Barni (Confindustria dispositivi medici): “Momento epocale, serve nuova governance”

Barni (Confindustria dispositivi medici): “Momento epocale, serve nuova governance”

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Valentina Arcovio

Perché ne stiamo parlando
Circa una settimana fa Nicola Barni è diventato il nuovo presidente di Confindustria Dispositivi Medici. Nel suo programma “vecchie” battaglie e nuove sfide in un settore in continua evoluzione. Lo abbiamo intervistato.

Dal superamento del payback a una governance più lungimirante, fino all’accelerazione dell’ingresso delle nuove tecnologie. Queste sono alcune delle priorità su cui il neoeletto presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Nicola Barni, si concentrerà durante tutto il suo mandato. Classe 1976, Barni è laureato in Economia all’Università degli Studi di Brescia e ha conseguito un MBA alla MIB School of Management di Trieste. Nel 2018, dopo una lunga esperienza presso realtà internazionali come J&J, Hospira e BD, arriva in Hollister Incorporated dove riveste il ruolo di General Manager & Managing Director. Dopo aver ricoperto l’incarico di presidente dell’associazione Biomedicali, ora è alla guida della Federazione di Confindustria che unisce e rappresenta le imprese che operano in Italia nel settore dei dispositivi medici.

Quali sono i suoi punti cardine della sua nuova presidenza?

“Partono sicuramente dal superamento del payback. Perché, di fatto, ad oggi questa problematica non è ancora completamente risolta. Certamente siamo in una situazione molto più positiva, dopo che l’ordinanza del Tar ha accolto tutte le motivazioni dei nostri ricorsi, circa 1800, e ha riconosciuto che c’è una differenza sostanziale tra il mondo del dispositivo medico e quello del farmaco. Abbiamo dunque la forza di un’ordinanza che ci dà ragione e siamo in attesa della decisione finale della Corte Costituzionale. La mia speranza, tuttavia, è quella di iniziare un nuovo dialogo con la politica e con le istituzioni affinché si trovi davvero una soluzione definitiva al problema. Non abbiamo intenzione di aspettare un altro anno o anno e mezzo per vedere come si pronuncerà la Corte Costituzionale. Abbiamo voglia di lavorare, di metterci a un tavolo e fare le nostre proposte relative alla governance. Dopo un’ordinanza di questa portata, così chiara nei contenuti, ora il Governo deve affrontare la questione”.

C’è bisogno di un cambiamento nella governance dei dispositivi medici?

“Sì. Siamo in un momento epocale. Il sistema sanitario sta facendo fatica a restare lo stesso che abbiamo sempre conosciuto, ma oggi abbiamo l’opportunità di rimetterci intorno a un tavolo per impostare il futuro in maniera diversa. Porteremo proposte che in qualche modo partono dal fatto che la programmazione sanitaria debba essere basata sulle patologie, quindi sull’intero percorso che il paziente deve affrontare e non su singole prestazioni come invece avviene oggi. Abbiamo bisogno di una governance che possa allocare le risorse in maniera corretta, cioè laddove c’è un reale fabbisogno di salute e non sulla base dei tetti di spesa. Abbiamo bisogno di una governance che faciliti la produzione dell’innovazione tecnologica. Oggi il nostro settore ha un tasso di innovazione molto più rapido di quello del farmaco. Quindi avere anche un percorso che faciliti l’introduzione dell’innovazione tecnologica deve assolutamente rappresentare un tassello fondamentale.

Cosa proponete di preciso per facilitare l’ingresso delle nuove tecnologie?

