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Lo Scaleup Act in dieci domande e risposte

Perché ne stiamo parlando
A dicembre 2024 è entrato in vigore lo Scaleup Act, la norma che regola gli investimenti nelle neo-aziende innovative. Lo spieghiamo in dieci domande e risposte, da un webinar sul tema organizzato da InnovUp con professionisti in materia legale e tributaria.

Lo Scaleup Act in dieci domande e risposte

Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023, legge Centemero e legge di bilancio 2025: sono questi i tre provvedimenti, approvati a dicembre 2024, che compongono quello che il ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) ha definito Scaleup Act. Si tratta di un insieme di norme che vanno a rinforzare il decreto legge 179/2012 (detto anche Decreto crescita 2.0 o Startup Act) che istituì la startup innovativa e che da tempo aveva bisogno di una revisione.

Se n’è parlato giovedì 16 gennaio nel corso del webinar “Scaleup Act: novità legislative e impatti sulla filiera dell’innovazione italiana” organizzato da InnovUp, l’associazione che rappresenta l’ecosistema italiano dell’innovazione. All’evento hanno partecipato diversi professionisti esperti in materia di legislazione e fisco, oltre a startup e incubatori associati.

«Lo Scaleup Act è il frutto di un lavoro durato almeno due anni» ha spiegato Giorgio Ciron, direttore di InnovUp. «È stato infatti nel 2022, in occasione dell’anniversario dello Startup Act, che abbiamo cominciato a chiedere una revisione complessiva della normativa, che ha portato nel settembre 2023 alla costituzione di un tavolo di lavoro con le principali associazioni dell’ecosistema che ha elaborato una serie di proposte di revisione complessiva della legge sulle startup. Nel corso del 2024 quel lavoro si è concretizzato, e a dicembre è diventato legge».

Le novità riguardano una serie di argomenti: dai nuovi requisiti per potersi qualificare come startup innovativa a quelli per poter rimanere nel Registro speciale delle imprese, dalle agevolazioni concesse alle persone fisiche che investono in startup alle nuove norme per incentivare l’investimento in venture capital di casse di previdenza e fondi pensione fino alla nascita degli acceleratori certificati.

Per semplificare le abbiamo riassunte in dieci domande e risposte.

1. I requisiti per qualificare una società di capitali come startup innovativa sono cambiati?

«Sì. Ai requisiti elencati nel Decreto Crescita del 2012 ne sono stati aggiunti altri due. Il primo è la precisazione che la società debba essere una micro, piccola o media impresa, secondo la raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE. Il secondo: nell’ambito del requisito secondo cui la startup innovativa debba avere come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, viene aggiunta la precisazione che “non deve svolgere attività prevalente di agenzia e di consulenza”» ha spiegato Antonia Verna, partner dello studio Portolano Cavallo.

2. Con questi requisiti la startup può rimanere per sempre nella sezione speciale Registro delle imprese?

«No. Una delle novità della nuova normativa è che dopo i primi tre anni sia effettuata una nuova verifica dei requisiti per rimanere nella sezione speciale del Registro delle imprese per altri due anni: verrà cioè richiesto almeno un altro requisito tra i sei indicati dalla norma (per il dettaglio dei requisiti vi rimandiamo all’articolo https://www.innlifes.com/startup/ddl-concorrenza-depositato-camera/).

Allo scadere di questi ulteriori due anni, ci sarà un’altra verifica dei requisiti (questa volta sarà richiesto che la startup abbia almeno uno tra due requisiti indicati dalla norma). Poi un’ultima verifica dopo questi due anni per rimanere nel registro altri due per un totale di nove anni (3+2+2+2)» ha precisato Fabio Azzolina, founding partner dello studio legale LA&P.

3. Se una startup è già iscritta nel registro, come si regola per la permanenza negli anni successivi?

«Il legislatore distingue tra startup iscritte al registro da più di 18 mesi al momento di entrata in vigore della normativa e startup iscritte da meno di 18 mesi. Nel primo caso le startup hanno 12 mesi di tempo dal termine del 3° anno di iscrizione per la verifica dei nuovi requisiti. Nel secondo caso ne hanno sei» ha aggiunto Verna. Ma c’è un problema.

«La norma originaria non è stata modificata nella sua prima parte, nell’articolo 25, dove viene precisato che una società di capitali può essere considerata startup innovativa fino a 60 mesi (5 anni) dalla sua costituzione e non dall’iscrizione nella sezione speciale del Registro, azione che spesso avviene successivamente» ha precisato Flavio Paternò, dottore commercialista e revisore legale.

4. Di che tipo di agevolazioni possono avvalersi le persone fisiche che investono in startup, per esempio i business angel?

