«Questo ruolo è il coronamento di ventisette anni dedicati all’innovazione. Non posso dunque che essere felice di mettere a servizio della Fondazione le mie competenze». Annamaria Gimigliano è la direttrice generale di Fondazione Unimi: l’hub di innovazione dell’Università degli Studi di Milano che gestisce l’incubatore di Viale Ortles e crea ponti tra il mondo accademico e il mercato.
Fin dall’inizio della sua carriera, subito dopo la laurea, con una borsa di ricerca al CNR di Torino, Gimigliano si è occupata di creazione di impresa e di incubatori, del loro impatto sul sistema della ricerca e sulla competitività dei territori. E oggi, dopo incarichi manageriali in Accenture, Alitalia e VeronaFiere, il suo obiettivo è accompagnare ricercatori e ricercatrici nel lungo percorso che va dall’idea a un’applicazione che cambia la vita delle persone.
«Continuerò a occuparmi anche di efficienza organizzativa per usare al meglio le risorse al fine di promuovere la messa a terra dell’innovazione. Ricerca e mercato non sono antagonisti: il mercato è il luogo dove nascono i bisogni, la ricerca quello in cui nascono le soluzioni».
Ma l’innovazione è innanzitutto una questione di mindset. «Un progetto di ricerca dura anni, anche decine di anni, continuare a domandarsi per chi si sta lavorando, a chi si potrebbe cambiare la vita, aiuta a mantenere il focus».
La direttrice generale di Fondazione Unimi è estremamente chiara: «Affinché un’idea possa arrivare sul mercato, possa per esempio diventare un medicinale disponibile sullo scaffale oppure un device utilizzato in sala operatoria o con cui i pazienti possono monitorare comodamente a casa i propri paramenti di salute, il testimone deve passare dall’università all’impresa, perché solo l’impresa è in grado di creare quella complessa e costosa infrastruttura di produzione e distribuzione che permette di raggiungere chi ne ha bisogno».
In altre parole, spiega, affinché una molecola prodotta in laboratorio possa diventare un farmaco, mondo della ricerca e mondo industriale devono incontrarsi. «È un passaggio imprescindibile» dice.
Seed4Innovation, programma di scouting
In questo scenario, allora, Seed4Innovation è una palestra, un terreno di gioco dove mettersi alla prova. Si tratta del programma di scouting dell’Università di Milano dei progetti di ricerca (dell’ateneo e dei partner) con maggior potenziale di brevettabilità e trasferibilità al mercato.
«Il grant ha lo scopo di attirare i ricercatori e le ricercatrici, invitandoli a raccontarci cosa stanno facendo e a costruire insieme un percorso per concretizzare le loro idee in un Proof of Concept (PoC), che rappresenta uno snodo cruciale perché si attivi quel passaggio di testimone tra mondo della ricerca e industriale». In altre parole, per avvicinare la ricerca accademica al mercato.
Seed4Innovation: l’edizione 2024 verso la fase finale
Lanciato nel 2021, «Seed4Innovation è ormai un appuntamento atteso dai nostri ricercatori ed è un’iniziativa consolidata per favorire la trasformazione delle idee scientifiche in innovazioni disponibili per la comunità». Le call4ideas raccolgono un centinaio di progetti.
«Anche nel 2024 è stato così. Un terzo dei progetti provengono dal portafoglio brevetti dell’Università di Milano e altri 60-70 sono creati ex novo sia da ricercatori di UNIMI sia dai nostri partner di ricerca, ovvero gli Irccs del territorio: l’Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio, l’Auxologico, l’Istituto neurologico Carlo Besta, l’Istituto europeo di Oncologia, il Policlinico Ca’ Granda e il Centro cardiologico Monzino» puntualizza Gimigliano.
E così, anche quest’anno, tra le idee presentate, il settore Life Science l’ha fatta da padrona, con il 24% dei progetti candidati afferenti al settore Pharmaceuticals e il 40% a Medtech & Medical devices.
Dopo la selezione iniziale, circa 40 progetti vengono ammessi alla fase di potenziamento, a cui segue una fase di mentoring per le 30 idee ammesse allo step successivo. «Il 18 dicembre conosceremo e premieremo i progetti considerati più promettenti che avranno accesso alla fase di accelerazione».
La fase di accelerazione, spiega la dg, è fondamentale per l’avanzamento del progetto. La consulenza tecnico-specialistica e la disponibilità di risorse finanziarie (50mila euro a ciascun progetto) sono determinanti per acquisire competenze, attrezzature e servizi per aumentare il livello di maturità tecnologica (TRL) dei progetti.
Life Science e Fondazione Unimi
Le scienze della vita si confermano l’ambito di ricerca predominante anche per l’incubatore della Fondazione. «Circa due terzi delle startup incubate operano infatti in questo settore, il resto afferiscono a digitale e agritech» osserva Gimigliano.
L’incubatore di viale Ortles dispone di oltre 6.500 metri quadrati in cui le giovani imprese innovative trovano un ambiente favorevole all’open innovation, facilities specializzate e spazi modulabili che, a seconda delle esigenze, possono essere allestiti in laboratori o uffici, oltre a un raccordo facilitato con le diverse aree di ricerca dell’ateneo.
Progetto di science storytelling: per collaborare bisogna capirsi
L’open innovation oggi è sempre più una leva dell’innovazione. Ma per collaborare bisogna capirsi. Allora Annamaria Gimigliano vuole fornire alla comunità scientifica dell’ateneo un servizio che ritiene fondamentale per acquisire quella competenza necessaria per attivare progetti multidisciplinari e attirare investitori e partner industriali: la capacità di comunicare con efficacia e semplicità.
«Mi riferisco al progetto di science storytelling, a cui stiamo lavorando da un po’ e a cui tengo particolarmente. Non si tratta di divulgazione scientifica, ma di aiutare i ricercatori a elaborare metafore e strumenti di comunicazione efficaci a veicolare l’essenza del proprio lavoro, facendo cogliere il problema che stanno cercando di risolvere. Questa skill è fondamentale sia per il problem framing sia per attirare investimenti e collaborazioni multidisciplinari. Per questo una parte significativa dell’attività del team della Fondazione – conclude – è rivolta a supportare i ricercatori nella comunicazione del proprio lavoro».