“Come industria abbiamo sempre dato la nostra disponibilità a essere degli interlocutori, in quanto conoscitori delle tecnologie che portiamo sul mercato. Credo che sia giusto che l’industria partecipi, insieme ad altri interlocutori, a tutti quei processi di valutazione delle tecnologie. Ciascuno, nel rispetto del proprio ruolo, deve essere interpellato. Lo strumento dell’HTA in realtà già esiste, anche se lo stanno ulteriormente disciplinando. Non credo che si debba inventare nulla di nuovo dal punto di vista tecnico. Quello che auspico è che da un punto di vista politico diventi effettivamente uno strumento idoneo. Ad oggi non ci sono stati esempi di HTA che abbiano realmente accelerato l’adozione di una tecnologia. È vero che l’HTA deve informare il decisore e non imporre la scelta, ma sarebbe auspicabile vedere che, a seguito di raccomandazioni positive, vangano date indicazioni coerenti sull’adozione di una tecnologia.

Cosa si può fare per rendere il nostro paese più attraente alle aziende dei dispostivi medici?

“Serve supporto. Questo è un punto importante del nostro programma. Vogliamo infatti continuare a sostenere tutte le aziende che in Italia vogliono fare ricerca, che generano Pil e che creano forza lavoro qualificata. Il supporto che vogliamo dare prescinde dalle dimensioni dell’azienda e dalla composizione del capitale. Che sia una startup o meno vogliamo favorire e promuovere una politica il più possibile espansiva. Una politica industriale, quindi, che crei anche quel framework fiscale tale per cui le aziende che hanno deciso in passato di uscire dall’Italia per produrre all’estero, possano decidere ora di rientrare dentro i confini”.

Troppe aziende in fuga?

“Come si fa a dimenticare che durante la pandemia non avevamo produzione di mascherine chirurgiche? Siamo dovuti andare a prenderle in Cina, per poi scoprire dopo che alcune erano di dubbia qualità. Ci siamo ritrovati in una situazione di grave difficoltà. Se questo è un settore strategico, e lo credo fortemente, dobbiamo avere politiche industriali che aiutino a far rientrare le aziende”.

Si parla spesso di carenze di farmaci, come siamo messi invece sul fronte dei dispositivi medici?

Abbiamo un livello di import ed export oggi importante: importiamo per circa 9 miliardi, mentre il nostro mercato vale circa 11 miliardi e mezzo. In un ecosistema che funziona perfettamente, in teoria, la carenza non dovrebbe rappresentare un problema. Tuttavia, stiamo attraversando un periodo caratterizzato da guerre e crisi geopolitiche importanti, dobbiamo essere lungimiranti, tutelare e far crescere un settore chiave e strategico come quello dei dispositivi medici.

Con le terapie digitali stiamo facendo progressi?

“Bisogna ancora fare chiarezza sul fatto che sono dispositivi medici, quindi seguono la regolamentazione dei device. È fondamentale che le terapie digitali, dopo aver ricevuto il certificato di conformità, entrino agevolmente nel mercato in modo che le imprese possano programmare i propri investimenti, mettendo a disposizione dei cittadini opportunità terapeutiche, spesso più efficaci rispetto alle terapie tradizionali. Ci stiamo attivando all’interno con un gruppo di lavoro che si occupa proprio di questo e che ha l’obiettivo di fare chiarezza. Bisogna lavorare per definire criteri di rimborsabilità e di indagine clinica e garantire equità di accesso alle cure a tutti i cittadini.”.

Confindustria Dispositivi Medici auspica che il Governo metta la parola fine alla questione payback. Noi siamo pronti a fare la nostra parte per dare un contributo importante al futuro della Sanità, attraverso l’implementazione di una nuova governance che deve riportare al centro il valore delle tecnologie mediche, nel rispetto della sostenibilità del nostro sistema sanitario.

Keypoints

  • Iniziare un nuovo dialogo con la politica e con le istituzioni affinché si trovi una soluzione definitiva al payback
  • Abbiamo bisogno di una governance che possa allocare le risorse laddove c’è un reale fabbisogno e non sulla base dei tetti di spesa
  • Lo strumento dell’HTA esiste, ma va utilizzato correttamente
  • Serve un framework fiscale per far rientrare in Italia le aziende “in fuga”
  • Necessario fare chiarezza sul fatto che le terapie digitali sono dispositivi medici e su come metterle a disposizione dei pazienti

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