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Scopinaro (UNIAMO): “Il nuovo Piano nazionale malattie rare segna un punto di svolta”

Perché ne stiamo parlando
Il Piano Nazionale delle Malattie Rare 2023-2026 scioglierà i nodi di sistema. Queste sono le aspettative di UNIAMO, che riunisce 20 associazioni di malati rari in Italia. Si parte da una organizzazione esistente claudicante e dove le differenze tra Nord e Sud fanno la differenza in termini di aspettative di vita.

Intervista a Annalisa Scopinaro
Annalisa Scopinaro, Presidente di UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare

Annalisa Scopinaro, Presidente dell’Associazione UNIAMO, esprime la sua soddisfazione per il recente annuncio del Piano Nazionale delle Malattie Rare 2023-2026. Il Piano, finanziato con un budget di 50 milioni di euro proveniente dal Fondo Sanitario, sostiene Scopinaro, rappresenta un punto di svolta significativo per la comunità delle persone affette da malattie rare. “La presentazione del piano era doverosa”, afferma la rappresentante di UNIAMO, “e il sottosegretario Gemmato ha contribuito a far comprendere a tutti quali saranno i cambiamenti previsti”.

Scopinaro sottolinea che l’Associazione ha fatto parte del Tavolo che ha redatto il Piano e si aspetta che si assisterà a “piccoli passi verso un cambiamento di sistema, accelerato dalla presenza ora di un piano specifico“. L’11 luglio, il giorno successivo alla presentazione del Piano Nazionale delle malattie rare, l’Associazione UNIAMO con la presidente Scopinaro ha presentato il nono rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia.  “E’ importante presentare questo monitoraggio al presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e alla Ministra della Disabilità, perché crediamo rappresenti uno stimolo per adottare provvedimenti necessari e migliorare la situazione”. Scopinaro sottolinea l’importanza di intervenire qualora i correttivi necessari non vengano attuati.

Con questo piano ci si concentra sui “nodi di sistema”

Molte attività previste nel piano precedente erano state portate avanti anche senza finanziamenti specifici, ricorda Scopinaro. Tra queste attività rientrano la costruzione di una rete completa di centri di competenza, l’implementazione dei Piani Diagnostico-Terapeutici-Assistenziali (PDTA), la fornitura di maggiori informazioni ai pazienti e l’ampliamento del Sistema Nazionale Esenzioni (SNE) a nuove patologie.

L’aspettativa attuale è quella di concentrarsi sempre di più sui nodi di sistema, con l’obiettivo di uniformare l’erogazione dei trattamenti a livello regionale. Attualmente, alcune regioni non possono garantire trattamenti che altre offrono gratuitamente. Per affrontare questa problematica, verrà costituita una commissione dedicata che lavorerà su questi aspetti. Il nuovo Piano Nazionale delle Malattie Rare riconosce anche l’importanza di valutare il danno strutturale ed evolutivo della persona, in modo da supportare le valutazioni dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS)”.

Si parla delle tecniche omiche, ma si deve pensare di inserirle nei LEA

Riguardo alla diagnosi, Scopinaro evidenzia che il Piano si propone di convergere tutte le azioni intraprese per le persone non diagnosticate in un unico programma. Inoltre, si cita l’utilizzo di tecniche omiche per l’analisi del genoma ed esoma, al fine di raggiungere diagnosi più rapide. “Tuttavia tali tecniche non sono ancora incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), nonostante la loro importanza. È quindi necessario inserirle nel sistema sanitario senza attendere troppo. L’ultimo aggiornamento dei LEA è avvenuto sei anni fa. Non possiamo aspettare così tanto”, sostiene.

La ricerca e i nodi sulla privacy

La ricerca sulle malattie rare è un altro ambito trattato nel Piano Nazionale delle malattie rare. Si pone l’attenzione sul rendere prioritari i finanziamenti e sul censimento delle organizzazioni impegnate nella ricerca su queste patologie. “Finalmente si riconosce anche l’importanza di integrare il punto di vista dei pazienti nei processi di ricerca”. Tuttavia, Scopinaro sottolinea che ci sono ancora ostacoli da superare, come le difficoltà legate alla riservatezza sui dati e all’interoperabilità delle informazioni.

