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Rapporto Draghi sulla competitività europea: una sveglia per i governi. Serve un radicale cambiamento della politica industriale

Perché ne stiamo parlando
Mario Draghi ha presentato l’attesa relazione “Il futuro della competitività europea” realizzata su richiesta della Commissione europea. Commentiamo il Rapporto Draghi insieme al fondatore di Panakès Partners, Alessio Beverina.

Rapporto Draghi sulla competitività europea: una sveglia per i governi. Serve un radicale cambiamento della politica industriale
Alessio Beverina, Founder e Partner, Panakès Partners

Rapporto Draghi. Sta facendo discutere il rapporto The future of European competitiveness – A competitiveness strategy for Europe dell’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi (leggi il documento qui).

Report che, sul fronte della competitività europea, ci mette in guardia: serve un cambiamento radicale, servono investimenti, serve creare un ambiente favorevole che stimoli l’innovazione per rilanciare l’economia del continente e non restare ai margini della scena globale.

Ricerca e Innovazione

Ricerca e innovazione sono i principali motori della produttività e del benessere. L’innovazione genera esternalità positive, e le nuove tecnologie fungono da trampolino di lancio per ulteriore innovazione, con ricadute positive che giustificano l’intervento pubblico nel promuovere la ricerca e l’innovazione. 

L’UE, come si indica nel report, produce quasi un quinto delle pubblicazioni scientifiche mondiali, posizionandosi davanti agli Stati Uniti e seconda dopo la Cina. In termini di pubblicazioni di alta qualità (nel range delle 10% più citate), l’UE è pari agli Stati Uniti, dietro invece alla Cina. E anche nel campo dei brevetti l’UE gode di buona salute. Nel 2021 l’UE rappresentava il 17% delle domande di brevetti nel mondo, rispetto al 21% degli Stati Uniti e al 25% per la Cina.

Innovazione e Startup

Tuttavia, la solida reputazione scientifica dell’UE non si riflette nei mercati innovativi.

Il bacino di imprese innovative europeo è significativamente ridotto rispetto a quello degli Stati Uniti. Solo il 40% circa delle aziende europee riferisce di investire in ricerca e innovazione, rispetto al 56% negli Stati Uniti. Questa differenza è dovuta principalmente alla diversa entità degli investimenti in innovazione e al ritmo più lento con cui vengono adottate dalle aziende le nuove tecnologie.

Cresce invece il numero delle startup in Europa, ma i numeri non sono paragonabili con gli Stati Uniti, in particolare se si parla di unicorni, start-up con una valutazione superiore a 1 miliardo di dollari.

Il divario digitale dell’UE con USA e Cina – si legge nel report – sarà difficile da superare senza significative e mirate azioni politiche, fondamentali per uscire dal circolo vizioso di bassi investimenti e bassa innovazione.

Settore farmaceutico

Sebbene il settore farmaceutico europeo sia ancora leader a livello globale in termini di valore, sta perdendo terreno nei segmenti di mercato più dinamici e cedendo quote di mercato alle aziende statunitensi. Un esempio: tra i dieci farmaci biologici più venduti in Europa nel 2022, solo due sono stati commercializzati da aziende UE, sei provenivano da aziende USA.

Anche in questo caso si denunciano investimenti inadeguati. La spesa totale del settore pubblico dell’UE in R&I per la farmaceutica è inferiore alla metà di quella degli Stati Uniti, mentre gli investimenti privati in R&I dell’UE sono circa un quarto rispetto a quelli degli Stati Uniti. Si raccomanda, pertanto, di aumentare gli investimenti pubblici in R&S in Europa, supportando la creazione di hub dell’innovazione che possano per esempio favorire lo sviluppo di prodotti medicinali per le terapie avanzate (ATMPs), in linea con la Strategic Technologies for Europe Platform (STEP) per le biotecnologie. A tal proposito, il California Institute for Regenerative Medicine (CIRM) potrebbe costituire un modello a cui ispirarsi per l’istituzione di un importante istituto europeo dedicato allo sviluppo di terapie avanzate a base di cellule staminali. Fondato nel 2004, con un budget annuale di 423 milioni di dollari (anno fiscale 2022-2023), CIRM finanzia sperimentazioni cliniche, offre formazione e organizza panel per aiutare ricercatori e ricercatrici ad accelerare lo sviluppo delle terapie. Ad oggi, oltre 50 start-up sono nate da progetti di ricerca finanziati dal CIRM. 

