenti in questo ambito sono previsti per il biennio 2024-2025, come segnalato dal Ministro della Salute Orazio Schillaci, che ha dichiarato in un’intervista a Repubblica: “I soldi destinati al nostro settore devono essere spesi dal 2024 in poi. Noi quest’anno abbiamo già raggiunto tutti gli obiettivi. Del resto, come ha visto anche la Corte dei conti, non sono ancora partiti i bandi. Intanto svolgiamo il nostro ruolo di controllo sulle Regioni, per sincerarci che rispettino i tempi. A breve le convocheremo tutte”.
Le previsioni future
Riguardo ai successivi step che attendono l’attuazione del PNRR, molto dipenderà dalla rimodulazione del Piano annunciata dal governo entro il mese di agosto. Da questa modifica, che dovrà essere realizzata in accordo con la Commissione Europea, deriveranno le sorti di diversi progetti che, per ora, rimangono sulla carta. Se, da un lato, alcune opere sono ben avviate, come ad esempio quelle che riguardano la digitalizzazione dei sistemi informativi della PA, dall’altro ce ne sono alcune che necessitano di interventi complessi, che riguardano non solo la realizzazione dei cantieri, ma anche azioni di sistema che siano sostenibili nel tempo.
Si pensi, ad esempio, al progetto relativo alla sanità territoriale e alle Case della Comunità. Nel PNRR è prevista l’implementazione di una struttura ogni 40/50.000 abitanti: significa che ne dovrebbero essere realizzate almeno 1300 su tutto il territorio nazionale. Non solo, perché per poter funzionare e rendere un reale servizio al cittadino, avranno bisogno di personale qualificato e di natura multidisciplinare, dai medici di medicina generale agli infermieri, passando per specialisti ambulatoriali fino ad operatori sociosanitari. Le risorse del Piano, ovviamente, non possono coprire il costo del personale per sempre, ammesso che sia possibile trovare queste professionalità per coprire tutte le strutture.
In sostanza, l’attuazione del PNRR non passa solo dalla messa a terra dei progetti, che comunque sta subendo diversi ritardi non solo dovuti a fattori endogeni e sistemici ma anche a causa della difficile situazione internazionale. La realizzazione del Piano dipende anche da una programmazione di lungo periodo, della quale la rimodulazione del governo dovrà tener conto. Se la deadline del 2026 per il completamento dei progetti sembra essere un’utopia, è necessario che almeno si preservino gli investimenti strategici che possano davvero dare una svolta al Paese e che siano sostenibili nel lungo periodo.