Tra esordio della malattia, diagnosi e cura tempi ancora troppo lunghi

Un altro punto affrontato nel Piano riguarda la riduzione dei tempi di latenza tra l’esordio della patologia e la diagnosi, nonché la garanzia di cure adeguate nei luoghi più appropriati.

Nel rapporto Monitorare presentato l’11 luglio si evidenziano ritardi diagnostici di 4 anni in media ed una mancanza di chiarezza nel sistema sanitario che spinge le persone con malattie rare a vagare a lungo prima di trovare i Centri per le Malattie Rare. Inoltre, “l’accesso ai centri di riferimento spesso richiede spostamenti lontani da casa, con conseguenti costi finanziari per le famiglie”, afferma la presidente di UNIAMO. Scopinaro sottolinea la mancanza di supporti economici adeguati per le famiglie con malati rari, che si trovano in una situazione mediamente più precaria rispetto alla media ISTAT. “CI consola che nel Piano è stato inserito il supporto psicologico. Si prevede infatti l’inserimento dello psicologo nel piano di cura, ci auguriamo possa essere davvero disponibile ovunque“.

I trattamenti non farmacologici per le malattie rare

“Attualmente, solo il 5% delle patologie rare ha trattamenti disponibili, creando notevoli difficoltà, soprattutto per le persone con disabilità cognitiva. È stato fondamentale riconoscere, ad esempio, che i trattamenti fisici per le malattie neuromuscolari richiedono cure continue e che tali trattamenti rappresentano un diritto esigibile per i pazienti. Tuttavia”, ammette Scopinaro, “non sarà facile realizzare questo obiettivo, poiché non tutte le strutture sanitarie sono in grado di offrire tali trattamenti“.

Bisogna risolvere il divario tra Nord e Sud

Un’altra disparità evidenziata da Scopinaro riguarda le differenze tra nord e sud Italia in termini di aspettative di vita e probabilità di morte, che risultano essere diverse. In particolare, come riportato nel report 2023 di UNIAMO, la probabilità di morte dei bambini di 5 anni risulta più alta al sud rispetto al Nord. “Al sud si ricevono cure di qualità inferiore, si effettuano meno interventi di prevenzione e diagnosi, e i centri specializzati sono meno numerosi rispetto al nord”.

Terapie avanzate: ritardi non tutta colpa dell’EMA

Si stima che circa 200 nuove terapie avanzate raggiungeranno il mercato nei prossimi 5-7 anni, ma la loro disponibilità dipenderà dai tempi di approvazione dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Queste terapie promettono di migliorare significativamente la qualità della vita delle persone affette da malattie rare. “Tuttavia”, sottolinea Scopinaro, “ci sarà bisogno di specialisti in grado di somministrare tali terapie, e si prevede che le disparità tra il nord e il sud Italia incideranno in maniera negativa”.

La lentezza nell’approvazione delle terapie è un problema che deriva non solo dall’AIFA, ma anche dalle aziende farmaceutiche che talvolta non presentano dossier completi.

Scopinaro enfatizza l’importanza di fornire un’informazione precisa e accurata sulla disponibilità e l’applicabilità di queste terapie, evitando di creare aspettative che potrebbero poi non essere soddisfatte.

Keypoints

  • Secondo la presidente di UNIAMO Scopinaro, il Piano Nazionale delle Malattie Rare 2023-2026 porterà al cambiamento del sistema e scioglierà nodi importanti
  • Il parere è positivo, ma su alcuni aspetti è necessario fare ulteriori passi.
  • Il Piano cita l’utilizzo di tecniche omiche per l’analisi del genoma ed esoma, per raggiungere diagnosi più rapide, che tuttavia non sono nei LEA
  • La probabilità di morte dei bambini di 5 anni risulta più alta al Sud rispetto al Nord, bisogna colmare il divario
  • Ci sono ancora ritardi diagnostici di 4 anni in media e spesso il malato non è indirizzato adeguatamente
  • Serve più informazione a medici ma soprattutto alle famiglie, affinchè non si creino false aspettative

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