“Non si innova da soli. Le imprese debbono avviare lo startup thinking, ovvero la capacità di sperimentare, di avere la cultura dell’errore in funzione del pivoting e di essere multidisciplinari, nell’ambito di un ecosistema da coltivare e far crescere”. Alessandra Luksch, Direttrice dell’Osservatorio Startup Thinking al Politecnico di Milano, nel suo intervento durante il convegno “Italian Open Innovation Lookout”, tenutosi presso lo stesso Politecnico, è molto chiara.
Uno sguardo all’Open Innovation
L’Open Innovation è la relazione tra invenzione o scoperta scientifica e tecnologia che dà luogo a un’idea o a un prodotto che possa essere brevettato e messo sul mercato.
Innovare significa migliorarsi ed essere più competitivi. Negli ultimi anni l’Open Innovation si è molto diffusa nelle imprese italiane e nella Pubblica Amministrazione. Secondo uno studio del Politecnico di Milano, su un campione di circa 130 grandi aziende con oltre 250 dipendenti, si rileva un trend crescente per cui, nel 2018, il 57% ha dichiarato di aver compiuto azioni di Open Innovation e, nel 2023, l’86%. Un trend in costante crescita. Si è soprattutto trattato di azioni di tipo inbound, ovvero attività tese a internalizzare innovazioni sviluppate all’esterno e inserite nei modelli di business dell’azienda in questione.
Il dato risulta ancora più rilevante alla luce della turbolenza che ha caratterizzato questi ultimi anni, a partire dal 2020, durante i quali incertezza e volatilità hanno dominato la scena. Ma nonostante questo – e forse anche grazie a questo – l’Open Innovation è cresciuta.
Affrontata dalle corporate come un catalizzatore di trasformazione, essa ha permesso di reagire in modo veloce ed efficace anche in situazioni d’urgenza al cambiamento, inducendo le imprese, visti i benefici ottenuti, a reiterare questo comportamento. Con la pandemia si è capito l’importanza dell’ecosistema: le aziende hanno dovuto, con urgenza, trovare nuovi modi per affrontare la variabilità dei mercati.
Come cambia l’ecosistema dell’innovazione
Secondo lo studio, l’ecosistema dell’innovazione sta cambiando. Nel 2018 la classifica dei player fonti di stimolo per l’innovazione vede ai primi posti attori considerati tradizionali: Vendor e Soucer ICT (42%), top management (38%), clienti esterni (36%), società di consulenza (26%). Nel 2023 interlocutori meno tradizionali diventano centrali. Fra questi spiccano in particolare le startup: 33% contro il 10% del 2018. Come si collabora con una startup? La maggior parte delle imprese si avvale di loro come fornitore spot e, nel momento in cui quell’azione si è rivelata di successo, la startup diventa un fornitore di lungo termine.
Qualcun altro la usa come partner commerciale. Il caso Campari-Tannico è un esempio: Campari si è avvalsa dell’e-commerce di Tannico anziché crearsi il proprio. Constatandone il successo, è entrata in Tannico.
Il ruolo delle startup
Le startup si rivelano dunque una risorsa insostituibile per il nostro Paese, caratterizzato da un’economia matura. Esse sono di fatto R&S allo stato puro, soprattutto nella prima fase, un ambito in cui l’Italia è indietro rispetto ad altri paesi. Intercettano in modo rapido e anticipato i cambiamenti del mercato e, non da ultimo, sono una fonte di occupazione pregiata.
Tutto ciò vale per le grandi imprese. Se oggi è la parola d’ordine, non è facile “fare innovazione”. Molte PMI non sanno bene come affrontarla. Qualcuna fra loro la teme pure. Domina la paura del rischio, cosa innata a un startup. Un eventuale fallimento è difficilmente più assorbibile da una PMI che non da una corporate. Le startup stesse preferiscono le grandi realtà perché più referenziate.
I player dell’Open Innovation
Ad aiutare chi vuole affrontare l’Open Innovation ci sono diversi player, che insieme compongono il mercato dei servizi per l’Open Innovation. Un mercato che vale complessivamente circa 700 milioni di euro. Fra i maggiori player figurano gli Innovation Hub, Innovation Centers, brokers, collectors, reti innovative, Business Angels Networks, parchi scientifico-tecnologici, società di consulenza dedicate, società di venture capital, distretti tecnologici, incubatori e acceleratori e i Venture Builders. Questi ultimi sono di particolare interesse in quanto si tratta di enti che, forte di un approccio seriale e sistematico, sostengono e sviluppano la realizzazione di idee imprenditoriali o soluzioni innovative per conto di una corporate, procedono con attività di consulenza end-to-end per la creazione, sviluppo e lancio di startup o newco.
I Venture Builders rappresentano un trend importante all’interno dell’ecosistema dell’innovazione in Italia. E questo perché si avvalgono di modelli diversi in base al tipo di approccio, sia esso consulenziale o imprenditoriale a seconda della partecipazione o meno nella proprietà della newco. Diverse corporate hanno creato al loro interno unità – di Corporate Venture Builders – il cui scopo è sviluppare in modo seriale e sistematico soluzioni imprenditoriali e soluzioni innovative per la corporate stessa.