La malnutrizione nei pazienti ospedalizzati è un problema clinico ma anche un tema di salute pubblica, che comporta un burden significativo sui sistemi sanitari e sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie.
Con la DGR XII/1812 del 29/01/2024 Regione Lombardia è la prima Regione ad attivare i percorsi di screening nutrizionale nelle strutture del sistema sanitario regionale e a domicilio. Ne abbiamo parlato con Riccardo Caccialanza, Direttore SC Dietetica e Nutrizione Clinica di Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Pavia.
Dottor Caccialanza, qual è l’obiettivo di questo provvedimento?
L’obiettivo è quello di rendere sistematica la valutazione del rischio nutrizionale sia nei pazienti ricoverati che in quelli seguiti a domicilio. Ciò nasce dall’evidenza sul ruolo chiave della nutrizione, non solo nell’ambito della prevenzione ma anche nell’iter terapeutico. Lo screening serve a identificare i pazienti che devono essere valutati in maniera più approfondita e, soprattutto, nei pazienti che, oltre alla valutazione, devono e possono beneficiare di un intervento nutrizionale precoce. Ricordo, infatti, che la malnutrizione costa miliardi di dollari/euro ai sistemi sanitari occidentali, perché i pazienti malnutriti restano più a lungo in ospedale e in alcuni casi vi rientrano con maggiore frequenza. Pensiamo ai pazienti oncologici, neurologici, ai pazienti anziani che, se non adeguatamente supportati dal punto di vista nutrizionale, vanno incontro a un rischio superiore di complicanze e insuccesso delle terapie, a una maggiore fragilità e una minore autonomia: tutto ciò sui sistemi sanitari produce notevoli costi diretti, ma anche indiretti, in termini di assistenza domiciliare e minore inclusione nella vita lavorativa. A fronte di ciò, sono disponibili dati solidi che correlano una gestione appropriata e precoce della nutrizione ad una diminuzione dell’incidenza di complicanze e a una loro più semplice gestione.
A suo parere, come occorre rimodulare le risorse disponibili al fine di rispondere alle esigenze della popolazione e migliorare la qualità dell’intervento?
Regione Lombardia ha negli ultimi anni espresso una crescita significativa dal punto di vista della Nutrizione Clinica ed è la prima a istituire l’obbligatorietà dello screening nutrizionale. Ha implementato una rete ed emanato un Decreto sulla gestione della nutrizione artificiale domiciliare, che prevede anche l’obbligatorietà della creazione dei team nutrizionali negli ospedali dove non sono già presenti le strutture semplici o complesse di Nutrizione Clinica. Da un punto di vista normativo, quindi, la direzione è corretta. È ovvio, tuttavia, che all’azione normativa debba seguire una fase applicativa, nella quale siano destinate le necessarie risorse, anche in termini di nuove assunzioni (di medici e dietisti in particolare). Negli ultimi 5-7 anni, anche e soprattutto grazie agli sviluppi del Gruppo di Lavoro in AIOM (a cui partecipano oncologi, nutrizionisti di SINPE e altre società scientifiche), anche a livello nazionale è cresciuta la consapevolezza che Regione Lombardia sia quella che si sta muovendo in maniera più attiva per fornire risposte concrete. E, per tornare alla sua domanda, queste risposte non possono prescindere da adeguati investimenti. Parlo di investimenti, non di spesa, perché comportano un risparmio significativo nel medio-lungo termine, per la qualità di vita dei pazienti e delle famiglie e per una questione di costo-efficacia.
Sulla base della sua esperienza, quali interventi possono prevenire la malnutrizione nel setting ospedaliero, in particolare nel paziente anziano e fragile?
Oltre ad osservare il problema, dobbiamo monitorarlo: come indica la DGR, occorre dare seguito allo screening con percorsi operativi che monitorino nel tempo nel setting ospedaliero cosa il paziente riesce a mangiare e a personalizzare il più possibile l’alimentazione nel corso del ricovero, arrivando anche a utilizzare gli alimenti a fini medici speciali (e la nutrizione artificiale nei casi più gravi). I primi step sono rappresentati dalla rimodulazione dietetica attraverso il counseling dietistico e l’impiego della supplementazione orale. Il grosso problema, non solo a livello lombardo ma nazionale, è dato dalla qualità del vitto ospedaliero, dalla quale tali azioni nell’ambito della Nutrizione Clinica non possono prescindere. Occorre trasmettere agli amministratori e alla politica la necessità di rivisitare gli standard qualitativi della ristorazione ospedaliera e individuare modelli che rendano sostenibile per le aziende di ristorazione la partecipazione alle gare, associandoli ad una richiesta qualitativa che deve essere rivalutata e garantita.
Su quali punti ritiene che possa essere affinata la comunicazione delle istituzioni in materia di criticità nutrizionali?
Da parte di regione Lombardia ritengo sia in atto un programma virtuoso di valorizzazione del tema della Nutrizione Clinica. Le criticità a livello istituzionale sono conosciute e sono già state affrontate nel settembre 2023 con gli Stati Generali della Nutrizione. I tempi sono maturi perché alla comunicazione, ossia al tenere alta l’attenzione, segua l’azione. Mi aspetto, in quest’ottica, comunicazione di atti concreti (mi riferisco a investimento di risorse) più che di concetti già assodati. La nutrizione costa poco, i professionisti ci sono: dobbiamo migliorare alcuni aspetti, fra cui quello della formazione, un campo non coperto in maniera soddisfacente a livello universitario.