Nel report si auspica inoltre una maggiore mobilitazione degli investimenti privati in R&S per rafforzare l’ecosistema dell’innovazione nelle scienze della vita. A tal proposito si raccomanda di aumentare il budget dell’European Investment Fund per migliorare l’ecosistema del venture capital e di sfruttare l’esperienza maturata con il programma di Venture Debt che ha finanziato PMI e aziende di medie dimensioni con focus specifico sulle scienze della vita. Inoltre, si sottolinea l’opportunità di finanziare investimenti ad alto rischio attraverso il programma InvestEU e di attingere a capitali di crescita avanzata attraverso la European Tech Champions Initiative (ETCI), lanciata dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) nel febbraio 2023.

Si evidenzia inoltre come il quadro normativo europeo sia un fardello che frena l’innovazione. Nel 2022, il tempo mediano per l’approvazione di nuovi farmaci da parte delle agenzie regolatorie in Europa è stato di 430 giorni, rispetto ai 334 giorni negli Stati Uniti. Inoltre, l’accesso ai dati sanitari è una delle condizioni essenziali per lo sviluppo dell’IA nell’industria farmaceutica, ma è limitato dalla frammentazione che impedisce all’industria di usare questa ricca miniera di informazioni. Il rapporto raccomanda quindi di accelerare la digitalizzazione dei sistemi sanitari e massimizzare l’impatto dello Spazio Europeo dei Dati Sanitari (European Health Data Space, EHDS), per facilitare l’accesso e la condivisione delle cartelle cliniche elettroniche, sfruttando la rete Darwin Eu. Inoltre, si suggerisce di ampliare la capacità di sequenziamento genomico e di presentare un piano strategico che vada oltre il 2026, basato sull’iniziativa europea “1+ Milioni di Genomi” che mira a consentire un accesso sicuro alla genomica e ai corrispondenti dati clinici in tutta Europa per migliorare la ricerca, l’assistenza sanitaria personalizzata e l’elaborazione delle politiche sanitarie.

Contestualmente, il Rapporto Draghi evidenzia l’importanza di aumentare l’attrattività dell’UE  per la conduzione di sperimentazioni cliniche, semplificando l’istituzione e la gestione dei trial transfrontalieri, e di accelerare l’accesso dei nuovi farmaci ai mercati.  Obiettivi che possono essere supportati, tra l’altro, semplificando le linee guida delle diverse agenzie regolatorie per facilitare il lavoro delle aziende e promuovere un ambiente più favorevole all’innovazione, rivedendo le regole per gli studi che combinano farmaci, dispositivi medici e l’applicazione dell’IA, e in generale migliorando la progettazione dei trial clinici per renderli più efficienti, efficaci e capaci di rispondere effettivamente alle esigenze dei pazienti, integrando tecnologie di IA nei processi di ricerca e sviluppo, nella progettazione degli studi clinici, nell’analisi dei dati e nella produzione di farmaci.

Alessio Beverina (Panakès Partners): il report è una wake up call

Abbiamo contattato Alessio Beverina, fondatore e partner di Panakès Partners, per commentare alcuni punti chiave del Rapporto Draghi sul futuro della competitività europea.

Draghi ha sottolineato un problema che frena la competitività del continente: la difficoltà di tradurre l’innovazione in commercializzazione. Un problema dunque non solo italiano?

«Basta guardare i dati che Draghi ha introdotto nel report per capire che non solo l’Italia è in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina per quanto riguarda l’innovazione, ma tutta l’Europa: mancano i capitali, gli investimenti sia governativi sia privati sono inferiori rispetto agli altri Paesi; e, in secondo luogo, non essendo un mercato unico, in Europa c’è una frammentazione normativa che frena l’innovazione e il trasferimento dell’innovazione al mercato».

Parliamo anche di capitale umano. Draghi ha sottolineato come, nel mezzo della nuova rivoluzione industriale guidata dall’intelligenza artificiale, l’Europa non può permettersi di rimanere bloccata nelle tecnologie del secolo scorso. E per liberare il potenziale innovativo in un settore così strategico bisogna investire anche nelle competenze delle persone.

