Più antibiotici, nonostante le raccomandazioni da parte delle autorità scientifiche di limitarli per evitare resistenze, e generici in lenta ascesa, mentre la spesa per il sistema sanitario nazionale aumenta a 36,2 miliardi di euro, di cui il 68,7% rimborsato dal SSN, nono però in maniera eguale tra le regioni.
Il consueto rapporto Rapporto OsMed 2023 sull’uso dei medicinali in Italia, redatto dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), fotografa un paese in cui i trend dell’uso dei farmaci, per dirla con le parole del direttore tecnico-scientifico Pierluigi Russo, «vanno letti all’interno del contesto sociale e normativo in cui operiamo: esistono ad esempio ancora troppe differenze regionali che non si spiegano dal punto di vista epidemiologico ma frutto di una inappropriatezza prescrittiva e dei consumi sulla quale c’è ancora da lavorare».
Spesa per farmaci: aumenta quella territoriale
Intanto, scendendo nei dettagli del rapporto, a fronte di una spesa farmaceutica totale pari a 36,2 miliardi, quella territoriale pubblica, compresa quella convenzionata e in distribuzione diretta e “per conto”, è stata di quasi 13 miliardi, +3% rispetto all’anno precedente. La spesa per i farmaci acquistati dalle strutture pubbliche è stata pari a 16,2 miliardi di euro e ha registrato una crescita dell’8,4% rispetto al 2022.
La spesa per compartecipazione a carico del cittadino è stata invece pari a 1,5 miliardi circa, circa 25 euro pro-capite, -1,3% per via della riduzione del 2,5% del differenziale di prezzo rispetto al generico dovuto da chi acquista invece il farmaco “originator”. Aumenta invece dell’1,7% la spesa per i ticket sulla ricetta o la confezione.
«La voce che incide maggiormente sull’aumento del 5,7% della spesa rispetto al 2022 è quella dei farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche – ha commentato Russo -, dove a loro volta incidono maggiormente i medicinali innovativi di recente commercializzazione per patologie rare e con un decorso grave. E a tal proposito è bene precisare che l’Italia è uno dei Paesi che rende disponibili ai pazienti il maggior numero di farmaci dopo l’autorizzazione centralizzata europea, con un tasso di disponibilità che nel 2023 è stato del 63%».
I consumi, per farmaco
Nel 2023 in Italia ogni giorno sono state consumate complessivamente 1.899 dosi di medicinali ogni mille abitanti, il 69,7% delle quali erogate a carico del SSN e il restante 30,3% acquistate direttamente dal cittadino. Per quanto riguarda l’assistenza territoriale pubblica e privata, sono state erogate confezioni di farmaci per quasi 2 miliardi, con un andamento stabile rispetto all’anno precedente.
Nel dettaglio, i farmaci per il sistema cardiovascolare si confermano al primo posto per consumi (513,9 dosi giornaliere per mille abitanti) e rappresentano la seconda categoria terapeutica a maggior spesa farmaceutica pubblica per il 2023 (3,5 miliardi di euro), con una spesa pro capite SSN pari a 60,43 euro. Al secondo posto per uso si collocano i farmaci dell’apparato gastrointestinale e metabolismo (298,6 dosi giornaliere per 1000 abitanti) e i terzi in termini di spesa farmaceutica pubblica (3,3 miliardi) per una spesa pro capite SSN pari a 56,4 euro (+2,2% rispetto all’anno precedente). I farmaci del sangue e organi emopoietici si sono collocati al terzo posto in termini di consumi (144,5 dosi giornaliere per 1000 abitanti) e al quinto in termini di spesa farmaceutica pubblica (2.587 milioni di euro). La spesa pro capite SSN è stata pari a 43,95 euro.
Seguono poi i farmaci del sistema nervoso centrale (97,8 dosi giornaliere per 1.000 abitanti) e al sesto in termini di spesa farmaceutica pubblica complessiva (2,061 miliardi), e gli antidiabetici. Per questi farmaci l’aumento di spesa del 7,6% è il più alto della media degli ultimi 10 anni sia per un aumento dei consumi (del 4,5%) sia per quello del costo medio per dose, e in particolare gli analoghi del Glp-1, a cui appartiene la semaglutide, che registrano un aumento di spesa del 17,9% e dei consumi del 26,4% e le gliflozine, che registrano un aumento di spesa del 60,1% e dei consumi del 65,6%.
Antibiotici, uso in crescita del +6,4%
Nonostante campagne e appelli a un uso consapevole per arginare il fenomeno della antibiotico-resistenza, che in Italia causa 11mila vittime, il consumo di antibiotici nel nostro Paese dal 2022 sale e lo scorso anno ha registrato un aumento del 6,4%.
