Legge di bilancio 2025: più potere alle associazioni dei pazienti oncologici

Le aziende farmaceutiche lavorano sempre più a braccetto con le associazioni di pazienti

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Gianluca Dotti

Perché ne stiamo parlando
La sinergia tra Big Pharma e Associazioni Pazienti può portare valore a entrambe, attraverso un dialogo costruttivo su bisogni insoddisfatti e nuove opportunità.

È sufficiente dare un rapido sguardo online con un qualsiasi motore di ricerca utilizzando come chiave le parole “associazioni pazienti” per avere l’evidenza – anche comunicativa – che si tratta di un trend ormai affermato: le grandi aziende del comparto farmaceutico hanno relazioni sempre più strette con gli enti che rappresentano i pazienti. Google alla mano, i siti di realtà come Pfizer, Roche, AstraZeneca, Janssen e di molte altre big del settore healthcare compaiono spesso più in alto di quelli delle stesse associazioni e delle pagine istituzionali, tutti a enfatizzare la vicinanza tra industria e pazienti, le strette connessioni e il lavoro in sinergia.

Spesso quando si affrontano i temi alla frontiera dell’ecosistema della salute ci si sofferma sulla ricerca scientifica e sulle innovazioni (di prodotto, di processo o di sistema), ma all’interno della trasformazione relativamente rapida che sta interessando il mondo sanitario si stanno modificando con altrettanta importanza anche le relazioni tra i diversi stakeholder coinvolti. Così, in questi anni in cui più che mai viene compreso ed enfatizzato il valore del mettere il paziente al centro, suona quasi ovvio che questo debba avvenire anche attraverso un confronto disintermediato tra chi le soluzioni di cura le sviluppa e chi ne può trarre in prima persona beneficio. A maggiore ragione in un momento storico in cui, in termini di presa in carico e di cura, a fare da elemento abilitante in un percorso di trattamento non è solo il farmaco in sé, ma ha un’importanza quasi alla pari anche tutto ciò che ha a che fare con diagnosi, aderenza terapeutica, dialogo medico-paziente, telemedicina eccetera.

Nuovi stakeholder, nuovi intermediari e nuovi ruoli

In un contesto in cui la complessità della gestione terapeutica e la variabilità delle situazioni cliniche sono in crescita, le associazioni di pazienti assumono un ruolo sempre più rilevante e ufficiale, tanto da essere già riconosciute anche a livello legislativo come un bacino di esperienze e capacità – organizzative, professionali e umane – da cui trarre consapevolezze, idee, feedback e anche lamentele che possano essere utili a migliorare i modelli assistenziali e i sistemi sanitari. E fin qui, tutto sommato, niente di nuovo.

Senz’altro più recente, invece, è il cambiamento dei canali e delle modalità con cui il dialogo e le relazioni avvengono tra i diversi stakeholder sanitari. Le associazioni di pazienti, infatti, non dialogano più solo con le istituzioni e con i decisori politici, ma sempre più spesso interagiscono anche con le aziende stesse del comparto salute, con l’idea di trovare un interlocutore non solo attento e interessato, ma anche capace di dare concretezza alle idee progettuali e di sviluppare iniziative utili a superare le criticità esistenti.

Una dinamica di questo genere sottintende una serie di elementi notevoli anche a livello culturale e di sistema. Anzitutto, in senso positivo, emerge il ruolo sempre più rilevante e riconosciuto dell’industria, che amplia il proprio compito da fornitore di prodotti terapeutici a sviluppatore di processi di cura, interessandosi anche di tutto ciò che sta intorno al farmaco e che riguarda i punti di contatto tra pazienti e sistema sanitario. Un secondo elemento riguarda l’inclusione di nuovi mediatori all’interno del processo, sintetizzabili nella figura del consulente: dalle società di consulting che operano a livello globale fino a singoli professionisti locali (comunicatori, esperti di media, giornalisti, opinion leader,…), queste figure sono coinvolte per favorire il dialogo tra imprese e pazienti, per trovare punti d’incontro e di confronto costruendo ponti tra sensibilità diverse, linguaggi differenti e magari distanze che possono esistere per questioni di età anagrafica o per una diversa percezione della velocità dell’innovazione.

Sull’altra faccia della medaglia, volendo problematizzare la questione, queste nuove relazioni derivano dall’esistenza di un probabile vuoto da colmare. Istituzioni e sistemi sanitari non hanno certo abdicato dal proprio ruolo di hub a cui tutti gli stakeholder pubblici e privati possono rivolgersi, ma forse in questo momento non sono (più) l’unico fulcro attorno a cui le discussioni effettivamente ruotano. Detto in altri termini, i pazienti sempre più vedono nelle imprese big del farmaceutico un alleato per rispondere ai bisogni di salute non soddisfatti e per migliorare la propria qualità di vita, muovendosi in parallelo (per alcuni aspetti e perlomeno in una prima fase) a ciò che tradizionalmente afferiva alla macchina statale. Il tutto attraverso relazioni sia con quelle associazioni che ormai da tempo sono ritenute interlocutori di primo piano, sia con realtà più recenti o che stanno guardando a nuovi ambiti terapeutici.