«Il capitale umano è importantissimo. Del resto, basti pensare che se una bellissima ricerca ha luogo, ma manca la capacità per trasformarla in qualcosa da far arrivare al mercato, da commercializzare, si mette un freno al trasferimento dell’innovazione. Ecco perché l’Europa è così indietro. Oltre alla frammentazione del mercato e alla mancanza di un framework europeo e di capitali, manca la capacità di liberare il potenziale innovativo della ricerca scientifica».

Guardando al settore farmaceutico, l’Europa è ancora leader di mercato ma perde terreno sul mercato globale.

«Per quanto riguarda in particolare il mondo biotech, secondo Draghi bisogna lavorare sull’aumento di investimento in ricerca e innovazione: la spesa pubblica nel settore farmaceutico in R&D è la metà di quella degli Stati Uniti. Se guardiamo ai capitali privati è addirittura un quarto. Altro freno è la frammentazione normativa: non c’è una Europa, ma tanti stati che fanno Europa, per cui è difficile introdurre nuovi medicinali in modo semplice come succede negli Stati Uniti dove, una volta avuta l’approvazione dall’FDA, non servono altri accordi per rimborsi, autorizzazioni, ecc.

Altra questione importante che Draghi mette in evidenza ha a che fare con i dati sanitari: avere un modo unico di raccogliere, gestire e integrare i dati a livello di Europa permetterebbe di migliorare la ricerca di nuovi farmaci e medical device e di accelerare la fase della scoperta anche grazie all’uso dell’intelligenza artificiale».

Torniamo alla questione investimenti. 

«Il report è chiaro nell’indicare che il mondo Venture Capital europeo è minuscolo rispetto al VC cinese e statunitense: 5% in Europa rispetto al 52% USA e 40% della Cina. Una delle ragioni per cui il mercato del VC è così basso, oltre al fatto che c’è meno innovazione, è la mancanza di un mercato di capitali serio: non esiste a livello europeo una Borsa come il Nasdaq, per esempio, e non c’è la capacità di raccogliere capitali per poter investire in ricerca e innovazione».

Alla luce di tutto questo, il report è una sorta di call to action?

«Secondo me questo report lancia un messaggio molto forte: se l’Europa va avanti così andiamo a sbattere contro un muro. Perché non si può essere i beniamini dell’ambiente, dell’innovazione, dello stato sociale, se non si attuano cambiamenti radicali e non si prendono decisioni di investimento mirate. Questo report è una wake up call: una sveglia per i governi che devono agire per supportare e far crescere l’innovazione, altrimenti l’Europa diventerà solo un luogo dove venire in vacanza. È fondamentale dunque identificare settori specifici in cui investire e promuovere la creazione di cluster dell’innovazione che mettano assieme università, venture capital, grandi aziende per far sì che la bellissima ricerca che viene condotta in Europa arrivi anche al mercato. Come diceva De Gaulle, i ricercatori che cercano li troviamo, i ricercatori che trovano li cerchiamo».

Keypoints

  • Il rapporto Draghi segnala la necessità di un cambiamento radicale per rilanciare la competitività europea attraverso investimenti e innovazione
  • L’UE eccelle nella ricerca scientifica, ma fatica a tradurre questa innovazione in commercializzazione e a competere con USA e Cina
  • Il divario digitale e la frammentazione normativa sono ostacoli significativi per l’adozione di nuove tecnologie.
  • Il settore farmaceutico europeo sta perdendo terreno rispetto agli USA, con investimenti in ricerca e innovazione significativamente inferiori
  • Si propone di aumentare gli investimenti pubblici e privati in R&S, creando hub di innovazione e migliorando l’ecosistema del Venture Capital
  • La lentezza dei processi normativi europei rispetto agli USA frena l’approvazione e l’introduzione di nuovi farmaci
  • È necessario migliorare l’accesso e l’integrazione dei dati sanitari per accelerare lo sviluppo di terapie innovative, sfruttando l’intelligenza artificiale
  • Il report è un appello all’azione per i governi europei, evidenziando l’urgenza di investire in settori strategici per evitare il declino competitivo dell’Europa

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