Le innovazioni più importanti nel corso della storia sono quelle che hanno portato velocità, con costi accessibili, senza essere difficili da applicare. E l’open innovation si applica sempre di più anche al mondo delle scienze della vita.
La salute oggi ha assunto una valenza maggiore della finanza: la white economy – cioè l’insieme delle risorse e delle attività orientate alla soddisfazione dei bisogni di salute – sta sempre prendendo sempre più piede tanto da aver raggiunto, stando ai dati Censis e Unipol, un valore di 290 miliardi di euro, corrispondente al 9,4% della produzione complessiva nazionale. E sono 2,8 milioni gli addetti che operano in maniera diretta nei suoi diversi comparti.
Su come l’open innovation disegnerà la sanità del futuro si è parlato a un incontro organizzato da Confindustria Dispositivi Medici al Mind Innovation District di Milano. L’evento ha avuto al suo centro il progetto Primary Site giunto al termine della sua prima edizione. Ideato da Confindustria Dispositivi Medici, Primary Site promuove l’innovazione nel settore della salute, aiutando Pmi e startup innovative a svilupparsi.
Nel corso dell’incontro imprese, istituzioni, e stakeholder della filiera della salute hanno evidenziato, da una parte, quanto l’open innovation sia strategico per lo sviluppo e la competitività del settore nel sistema sanitario, economico e industriale italiano; e dall’altra, quanto le alleanze e la condivisione delle conoscenze siano funzionali a tutto ciò.
Presenti Nicola Barni, Presidente Confindustria Dispositivi Medici, Federico Ferrazza, Direttore della rivista Wired, Pietro Amoretti, Direttore Business Development, Grants & Funding presso Esaote, Mario Federighi, CEO di Farmigea, Johnny Della Giustina, Research Analyst Confindustria Dispositivi Medici, Giulio Pezzini, Acceleration Lead & Argo Accelerator pm di Zest.
Il valore della ricerca e sviluppo
«La ricerca e sviluppo è per noi elemento fondamentale della nostra attività», spiega Amoretti.
«In questi ultimi anni – ha aggiunto – stiamo spendendo il 12% del nostro fatturato in ricerca e sviluppo, con circa il 20% delle nostre persone impiegate. Il mondo della sanità si sta trasformando in modo impressionante e veloce verso la digitalizzazione. Occorre innovare e prepararsi a questo. Dobbiamo spingere molto su questo per cambiare le nostre azioni».
La difficoltà di innovare
«Non è facile. Spesso gli ostacoli sono legati alla dimensione dell’impresa», precisa Federighi. «L’azienda familiare o comunque una piccola media impresa italiana va incontro a una difficoltà nel dedicare risorse o nel toglierne al business, che vuol dire vendere e competere. Se però se non si combatte questa avversità si fallisce, perché l’innovazione, e quindi la capacità di portare idee, di metterle a terra trasformandole in prodotti e servizi, ti differenzia dagli altri.
Io ho sempre fatto ricerca e sviluppo con una sola persona, ma questa è open innovation: utilizziamo le competenze che troviamo fuori, usiamo la capacità di avere fantasia, di andare a vedere come si può fare ricerca anche in una Pmi italiana che ha meno risorse di altre aziende più grosse».