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Salvare il SSN: le sfide tra diseguaglianze e innovazione

Perché ne stiamo parlando
Senza una visione strategica a lungo termine e una collaborazione stretta tra pubblico e privato, il SSN rischia di non reggere il futuro. Ma è anche necessario saper affrontare le malattie nel modo giusto.

Salvare il SSN: le sfide tra diseguaglianze e innovazione

Al Festival della Salute di Padova, vari relatori di spicco hanno discusso la crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e hanno presentato diverse soluzioni per affrontare le principali sfide. Dai problemi legati alle diseguaglianze regionali, alla carenza di personale sanitario, fino all’innovazione e al ruolo della collaborazione tra pubblico e privato, si è offerta una visione complessiva delle difficoltà che il sistema sanitario italiano sta affrontando e delle strade per risolverle.

Un esempio rilevante presentato è l’impatto dell’obesità, che coinvolge l’11% della popolazione e costa al SSN oltre 13 miliardi di euro l’anno. I relatori hanno sottolineato come l’obesità sia una malattia multifattoriale che richiede un trattamento adeguato per evitare costi futuri legati a patologie correlate, come il diabete e le malattie cardiovascolari.

Cartabellotta: diseguaglianze e disaffezione

Nino Cartabellotta apre il dibattito spiegando che la pandemia ha fatto emergere problemi del SSN che, prima del 2019, erano percepiti solo dagli addetti ai lavori. «I principi di universalità, uguaglianza ed equità sono stati traditi, soprattutto nelle regioni meridionali e nelle aree interne del Paese, dove l’accesso ai servizi sanitari è limitato», afferma. Cartabellotta pone l’attenzione su due indicatori cruciali: l’aspettativa di vita alla nascita e l’aspettativa di vita in buona salute a 65 anni. «Sebbene l’Italia si collochi sopra la media europea per l’aspettativa di vita, ha registrato un calo negli ultimi anni, scendendo dal quarto al sesto posto in Europa e dal terzo al nono tra i paesi OCSE».

Il vero problema, secondo Cartabellotta, è rappresentato dalle diseguaglianze regionali. «Trento, con un’aspettativa di vita di 84,2 anni, è in testa, mentre la Campania si ferma a 80,9 anni». Le regioni del Sud Italia risultano anche sotto la media nazionale per l’aspettativa di vita in buona salute a 65 anni, il che indica una carenza di servizi sanitari che colpisce soprattutto gli anziani.

Cartabellotta denuncia anche il crescente “slittamento verso il privato”. L’indebolimento del settore pubblico ha aperto la strada al privato, ma «bisogna distinguere tra il privato accreditato, che lavora in sinergia con il SSN, e il ‘privato puro’, che sta guadagnando terreno soprattutto a causa della disaffezione dei professionisti sanitari verso il settore pubblico». Propone la creazione di un fondo sociosanitario nazionale e politiche per l’invecchiamento attivo per affrontare l’aumento della popolazione over 65.

Lorenzin: la dieta forzata del SSN

Beatrice Lorenzin, senatrice PD ed ex Ministro della Salute, descrive il progressivo deterioramento del SSN dovuto ai tagli alla spesa pubblica iniziati con la spending review del 2008. «Il SSN è un organismo denutrito a causa di una dieta forzata: l’attuale legge di bilancio, con una spesa sanitaria pari al 6,05% del PIL, non è sufficiente a garantire un sistema sanitario efficiente», dichiara.

Lorenzin individua due principali fattori di crisi. «Il primo riguarda l’impoverimento delle regioni del Sud Italia, che ha portato a una riduzione dell’accesso alle cure e a un divario crescente rispetto al Nord. Il secondo fattore è la fuga del personale sanitario, che ha ripercussioni drammatiche sulla qualità e disponibilità dei servizi». Lorenzin propone una programmazione sanitaria a lungo termine, sottolineando che «aumentare gli stipendi dei medici e infermieri è necessario, ma non sufficiente. L’Italia deve diventare competitiva a livello internazionale, in grado di attrarre professionisti dall’estero offrendo migliori opportunità di carriera e una qualità della vita più alta».

Rizzuto: ripensare l’accesso a medicina e le specialità mediche

Il professor Rosario Rizzuto, prorettore dell’Università di Padova, affronta il tema dell’accesso alle scuole di medicina e la scelta delle specialità mediche. Attualmente, circa 60.000 giovani si candidano per soli 18.000 posti, rendendo il test d’ingresso estremamente competitivo e stressante. La nuova riforma propone di ammettere tutti gli studenti e di effettuare una selezione basata sui risultati degli esami del primo semestre. «Questa riforma è un ‘enorme stress test’ per le università, che rischia di portare a valutazioni arbitrarie e logistiche difficoltà», afferma. «Inoltre, alcune specialità, come il pronto soccorso e la radioterapia, non sono scelte dai giovani medici perché offrono un basso valore economico o presentano un elevato rischio di cause legali. Per rendere queste specialità più attrattive, è necessario offrire incentivi economici e un maggiore riconoscimento sociale».

