Innovazione, capitale umano e Ai: le chiavi per il futuro della ricerca farmaceutica

Innovazione, capitale umano e Ai: le chiavi per il futuro della ricerca farmaceutica

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Silvia Pasqualotto

Perché ne stiamo parlando
L’innovazione farmaceutica è cruciale per migliorare la salute globale. Tuttavia, l’Europa deve affrontare sfide di competitività rispetto ad altri Paesi.

Maggiore investimento in ricerca e innovazione, uso dell’Ai per analisi predittive sulla risposta alle terapie e formazione multidisciplinare del capitale umano: questi gli elementi chiave affinché la ricerca farmaceutica diventi davvero un’assicurazione sul futuro di miliardi di persone.

È quanto emerso oggi a Roma durante il convegno Ricerca e Futuro. Il contributo dell’industria farmaceutica per la salute di domani, organizzato da Farmindustria con il patrocinio del ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). All’evento è intervenuto il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, che ha evidenziato come la ricerca abbia già avuto un impatto concreto sulla salute globale, migliorando la qualità della vita e riducendo la mortalità.

«Negli ultimi vent’anni – ha spiegato – la mortalità per tutte le malattie è diminuita del 25% e oltre un milione di persone è sopravvissuto a un tumore». Questi progressi sono stati possibili grazie a una forte spinta nella ricerca, che a livello globale ha registrato una crescita esponenziale dopo il Covid. «Grazie all’Ai, le molecole in sviluppo sono aumentate del 400%, i tempi della ricerca preclinica si sono ridotti del 40% e il tasso di successo molecolare ha raggiunto l’80-90%», ha rivelato Cattani.

La sfida di un ecosistema in declino

A minacciare questi risultati è il declino competitivo dell’Europa, a fronte della stabilità degli Stati Uniti e della crescita costante della Cina. A questo si aggiunge la questione dei dazi, su cui il presidente di Farmindustria ha spiegato che il ministro Tajani sta lavorando «per tenere fuori dalle tariffe i farmaci». La perdita di competitività europea si ripercuote inevitabilmente anche sull’Italia, nonostante il settore farmaceutico sia il primo per competitività, produttività, saldo estero e open innovation, con 54 miliardi di export e 4 miliardi di investimenti in ricerca all’anno.

«Nel 2024 l’industria farmaceutica ha investito oltre 2 miliardi di euro nel Paese in ricerca e sviluppo e altrettanti in impianti di produzione ad alta tecnologia e digitalizzazione» ha sottolineato Cattani, evidenziando il ruolo chiave del settore per l’economia nazionale. Tuttavia, nel confronto internazionale, l’Italia sconta un divario significativo negli investimenti complessivi in R&S.

«Secondo gli ultimi dati Istat disponibili, l’investimento complessivo in R&S in Italia nel 2022 è stato di 27,3 miliardi di euro, pari all’1,37% del pil, un dato nettamente inferiore rispetto ad altri Paesi. Di questi, 10,5 miliardi provengono da investimenti pubblici e 16,8 miliardi da investimenti privati, aumentati del 7%» ha spiegato Francesco De Santis, vicepresidente per la ricerca e lo sviluppo di Confindustria.

Per colmare questo divario e mantenere la competitività, servono, secondo De Santis, una serie di azioni che Confindustria si è posta come obiettivi: «Semplificare le regole, aumentare i fondi per la R&S nel prossimo programma finanziario Ue, portandoli oltre l’attuale 10%, consentire anche ai privati di gestire il dato pubblico sanitario e un forte impegno sulla formazione di nuove competenze».

Il ruolo centrale del capitale umano

Puntare sul capitale umano, formando sempre più giovani con lauree stem, è fondamentale per fare la differenza, come ha sottolineato anche Cattani. «Servono laureati stem per fare innovazione» ha dichiarato, sottolineando come il capitale umano sia un elemento chiave per il futuro del settore. In questa direzione va il protocollo d’intesa siglato tra Mur, Crui e Farmindustria, nato per formare i profili necessari a sostenere la crescita della ricerca e dell’industria farmaceutica in Italia. Ma per rispondere davvero alle esigenze di un settore in continua evoluzione, la formazione deve offrire percorsi di studio e specializzazione sempre più multidisciplinari.

Un aspetto su cui ha insistito anche la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini: «Il capitale umano è centrale nel settore pharma – ha spiegato – e spetta all’università formare nuove professionalità multidisciplinari, proprio come accadeva nel Rinascimento. In quest’ottica si inserisce l’apertura del numero chiuso nelle facoltà di medicina, così come l’investimento record di 880 milioni per le borse di studio».

Per valorizzare queste nuove competenze e trasformarle in un motore concreto di innovazione, ha precisato Bernini, «è essenziale anche investire in grandi infrastrutture di ricerca, capaci di riportare in Italia i cervelli in fuga e attrarre talenti dall’estero».

Il ruolo delle tecnologie di frontiera

Altro elemento fondamentale per aumentare il livello di innovazione e quindi di competitività del settore, è l’utilizzo di tecnologie di frontiera, in particolare l’Intelligenza artificiale. L’integrazione di questi strumenti all’interno dei processi di R&S sta infatti rivoluzionando la ricerca farmaceutica, accelerando i processi e migliorando la capacità di prendere decisioni nelle fasi più incerte dello sviluppo di un nuovo farmaco.

«Il loro utilizzo diventa tanto più fondamentale in un momento complicato come quello attuale in cui fattori economici e geopolitici stanno incidendo pesantemente sui costi di sviluppo di nuovi farmaci», ha spiegato Diego Ardigò, executive vice-president, head of global R&D, global research and development di Chiesi Farmaceutici. «Le big pharma – ha continuato Ardigò – hanno progressivamente aumentato gli investimenti in R&S, storicamente intorno al 20% del fatturato, per contrastare il calo della produttività della ricerca visto che i costi di sviluppo sono aumentati molto negli ultimi 10 anni mentre tempi di sviluppo e probabilità di successo sono rimasti gli stessi».

Per affrontare queste sfide, le aziende farmaceutiche stanno adottando strategie mirate: si concentrano su un numero inferiore di farmaci, privilegiando quelli con un alto impatto terapeutico e un minor rischio di fallimento, ottimizzano l’efficienza dei processi di sviluppo e sfruttano il potenziale dell’intelligenza artificiale e dei dati per trasformare il sistema e ridurre i tempi e i costi della ricerca.

L’Ai gioca un ruolo chiave lungo tutta la filiera, ma è soprattutto la sua capacità di creare simulazioni a fare la differenza: «Combinando dati per individuare fattori di associazione e somiglianza tra patologie diverse, può rivoluzionare l’innovazione, ad esempio predicendo l’efficacia di un nuovo farmaco sulla base di quelli già esistenti», ha rivelato Ardigò. Per sfruttare appieno queste potenzialità, le aziende devono adottare un approccio multilivello nella gestione dei dati, richiedendo competenze completamente nuove rispetto al passato e una trasformazione radicale nel modo di pensare di tutta la comunità scientifica.

 

Foto: LinkedIn Farmindustria

Keypoints

  • Oltre 2 miliardi di euro investiti nel 2024 in ricerca, sviluppo e impianti tecnologici in Italia
  • L’uso dell’Ai sta accelerando i tempi di sviluppo e migliorando la predizione dell’efficacia dei farmaci
  • Necessità di formare laureati stem e professionisti multidisciplinari per sostenere l’innovazione
  • L’Europa affronta una crescente competitività da Stati Uniti e Cina, con l’Italia che deve rafforzare la sua posizione nel mercato globale

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