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Il successo della sanità regionale passa dall’internazionalizzazione

Perché ne stiamo parlando
Il SSN italiano garantisce assistenza sanitaria a tutti secondo i principi di universalità, uguaglianza ed equità. La sfida attuale è quella di mantenere la sostenibilità del sistema, favorendo l’efficienza organizzativa e di rete, senza compromettere la qualità e l’accesso ai servizi.

Cristiano Camponi, Direttore Generale, INMP

Parola d’ordine: gestione. Questo l’ingrediente giusto secondo Cristiano Camponi, Direttore generale Inmp, l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà, che serve ai sistemi sanitari regionali italiani per sfruttare al meglio i progetti messi in campo dall’Europa senza compromettere l’efficacia dei servizi locali.

«Le progettualità sono complesse dal punto di vista della rendicontazione e, prima ancora, dell’ideazione. La Regione siciliana, per esempio, sta lavorando molto bene», sottolinea.

In che senso, direttore Camponi?

«L’assessorato alla Salute ha deciso di inserire un’unità operativa semplice che si occupi di internazionalizzazione. Una scelta importante e robusta che viene tradotta in un momento storico altrettanto illuminato da queste progettualità, penso al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). La grande sfida è questa. Esistono policlinici universitari che hanno dovuto sviluppare determinate skill. Il blocco del turnover che ha funestato per almeno quindici anni la pubblica amministrazione ha rappresentato grosso problema. Fortunatamente, con la ripresa delle assunzioni si è in parte risolto».

Quali sono le sfide tecnologiche più importanti che i servizi sanitari regionali italiani devono affrontare nell’integrare pratiche di sanità globale, per esempio la collaborazione con organizzazioni internazionali e la condivisione di risorse?

«La domanda mette insieme temi direttamente assistenziali come la telemedicina e le altre forme di teleconsulto. Stiamo vivendo un momento storico in cui è difficile reperire i professionisti sanitari e in cui si cerca di fare medicina di iniziativa. Ci sono delle società scientifiche che fanno questo tipo di lavoro, di confrontare le novità sul campo tecnologico e amalgamarle in un sistema organizzativo che sia il più efficiente possibile.

È un’efficienza che guarda all’outcome di salute e alla razionalizzazione, alla cosiddetta efficienza allocativa. L’istituto che dirigo, in particolare quando parliamo di sanità globale, ha come target quello di modellizzare nel modo più efficace la presa in carico dei più vulnerabili, all’interno di una proiezione internazionale. Parliamo dell’Ucraina, dell’Egitto o dell’Albania. Siamo un potenziale ponte per creare questa osmosi di informazione».

Quali sono ad oggi le iniziative messe in campo?

«Grazie al programma nazionale Equità nella Salute stiamo condividendo una serie di progetti con tutte le Regioni sull’accesso in termini di equità degli assistiti, in particolare per i più vulnerabili. La medicina di iniziativa che ho menzionato precedentemente consente di accorciare le distanze e intercettare questo specifico target di popolazione. Mi riferisco alle persone che si trovano in condizioni di povertà assoluta. Secondo i dati ISTAT, nel 2023 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,2 milioni di famiglie (8,4% sul totale delle famiglie residenti, valore stabile rispetto all’anno precedente) e quasi 5,7 milioni di individui (9,7% sul totale degli individui residenti, come nel 2022)».

Come influenzano le politiche sanitarie europee e globali, l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari nelle regioni italiane e quali best practices potrebbero essere adottate in altri paesi per favorire un miglioramento globale dell’assistenza sanitaria?

«Si è aperto un dibattito molto interessante tra le comunità scientifiche e non solo. C’è un confronto inter-istituzionale tra i vari Ministeri della Salute al livello mondiale. Dibattiti e confronti che stanno anche avvenendo su più livelli, dagli operatori sanitari al management alle società scientifiche. Se dovessi parlare di una best practice delle Regioni italiane, mi viene in mente che il nostro è un servizio sanitario nazionale che si informa al più alto modello di solidarietà sociale.

Un sistema che garantisce a tutti assistenza sanitaria secondo la declinazione dei principi di universalità, uguaglianza ed equità, pur tenendo conto della necessità di favorire dinamiche di efficientamento organizzativo e di rete, così da continuare a renderlo sostenibile. È questa la sfida che deve spingerci a mantenere a pieno l’impianto del nostro servizio sanitario universale. Questo aspetto brandizza molto il SSN italiano».

Il sistema sanitario italiano, basato sulla solidarietà sociale, deve affrontare la sfida di integrare le pratiche di sanità globale, come la collaborazione internazionale e la condivisione di risorse, sfruttando al meglio le opportunità offerte dai progetti internazionali e dall’innovazione tecnologica. In questo modo, sarà possibile garantire un’assistenza sanitaria efficiente, equa e sostenibile per tutti, confermando il modello italiano come esempio di best practice a livello globale.

Keypoints

  • Una delle sfide dei sistemi sanitari regionali è adattarsi alle normative internazionali senza compromettere l’efficacia dei servizi locali
  • La gestione dei progetti internazionali è complessa, soprattutto per quanto riguarda la rendicontazione e l’ideazione
  • La Regione Siciliana si distingue per aver istituito un’unità operativa dedicata all’internazionalizzazione, dimostrando un approccio proattivo
  • L’Istituto Nazionale per la Promozione della Salute dei Migranti e per la Lotta alla Povertà si impegna a modellare la presa in carico dei più vulnerabili
  • Il programma nazionale Equità nella Salute promuove progetti volti a garantire l’accesso equo all’assistenza sanitaria
  • Nel 2023 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,2 milioni di famiglie

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