«Possono usufruire di due tipi di detrazioni. La detrazione “ordinaria”, che rimane invariata e consiste nel 30% del valore dell’investimento fino a un massimo investito di un milione di euro. E la detrazione in de minimis, che invece sale dal 50 al 65%, dura solo fino al terzo anno di iscrizione della startup al registro ed è vincolata a investimenti non qualificati, cioè che portino partecipazioni societarie o diritti di governance non superiori al 25%» ha spiegato Giorgio Frigerio, partner presso bureau Plattner.

5. Che cos’altro dice la normativa in merito a queste detrazioni?

«Entrambe le detrazioni (sia ordinaria che in de minimis) non scattano se il contribuente è anche fornitore di servizi alla startup per un fatturato superiore al 25% dell’investimento agevolabile. Inoltre “in caso di investimento in convertendo la detrazione matura a decorrere dalla data di disposizione di bonifico alla startup della somma investita con causale “versamento in conto aumento di capitale, a condizione che la somma sia iscritta a riserva patrimoniale” (questo il dettato della norma)» ha aggiunto Frigerio.

6. Che dubbi lascia quest’ultimo provvedimento in materia di SAFE e convertendo?

«Per come è scritta, cioè richiedendo che i versamenti avvengano come “versamenti in conto aumento di capitale”, la norma si riferisce alla situazione in cui c’è già un aumento di capitale deliberato, in vista del quale si raccolgono gli importi. Non si riferisce quindi né al SAFE né al convertendo, contratti che implicano il fatto che si raccolgano i versamenti in vista di un futuro aumento di capitale» spiega Azzolina. «In questo senso secondo me il SAFE non è detraibile».

7. Quale novità ha apportato la legge Centemero in merito alla detrazione in de minimis?

«La legge Centemero aggiunge un’ulteriore agevolazione per chi investe in imprese innovative. Stabilisce infatti che qualora la detrazione in de minimis superi l’imposta lorda dovuta dal contribuente, l’eccedenza può essere trasformata in credito d’imposta utilizzabile in dichiarazione o in compensazione» ha spiegato Paternò.

8. In che modo le casse di previdenza e i fondi pensione potranno apportare nuova linfa al venture capital italiano?

«Casse di previdenza e fondi pensione per beneficiare del regime di esenzione della tassa sui capital gain di cui già beneficiano dal 2011 – regime che scatta se investono una quota del loro portafoglio (il 10% annuo del totale attivo patrimoniale) in investimenti qualificati – dovranno destinare una quota fissa di tali investimenti qualificati (5% nel 2025 e 10% a partire dal 2026) a investimenti in venture capital» ha spiegato Andrea Gallizioli, partner presso Scarioni Angelucci.

9. È vero che anche acceleratori, startup studio e venture builder potranno essere certificati?

«Sì. La nuova normativa ha ampliato la platea dei soggetti che possono essere certificati: dai soli incubatori a tutti coloro che svolgono attività di supporto e accelerazione di startup innovative» ha spiegato Raffaele Sansone, partner dello studio GPBL. «Il legislatore non ha specificato la denominazione di questi operatori, ha detto che tra i possibili requisiti ai fini della definizione di incubatore certificato vengono incluse anche le attività di supporto e accelerazione in favore di startup innovative. Per gli acceleratori certificati ci sarà un registro ad hoc parallelo a quello degli incubatori certificati».

10. Di che tipo di agevolazioni potranno usufruire gli acceleratori certificati?

«Gli acceleratori certificati restano esclusi dall’applicazione delle agevolazioni previste dallo Startup Act e anche da quelle dello Scaleup Act. Tuttavia incubatori e acceleratori certificati che investono direttamente o indirettamente in startup innovative possono beneficiare di un credito d’imposta pari all’8% dell’investimento, fino a un massimo di 500mila euro annui. Il contributo è concesso entro il limite complessivo di 1,8 milioni di euro annui».

Keypoints

  •  Giovedì 16 gennaio InnovUp ha organizzato un webinar dal titolo “Scaleup Act: novità legislative e impatti sulla filiera dell’innovazione italiana”, durante il quale professionisti in materia legale e tributaria hanno spiegato alle startup associate tutte le novità del cosiddetto Scaleup Act.
  •  Lo Scaleup Act è il combinato disposto di tre provvedimenti: Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023, legge Centemero e legge di bilancio 2025.
  • Si tratta di un insieme di norme che vanno a rinforzare il decreto legge 179/2012 (detto anche Decreto crescita 2.0 o Startup Act) che istituì la startup innovativa e che da tempo aveva bisogno di una revisione
  •  Le novità riguardano una serie di argomenti: dai nuovi requisiti per potersi qualificare come startup innovativa a quelli per poter rimanere nel Registro speciale delle imprese, dalle agevolazioni concesse alle persone fisiche che investono in startup alle nuove norme per incentivare l’investimento in venture capital di casse di previdenza e fondi pensione fino alla nascita degli acceleratori certificati.
  •  Per spiegare le novità, le abbiamo riassunte in 10 domande e risposte.

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