«Innovare significa guardare “oltre”, avere capacità di visione a lungo termine per trovare risposte a problemi complessi. Significa immaginazione, coraggio, passione, resilienza». Così Paola Paniccia, professoressa di Economia e gestione delle imprese all’Università di Roma Tor Vergata e Presidente di PNICube, incoraggia i ragazzi e le ragazze, gli studenti e le studentesse universitarie, a osare per disegnare il futuro con i colori delle loro idee, quelle che rompono gli schemi e hanno la forza di trasformarsi in impresa.
Perché l’università è anche una palestra dove misurarsi con la sfida del fare impresa. A questo punta in fondo PNICube, la Rete Nazionale degli Incubatori Universitari e delle Start Cup Competition promossa dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane: promuovere percorsi generativi di imprenditorialità innovativa coinvolgendo ricercatori e studenti.
Un network nato nel 2004. «PNICube nasce sulla scia dell’esperienza positiva sperimentata per la prima volta nel 2003 con il Premio Nazionale Innovazione e del progetto IUNet, finanziato dall’allora Ministero delle Attività Produttive e gestito dall’Associazione Incubatori Universitari, con l’obiettivo di creare una rete di collegamento tra gli incubatori di impresa universitari. E in 20 anni, ha dato vita a una “rete delle reti”, puntando sulla forza della collaborazione per far sì che le tante e buone idee imprenditoriali non restino confinate all’interno dei laboratori di ricerca, fermandosi allo stadio della ricerca applicata. Una formula chiave, quella della rete PNICube, che è stata riconosciuta dall’OCSE come best practice per la sua originale capacità di collegare network locali per l’innovazione e il trasferimento tecnologico, connettendo gli attori chiave in una logica di open innovation».
Oggi PNICube conta 55 associati, rappresentando oltre l’80% degli atenei pubblici italiani, si estende capillarmente coinvolgendo 18 regioni attraverso 17 Start Cup regionali, e coinvolge oltre 300 attori dell’innovazione, tra università, enti di ricerca, imprese, venture capitalist e pubbliche amministrazioni. Un circolo virtuoso, lo definisce Paniccia, sottolineando la «potenza d’urto della ricerca prodotta nelle università e negli enti pubblici di ricerca (EPR)».
Professoressa, venti anni dopo, come è cambiato in Italia, se è cambiato, il coinvolgimento di studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici nella creazione d’impresa?
«È cambiato profondamente, perché è cambiata profondamente l’università. Oggi le università non rappresentano più “torri d’avorio”: accanto alla ricerca e alla didattica, con la terza missione sono sempre più chiamate ad aprirsi al mondo e ad attivare un’interazione continua con tutti gli stakeholder e in primis con gli studenti, in una prospettiva più ampia di impatto sociale, in dialogo costante con le imprese, la pubblica amministrazione e la società civile. Perché la partita del futuro si gioca su questo.
Negli anni, dunque, all’interno delle università sono state ripensate e sono in continua evoluzione le modalità di impegno ed engagement, ma anche le iniziative finalizzate a diffondere una nuova cultura d’impresa e un nuovo modello di innovazione, capace di generare sviluppo sostenibile. Le università riprogettano sistematicamente programmi formativi, attivando corsi di auto imprenditorialità, rafforzando servizi di consulenza e di mentoring, realizzando spazi fisici e laboratori di co-working dedicati ai nostri giovani per stimolare e accelerare lo sviluppo di idee di impresa. Per dare forma alle loro visioni di futuro.
E in questo, PNICube è stata un’antesignana: sin dall’inizio ha dimostrato “sul campo” che la ricerca può incontrare l’industria, offrendo attenzione e sostegno a chi vuole mettersi seriamente in gioco per “fare impresa”. In 20 anni, abbiamo accompagnato diverse migliaia di giovani talenti in un viaggio verso l’imprenditorialità innovativa. Abbiamo dato vita a quasi 1.200 progetti di startup a elevato impatto, molti dei quali a forte potenziale di innovazione deep tech. Nell’ultimo triennio sono state più di 2.300 le idee di impresa innovativa che hanno partecipato alle Start Cup regionali, con un coinvolgimento di circa 6.450 ricercatori e ricercatrici aspiranti imprenditori. Il 70% delle startup innovative generate dal circuito PNICube nell’ultimo triennio vede una significativa presenza di giovani under35».
La Rete persegue la sua missione attraverso due importanti iniziative: il Premio Nazionale per l’innovazione–PNI e l’Italian Master Startup Award-IMSA. In cosa consistono?
«PNI è la più grande e capillare Business Plan Competition in Italia, finalizzata a sostenere, selezionare e premiare ogni anno i migliori progetti di impresa innovativa nei campi “Life Sciences-MED Tech”, “Cleantech & Energy”, “ICT” e “Industrial”, propizi mai come oggi per la qualità della vita. I protagonisti sono ricercatori, ricercatrici e giovani talenti universitari che frequentano avanzati programmi di formazione imprenditoriale e usufruiscono di servizi offerti dalla nostra rete durante tutto il percorso che dalle Start Cup regionali porta alla sfida finale nazionale. Quest’anno il PNI si terrà a Roma, il 5 e il 6 dicembre, e sarà organizzato da PNICube insieme all’Università di Roma Tor Vergata, in collaborazione con le università e gli enti di ricerca della Start Cup Lazio nell’ambito di Rome Technopole, Spoke 2 “Trasferimento tecnologico, nuova imprenditorialità, incubazione e accelerazione di impresa”.
