Milanese, a Londra dal 2011, Silvia Cerolini è una mamma rara. Nel 2016 è arrivata la diagnosi della malattia che sta progressivamente togliendo la vista a sua figlia: Amaurosi congenita di Leber. È una malattia genetica che colpisce la retina e danneggia la vista fino a causare cecità. È la causa più frequente di cecità infantile ereditaria, con un’incidenza di 3 casi ogni 100.000. L’esordio in genere è nei primi sei mesi di vita.
“Sta lentamente diventando cieca. Non c’è niente che si possa fare”: le parole dell’oftalmologo suonano come una sentenza. “Vicky aveva poco più di due anni quando ci è stato comunicato che questa distrofia retinica un po’ alla volta le avrebbe impedito di vedere il mondo. Avrei voluto strapparmi gli occhi per darglieli”. Silvia Cerolini racconta lo sconforto, l’ansia, il senso di colpa e di impotenza che l’hanno assalita.
La frustrazione, poi, ha piano piano lasciato spazio alla determinazione e alla speranza: “Io e mio marito ci siamo promessi di fare tutto il possibile per farle vedere il mondo e così, motivati dall’amore e da una forte volontà, abbiamo deciso di mettere le nostre competenze manageriali a servizio della ricerca. E per riscrivere il finale, in teoria già scritto, abbiamo fondato un’associazione globale di pazienti per sostenere la ricerca e accelerare la sperimentazione e lo sviluppo clinico di possibili terapie per questa malattia rara ancora orfana di una cura”.
Silvia Cerolini, 16 anni in Procter & Gamble, tra Londra e Ginevra, ora alla guida del team di Health Innovation di Sanofi UK e Irlanda, è Founder e CEO di Eyes on the Future ed è la nostra innovatrice del mese.
A settembre 2024 è stata premiata nell’ultima edizione di Inspiring Fifty, il riconoscimento assegnato alle donne in ambito STEM.
Tutto è cominciato con una raccolta fondi nel 2017?
Siamo partiti cercando innanzitutto informazioni sulla malattia, e via via abbiamo costruito un network di pazienti, dall’Europa alla Cina, India, Sud Africa, America… Perché, anche se l’Amaurosi congenita di Leber è una malattia rara, non siamo soli. E così oggi Eyes on the Future è una community di caregiver, famiglie e pazienti di tutto il mondo accomunati da un piccolo gene difettoso, RDH12, che causa la distrofia retinica ereditaria di cui soffre Vicky. Abbiamo cominciato a fare rumore, a raccontare la nostra storia, e abbiamo iniziato a organizzare eventi, conferenze, campagne di raccolta fondi che hanno avuto una grande risonanza a livello internazionale. La ricerca scientifica è fondamentale e da allora abbiamo raccolto circa 5 milioni di dollari che stiamo investendo in progetti di ricerca, condotti in diversi istituti tra Londra, Parigi e gli Stati Uniti. Ma per accelerare lo sviluppo clinico di terapie abbiamo assunto un ruolo attivo: quindi non solo finanziamo la ricerca su questa malattia rara, ma cerchiamo di favorire collaborazioni a livello internazionale tra i vari centri di ricerca e tra ricerca e industria per rimuovere quelle barriere che rallentano la messa a punto di una cura. Barriere organizzative, di business, finanziarie…
C’è ancora tanta strada da fare, ma avete raggiunto risultati importanti. Il vostro lavoro ha portato infatti a diverse pubblicazioni e, soprattutto, a progressi concreti verso potenziali trattamenti. Avete lanciato infatti diversi progetti di ricerca per identificare possibili terapie per rallentare la progressione della malattia. A che punto siete?
Abbiamo collaborato con altre associazioni, come Retina UK e Retina Italia, Candle in the Dark (Belgio), Foundation Fighting Blindness e RDH12 Fund for Sight (USA) per fare chiarezza su questa malattia, comprendere lo stato dell’arte della ricerca e finanziare nuovi progetti di ricerca. E abbiamo dato vita alla Global RDH12 Alliance, una community globale che si supporta e supporta la ricerca più promettente. E così abbiamo contribuito a trovare e produrre una cura sperimentale per la malattia di Vicky, che ha dato buoni risultati su modelli animali: può rallentare la progressione della malattia e migliorare la vista. È una terapia genica simile a Luxturna, la prima terapia genica per l’Amaurosi congenita di Leber legata però a difetti nel gene RPE65. La malattia di Vicky è invece legata a mutazione nel gene RDH12.
Ebbene, la piccola fiala di terapia genica che potrebbe agire sul gene RDH12 è stata prodotta ma giace in un magazzino a Londra, perché purtroppo non ci sono finanziamenti per avviare la sperimentazione clinica. E la data di scadenza si avvicina.
Da pazienti a partner: come accelerare lo sviluppo clinico?
Lo sviluppo clinico di questa terapia sperimentale, e in generale traslare la ricerca di base in una terapia a disposizione dei pazienti, rappresenta una grande montagna da scalare. Ma siamo determinati a farlo per riuscire a portare i miracoli della scienza a disposizione di chi ne ha bisogno. Purtroppo però, come spesso accade per le malattie rare, non c’è l’interesse commerciale che spinge l’industria a investire.
Allora stiamo lavorando per riuscire a prendere noi in mano lo sviluppo clinico. Per questo stiamo valutando partnership dirette con le aziende per procedere con i trial clinici. Si tratta per noi di una corsa contro il tempo.
A questo punto come non pensare a Telethon, che finanzia in Italia la ricerca sulle malattie genetiche rare e per accelerare il percorso verso l’accesso alle cure promuove la collaborazione con fondi di investimento, per supportare la crescita di startup che possono giocare un ruolo importante in questo percorso. E a proposito di un nuovo modello di business, è la prima charity al mondo ad assumersi la responsabilità della produzione e distribuzione di un farmaco per una malattia rara (Strimvelis, la terapia genica per l’immunodeficienza ADA-SCID).
Telethon è un importante interlocutore per noi: stiamo infatti collaborando da anni accomunati dall’interesse di mettere a punto un nuovo modello di business che possa assicurare una terapia ai malati rari.
E anche Eyes on the Future sta collaborando direttamente con startup e aziende biotech più grandi per far avanzare la sperimentazione clinica per la terapia genica per RDH12. La strada da fare è lunga, ma noi non ci fermeremo fino a quando non renderemo disponibile una terapia: forse non faremo in tempo a salvare gli occhi di Vicky, ma sicuramente salveremo gli occhi di altri bambini.