In particolare, lo scorso anno quasi quattro persone su dieci hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotico, con livelli più elevati al Sud, dove il 44,8% della popolazione ne ha assunto almeno uno in corso d’anno, contro il 30,9% del Nord e il 39,9% del Sud. Ancora più marcate le differenze se si vanno ad osservare i dati delle singole Regioni dove si va dalle 11,1 dosi di Bolzano alle 22,4 dosi dell’Abruzzo, alle 21,7 della Campania e le 21,5 della Basilicata.
Generici, consumo cresce ma terzultimi in Ue
Non decollano i generici che erano il 9% nel 2011 e sono saliti al 22,8% in termini di spesa, al 31,2% in termini di consumi contro una media Ue del 51%, il che ci fa finire terz’ultimi in Europa secondo i dati IQVIA.
L’Italia è invece prima per la diffusione del mercato dei biosimilari con l’80,8% del mercato dei farmaci biologici a brevetto scaduto anche se qui è particolarmente evidente la profonda eterogeneità regionale, sia in termini di spesa che di consumo. In Calabria, Campania, Sicilia e Basilicata il ricorso agli equivalenti oscilla infatti tra il 19 e il 21%, mentre a Trento e in Lombardia i valori sono rispettivamente del 44 e 43%. Quanta diffidenza accompagni ancora il consumo dei generici lo dimostrata il miliardo e 60 milioni (dato in lieve flessione del 2,5%) della compartecipazione per il differenziale di prezzo tra l’ex-originator e no branded che ancora nel 2023 gli assistiti hanno pagato di tasca propria pur avendo un’alternativa gratuita. Un dato in leggera flessione del 2,5% rispetto all’anno precedente, ma che corrisponde ancora a una spesa pro-capite di 23,5 euro al Sud, di quasi la metà, 13,3 euro, al Nord.
«Per velocizzare l’accesso sul mercato dei nuovi generici, l’Aifa adotta già procedure semplificate di prezzo e rimborso; in due soli CdA sono stati approvati equivalenti per un risparmio pari a circa 200 milioni – ha spiegato . Ma è indubbio che il consumo di generici è ancora limitato, se confrontato a quello di Paesi europei a noi comparabili. Per questo occorre fare più informazione ma anche formazione sull’importanza dell’utilizzo dei generici», ha aggiunto Robert Nisticò..
Spinta dall’aumento dei prezzi e dello spostamento delle prescrizioni su quelli più costosi cresce la spesa per i farmaci di fascia C pagati dai cittadini, che nel 2023 hanno speso 7,1 miliardi pari a un +9,8% rispetto al 2022. Il 54% della spesa (3,8 miliardi) è relativo a medicinali con obbligo di ricetta, il restante 46% a prodotti di automedicazione.
Per i farmaci di fascia C con ricetta a determinare la crescita della spesa sono stati l’aumento dei prezzi del 6,8% e la prescrizione di medicinali più costosi (effetto mix +2,1%), mentre i consumi restano invariati.
L’importanza del contesto
Aspetto qualitativo del rapporto è che, come spiegato da Russo, queste evidenze vanno spiegate considerando anche il contesto in cui avviene la prescrizione farmacologica, che può essere considerata appropriata se effettuata all’interno delle indicazioni cliniche e autorizzato se vengono rispettate le sue indicazioni d’uso, in termini di dosaggio e durata del trattamento. Il Rapporto OsMed mostra che c’è ancora da lavorare su entrambi i fronti. «L’attività prescrittiva è la conseguenza e l’esito anche dell’interazione con i pazienti, dipende dalla fruibilità e dall’organizzazione dei percorsi assistenziali, accesso alla diagnosi e al monitoraggio dei trattamenti», ha osservato Russo.
Le differenze sui dati di consumo disaggregati per regione spiegano questa discrezionalità e molte non trovano giustificazione nei dati epidemiologici. Anzi, in più di un caso evidenziano un uso maggiore in aree dove non risulta una più alta incidenza delle patologie per il quale il farmaco è indicato. Per fare un esempio, non esistono studi che dimostrino una marcata prevalenza di ulcere peptiche e malattie da reflusso esofageo al Sud, dove ora si consumano 100,5 dosi giornaliere ogni mille abitanti contro queste malattie, in particolare gli inibitori della pompa acida, contro il 70,7 al Centro e il 77 al Nord. Anche il consumo di antidiabetici è più alto al Sud (83,4 dosi giornaliere ogni mille abitanti contro le 64,5 del Nord e le 67,9 del Centro). Differenze dovute a una maggiore prevalenza d’uso, che è del 7,7% della popolazione meridionale contro il 6,5% della media nazionale.