Una riflessione sulle nuove relazioni al tempo dell’AI

Proprio sull’evoluzione di queste dinamiche si è tenuto, a inizio estate a Sesto Fiorentino, un momento di riflessione e discussione per fare il punto sullo scenario. “Le associazioni pazienti diventano interlocutori imprescindibili per decisori e istituzioni, con un atteggiamento basato su consapevolezza e sviluppo della propria competenza, portando la propria voce e quella del paziente con proposte e soluzioni implementabili e misurabili, si legge nelle conclusioni della due giorni di lavori, promossi da Lilly. E, ancora, “il ruolo del paziente – che è l’utente dell’innovazione – deve essere riconosciuto in fase di costruzione e pianificazione di nuovi strumenti e tecnologie. Le associazioni dei pazienti devono e possono essere elemento di raccordo tra bisogni dei pazienti, lavoro del medico, idee e applicazioni delle aziende di nuove tecnologie”.

Sono almeno tre – è emerso – le aree nelle quali il raccordo tra Associazioni Pazienti e Big Pharma può generare un vantaggio di sistema e nelle quali le associazioni possono essere protagoniste dell’innovazione, dando forma a un vero e proprio network consolidato. La prima è l’accesso alle cure e la relativa equità, monitorando se tutto ciò che è scritto nelle normative venga effettivamente attuato e lavorando su nuove proposte di servizi e canali di cura. Poi la comunicazione e la health literacy, sviluppando una strategia comunicativa e soprattutto facendo riconoscere (anche economicamente) il valore del lavoro di comunicazione delle associazioni di pazienti, che non può inquadrarsi come mero volontariato. E infine, come terza area, quella dell’innovazione digitale, inclusa in senso lato l’Intelligenza Artificiale: oltre ai benefici più ovvi, l’IA dà la possibilità al paziente-utente di diventare uno sviluppatore, con l’obiettivo di migliorare lo scambio di informazioni con i medici, di migliorare la qualità di vita di tutti gli stakeholder (includendo anche i sanitari, e non solo i pazienti) e di lavorare sul benessere del paziente anche al di là della singola patologia. E se ovviamente le frontiere di sviluppo dell’Intelligenza Artificiale generativa hanno una certa distanza rispetto al vissuto reale dei pazienti, l’interesse da parte delle associazioni verso le nuove opportunità digitali (dentro o fuori dal cappello dell’AI) è elevatissimo.

I bisogni delle associazioni pazienti

In questo processo trasformativo, sono anche le associazioni di pazienti a essere chiamate a cambiare, per essere più adatte ad avere un ruolo centrale nel nuovo scenario. Se da un lato si sente forte la necessità di attrarre persone giovani da includere negli organici, in termini di sistema le due esigenze principali sono il fare rete tra le associazioni stesse e – forti anche dell’unione – lavorare a una legge sulla rappresentatività che ne inquadri ancora meglio il ruolo nelle filiere di cura. Mentre a livello interno, in parallelo, le necessità sono anzitutto di sviluppare programmi di formazione utili a sviluppare conoscenze e competenze, ma anche di implementare sistemi per misurare l’attività delle associazioni stesse. Rendendole, insomma, realtà più strutturate, moderne e in grado di assumere un ruolo rilevante e proattivo all’interno delle discussioni.

Keypoints

  • La trasformazione in corso nel mondo sanitario sta cambiando anche le relazioni tra i diversi stakeholder, pubblici e privati
  • Molte delle grandi aziende del comparto farmaceutico stringono relazioni sempre più forti con gli enti che rappresentano i pazienti
  • L’industria assume un ruolo ancora più ampio, da fornitore di prodotti terapeutici a sviluppatore di processi di cura
  • Stanno emergendo nuovi mediatori – consulenti, comunicatori, giornalisti, opinion leader – utili a favorire il dialogo e la discussione
  • Come emerso in un incontro promosso da Lilly a giugno, il paziente è fondamentale già in fase di costruzione e pianificazione delle cure
  • Associazioni di pazienti e industria possono lavorare assieme su equità di accesso alle cure, comunicazione e innovazione digitale
  • Le associazioni si stanno strutturando e modernizzando per assumere un ruolo rilevante nelle discussioni, con più competenze e più giovani

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