IMSA invece è l’unica competizione su base nazionale che premia dal 2007 le migliori giovani imprese ad alto tasso di innovazione provenienti da università, incubatori associati e dagli EPR del circuito PNICube che, in pochi anni di vita, hanno saputo contraddistinguersi per una brillante performance sul mercato. IMSA 2024 ha rappresentato uno dei principali “eventi collaterali” dell’Italian Tech Week di settembre scorso».
In che modo PNICube promuove e sostiene in particolare il talento imprenditoriale femminile?
«Per PNICube lo sviluppo dell’imprenditorialità femminile è una sfida da affrontare con fermezza e urgenza: le imprese femminili in Italia rappresentano poco più di 1/5 dell’universo produttivo nazionale e tra le startup innovative il 14% è a prevalenza femminile. Un dato incoraggiante proviene dal nostro Osservatorio PNICube: il 20% del totale delle startup innovative generate dalla ricerca nell’ultimo triennio sono al femminile (percentuale, quest’ultima, superiore alla media nazionale). Fare rete è ancora una volta la risposta vincente: per questo promuoviamo partnership e azioni mirate a sviluppare capacità di visione a lungo termine. Iniziative di supporto e di accelerazione, come per esempio quelle promosse da PNICube con Invitalia, a livello regionale e nazionale, sono cruciali. Mi riferisco in particolare al Premio speciale “Imprenditoria Femminile”, riservato alle migliori startup innovative femminili che partecipano al PNI 2024».
Focalizzandoci sull’innovazione nelle scienze della vita, quali iniziative imprenditoriali sono nate grazie a PNICube?
«Sono molti gli esempi che potrei citare, startup che possono fare la differenza all’insegna della sostenibilità. Tutte rappresentate nelle varie edizioni del “Libro delle Idee” che realizziamo ogni anno in occasione del PNI e che pubblichiamo sul sito.
Ne cito alcune. Alba Robot ed Hemera Pharma, focalizzate rispettivamente sui settori Industrial e Life Science-MedTech, che si sono aggiudicate ex aequo il Premio IMSA 2024. Alba Robot è una piattaforma di micro-mobilità indoor e in spazi pedonali che trasforma il trasporto delle persone utilizzando flotte di veicoli autonomi. Hemera Pharma, spinoff dell’Università di Verona e dell’Università di Milano, ha sviluppato una terapia cellulare che si candida a essere la prima al mondo in grado di rigenerare efficacemente i tessuti neurali per il trattamento delle lesioni del midollo spinale. E ancora: BionIT Labs che ha realizzato la prima mano bionica al mondo completamente adattiva, Adam’s Hand; Sense4Med, spinoff dell’Università di Roma Tor Vergata, specializzata nella produzione di sensori intelligenti per laboratori di analisi miniaturizzati su piccole strisce di carta per il settore biomedico, ambientale e della difesa, premiata a IMSA 2023 con la menzione speciale “migliore start-up sostenibile” e “migliore start-up innovativa al femminile”, guidata dalla professoressa Fabiana Arduini, che è nella classifica della Stanford University “World’s 2% Top Scientists”; e SPlastica, che ha realizzato un materiale innovativo altamente sostenibile sostitutivo della plastica a partire da scarti organici e completamente biodegradabile».
Il trasferimento tecnologico è la chiave per riuscire a valorizzare anche economicamente i risultati della ricerca accademica. Cosa fare per riuscire anche in Italia a mettere a terra effettivamente l’innovazione che nasce nei laboratori di ricerca universitari?
«Occorre insistere su due direzioni: “scendere dalla Torre d’avorio” e “uscire dai garage”, mettendo a fattor comune saperi, competenze, energie e risorse. È cioè fondamentale far parlare e far incontrare più mondi, quello dell’accademia, dell’industria, delle istituzioni e della società civile. Perché fare trasferimento tecnologico attraverso la creazione di startup dalla ricerca significa creare un ecosistema credibile che supporti il passaggio dalla ricerca all’impresa come prevede l’OCSE e, a casa nostra, il PNRR.
Noi di PNICube siamo convinti che per valorizzare realmente in senso economico la ricerca (che si fa – e a altissimi livelli – nelle nostre università) occorre scovare nei laboratori di ricerca e portare fuori, dare luce ai tanti progetti ad alto tasso di innovazione in grado di incidere positivamente sulla qualità della vita. Scommettiamo su idee innovative e trasformative dando loro prospettive di sviluppo, facilitando l’accesso a infrastrutture di ricerca avanzata e ai finanziamenti pubblici e privati.
Quindi, il nostro impegno è far sì che queste startup, generate dalla ricerca nell’ambito delle università e degli EPR, incontrino meno ostacoli nel raccogliere fondi e che gli investitori adottino sistemi di valutazione adeguati per comprendere a fondo il valore di queste startup innovative e decidere di investire in esse traendone vantaggio».
E allora professoressa le chiedo un messaggio per gli studenti e le studentesse: perché avventurarsi nella creazione d’impresa?
«Perché ognuno può contribuire a trovare soluzioni per un mondo migliore, più inclusivo e sostenibile. A loro dico: abbiate sempre desiderio di imparare e curiosità. Sviluppate i vostri talenti, arricchite le vostre competenze, non solo tecniche, ma anche valoriali ed etiche. Misuratevi, mettetevi in gioco, proprio nell’università, il luogo più prezioso, la palestra più eccellente per allenarsi a realizzare i vostri sogni».