Rizzuto insiste sull’importanza dell’innovazione scientifica e tecnologica. L’Italia deve sviluppare e possedere tecnologie avanzate, come la medicina di precisione, per garantire che il SSN resti competitivo e sostenibile nel lungo termine. Per salvare il SSN, è fondamentale non solo risolvere le criticità attuali, ma anche guardare al futuro e investire nell’innovazione.

Collaborazione pubblico-privato: una via per il futuro

Il dibattito si concentra anche su come il settore privato possa contribuire alla sanità pubblica. Angelo Luca, esperto di economia sanitaria e Vicepresidente della Fondazione Ri.MED, sostiene che la sanità pubblica è un “valore etico e sociale” che va preservato, suggerendo che le regioni si concentrino sulla pianificazione strategica e sul controllo, mentre il settore privato si occupi della gestione operativa. Luca sottolinea anche l’importanza di creare hub di ricerca ed eccellenza clinica e di investire nella formazione di competenze per gestire le tecnologie avanzate.

Innovazione e il ruolo del settore privato

Arianna Gregis, Country Division Pharmaceuticals Head Bayer Italia, evidenzia l’importanza dell’innovazione nel settore privato, che può avvicinare il sistema sanitario ai bisogni dei pazienti. Gregis sottolinea come il programma “LIPS”, un’iniziativa di Venture Capital, promuova la collaborazione con università e startup per tradurre le migliori idee in soluzioni terapeutiche concrete. Secondo Gregis, in futuro la collaborazione tra esperti di diversi settori sarà essenziale per migliorare la salute dei cittadini. «In questo modello, il paziente non è solo al centro delle discussioni, ma diventa un membro attivo del processo decisionale», afferma.

Un esempio di collaborazione: malattie rare

Anna Chiara Rossi, VP e General Manager di Alexion, AstraZeneca Rare Disease, porta l’esempio delle malattie rare per dimostrare il successo della collaborazione pubblico-privato. Questa sinergia, spiega Rossi, «può accelerare la diagnosi e garantire l’accesso rapido a farmaci efficaci, affrontando non solo le problematiche terapeutiche ma anche le sfide quotidiane delle famiglie». Rossi auspica che questo modello di collaborazione possa essere esteso anche ad altre aree terapeutiche.

L’equilibrio del modello Veneto-Emiliano

Gilberto Muraro, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, elogia il modello Veneto-Emiliano, dove il privato agisce come stimolo e integrazione, mentre la sanità pubblica rimane al centro e detta la linea. «Questo modello ha dimostrato la sua validità durante la pandemia e dovrebbe continuare a guidare le future collaborazioni tra pubblico e privato», afferma Muraro.

Muraro sottolinea l’importanza di riservare gli ospedali alle acuzie di eccellenza e di potenziare la medicina territoriale e la prevenzione. A livello operativo, evidenzia la necessità di aumentare il numero di infermieri e migliorare l’efficienza nell’uso delle attrezzature sanitarie, spesso sottoutilizzate.

Obesità: un carico crescente per il SSN

Come affrontare diversamente le malattie porta ad un guadagno di salute ed a un risparmio per il SSN? Roberto Vettor, professore ordinario di medicina interna all’Università degli Studi di Padova, porta l’esempio dell’obesità, definita dall’OMS come una malattia. L’obesità coinvolge l’11% della popolazione italiana, con il 34% di persone in sovrappeso, e rappresenta un costo di 13,34 miliardi di euro l’anno, pari al 5% delle spese sanitarie totali e allo 0,8% del PIL. Vettor spiega che l’obesità è una malattia multifattoriale, non solo uno stile di vita, e che il mancato trattamento adeguato porterà inevitabilmente a un aumento dei costi per il SSN a causa delle malattie correlate, come diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro. Elias Khalil, amministratore delegato di Eli Lilly Italia, aggiunge che il 20% degli adolescenti italiani è obeso, un dato preoccupante per il futuro del sistema sanitario. Entrambi sostengono che l’obesità debba essere inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per migliorare la gestione dei pazienti e ridurre i costi futuri.

Keypoints

  • Nino Cartabellotta denuncia la violazione dei principi di universalità ed equità del SSN, soprattutto nelle regioni del Sud Italia
  • Le diseguaglianze regionali in termini di aspettativa di vita e accesso ai servizi sanitari sono uno dei principali problemi del sistema
  • Beatrice Lorenzin evidenzia che i continui tagli alla spesa sanitaria hanno portato il SSN a un livello di “denutrizione” insostenibile
  • La fuga del personale sanitario e l’impoverimento delle regioni meridionali aggravano la crisi della sanità pubblica
  • Rosario Rizzuto sottolinea l’importanza di riformare l’accesso a medicina e migliorare l’attrattività delle specialità mediche meno richieste
  • L’innovazione tecnologica, secondo Rizzuto, è cruciale per mantenere il SSN competitivo e sostenibile nel lungo termine
  • Il dibattito mette in luce la necessità di una maggiore collaborazione tra pubblico e privato per gestire le sfide del SSN
  • L’obesità, che coinvolge l’11% degli italiani, rappresenta un crescente peso economico per il SSN e richiede un trattamento più efficace

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