Una lettera aperta senza precedenti, firmata da oltre 1.900 scienziati statunitensi tra cui alcuni dei più importanti nomi della ricerca mondiale e diversi Premi Nobel, lancia un drammatico allarme: la scienza americana è sotto attacco. (Scaricala qui Public Statement on Supporting Science for the Benefit of All Citizens).
Tra i firmatari compaiono figure di spicco come Harvey J. Alter, medico e Premio Nobel per la Medicina 2020 per la scoperta del virus dell’epatite C; Frances H. Arnold, Nobel per la Chimica 2018 per il lavoro sull’evoluzione degli enzimi; Carolyn Bertozzi, Nobel 2022 per la chimica “click” e bio-ortogonale; la fisica e astronoma Andrea Ghez e il suo collega Reinhard Genzel, entrambi premiati nel 2020 per la scoperta del buco nero al centro della Via Lattea; e Jennifer Doudna, Nobel 2020 per lo sviluppo del sistema di editing genomico CRISPR-Cas9.
Un appello trasversale per difendere la libertà scientifica
La lettera, sottoscritta anche da numerosi membri delle prestigiose National Academies of Sciences, Engineering and Medicine (e si leggono diversi nomi di professori emeriti di Yale, Stanford, Harvard), non è un attacco ideologico. I ricercatori precisano di avere opinioni politiche diverse ma di essere uniti nella difesa dell’indipendenza della scienza.
“Vediamo un pericolo reale in questo momento. Stiamo lanciando un SOS per proteggere l’impresa scientifica americana,” scrivono i firmatari. Il documento denuncia un attacco sistemico alla ricerca da parte dell’amministrazione Trump: tagli ai finanziamenti, censure, interferenze politiche nelle università, pressioni sulle agenzie pubbliche e un clima di intimidazione che mette a rischio l’intero ecosistema della scienza.
Tagli massicci e centralizzazione: Kennedy Jr. riorganizza la sanità pubblica
A rendere ancora più grave la situazione è l’annuncio recente del Segretario alla Salute e ai Servizi Umani, Robert F. Kennedy Jr., che la scorsa settimana ha presentato un piano per una ristrutturazione radicale delle agenzie sanitarie federali. Il piano prevede il licenziamento di 10mila dipendenti pubblici, tra cui 3.500 posti alla Food and Drug Administration (Fda), 2.400 al Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), 1.200 al National Institutes of Health (NIH). Non solo. Le funzioni chiave di Fda, Cdc e Nih verranno centralizzate sotto il diretto controllo del Segretario, sollevando preoccupazioni sulla politicizzazione della scienza e sulla perdita di indipendenza tecnica delle agenzie.
L’uscita di Peter Marks scuote la Fda
Tra le prime conseguenze di questa svolta, la dimissione di Peter Marks, capo del Center for Biologics Evaluation and Research (Cber) della Fda, una figura chiave per il progresso biotecnologico americano. Marks è stato il promotore delle approvazioni della prima terapia genica, della prima immunoterapia cellulare per il cancro, e della prima terapia con editing genomico Crispr. “L’uscita di Marks lascia il settore delle terapie avanzate senza il suo principale sostenitore all’interno della Fda,” commentano gli scienziati.
Ricerca sotto pressione: censure e autocensura
Uno degli aspetti più inquietanti della lettera è il clima di paura crescente descritto dai ricercatori. Secondo quanto riportato, numerosi scienziati stanno evitando di usare espressioni come “cambiamento climatico” nelle pubblicazioni, abbandonano studi per evitare ritorsioni, o riscrivono le proposte di finanziamento per evitare il rischio di respingimento. “Il danno alla libertà accademica è già in atto,” sostengono i firmatari.
Il caso Columbia University: 400 milioni di dollari bloccati
Tra gli episodi più gravi, viene citato quello della Columbia University, che ha visto bloccati oltre 400 milioni di dollari in finanziamenti federali. Secondo la lettera, l’amministrazione Trump avrebbe condizionato i fondi all’adozione di specifiche politiche disciplinari interne. La decisione è ora contestata in tribunale dall’American Association of University Professors e dalla American Federation of Teachers.
Me/Cfs: tagli al centro di ricerca guidato da Ian Lipkin
Ancora alla Columbia, il dottor Ian Lipkin aveva da poco presentato uno studio che proponeva l’uso di farmaci esistenti per trattare la sindrome da fatica cronica (Me/Cfs). Pochi giorni dopo, il Nih ha revocato i finanziamenti al suo centro, paralizzando le attività. «Il nostro lavoro è stato interrotto completamente», ha dichiarato Lipkin a Fierce Biotech. Il taglio ammonta a 1,2 milioni di dollari, ma rappresenta anche un segnale: l’intervento sulle linee di finanziamento sembrerebbe colpire selettivamente i ricercatori impegnati in ambiti scientifici “non graditi”.
Un rischio globale: fuga di cervelli e perdita di leadership
L’effetto di questa ondata di pressioni è che sempre più ricercatori, stando alle numerose dichiarazioni comparse in questi giorni, stanno valutando l’idea di trasferirsi all’estero, in particolare in Canada ed Europa.
“Se smantelliamo la nostra impresa scientifica, perderemo il vantaggio che ci ha resi leader mondiali. Altri Paesi ci supereranno su salute, tecnologia, energia, difesa e ambiente”. Un grido d’allarme che risuona (anche oltreoceano) e che, auspicano i firmatari, nessuno può permettersi di ignorare.