Innovatività, Genazzani (SIF): «Serve pensiero condiviso su quali farmaci siano davvero game changing»

Cosa dicono Aifa e Sif della stretta di Trump sui farmaci

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Cristina Bellon

Perché ne stiamo parlando
La decisione di Trump di abbattere i prezzi dei farmaci negli USA sposta l’equilibrio globale, colpendo direttamente mercati strategici come quello italiano.

L’industria farmaceutica italiana guarda con preoccupazione alla stretta di Trump: nel 2024 il settore ha generato 56 miliardi di euro, con il 95% della produzione destinata all’export. Gli Stati Uniti, da soli, valgono 10 miliardi, un sesto delle nostre vendite all’estero. Negli ultimi dieci anni, l’export verso gli USA è decuplicato, crescendo del 25% solo nell’ultimo anno. Un legame stretto che ora rischia di trasformarsi in vulnerabilità.

Nisticò, AIFA: «Governare la spesa premiando l’innovazione vera»

Robert Nisticò, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), ha commentato così la mossa americana: «I più alti prezzi dei medicinali negli Stati Uniti, denunciati dal presidente Trump, sono il risultato di un sistema interamente privatizzato che contribuisce ad aumentare tutte le voci di spesa sanitaria. Al contrario, il nostro Servizio sanitario nazionale, anche grazie al lavoro dell’AIFA, riesce a ottenere per i farmaci prezzi tra i più favorevoli tra i Paesi OCSE».

Ma l’allarme riguarda anche l’Italia: «Non possiamo ignorare che anche da noi la spesa farmaceutica è in costante crescita. È dunque necessario intervenire sulla governance, individuando strumenti che consentano di premiare esclusivamente l’innovazione autentica, quella capace di dimostrare con dati reali un beneficio terapeutico concreto per i cittadini».

Genazzani (SIF): «Dichiarazione di intenti, ma i dettagli faranno la differenza»

Armando Genazzani, docente di Scienza e Tecnologia del Farmaco all’Università di Torino e presidente della Società Italiana di Farmacologia (SIF), offre una lettura pragmatica: «È solo una dichiarazione di intenti sul fatto che la spesa pubblica per i farmaci negli Stati Uniti è molto elevata, soprattutto per Medicare e Medicaid. Ma la maggior parte della spesa è privata e noi non conosciamo i veri prezzi pagati dalle assicurazioni americane».

Secondo Genazzani, il concetto di benchmarking con altri Paesi non è una novità: «Italia, Germania e Francia lo fanno da sempre. È ragionevole che anche gli Stati Uniti vogliano farlo. Il problema è capire a quali prezzi si vogliono riferire: ai prezzi lordi, su cui il mondo è più o meno allineato, o ai prezzi netti, che sono opachi e nascosti?».

La questione non è solo tecnica, ma strategica: «Una riduzione della redditività negli Stati Uniti porterà a una contrazione degli investimenti. Già oggi il settore pharma sta soffrendo in Borsa. Le aziende dovranno gestire in modo più attento la differenza tra prezzo pubblico e prezzo effettivo praticato ai servizi sanitari o alle assicurazioni, perché questa dinamica di trasparenza sarà cruciale».

Infine, Genazzani avverte: «Al momento, resta tutto da chiarire. La gestione dei prezzi nel farmaco è un gioco di sconti, payback e prezzi volume molto complesso. Quindi, come Trump intenderà declinare questa operazione di benchmarking resta un enorme punto interrogativo».

 

Foto: Università di Torino

Keypoints

  • L’ordine esecutivo di Trump punta a ridurre i prezzi dei farmaci negli USA fino al 90%, allineandoli ai valori più bassi praticati all’estero
  • L’Italia, con 10 miliardi di export farmaceutico verso gli USA, rischia forti ripercussioni economiche
  • AIFA sottolinea la necessità di governare la spesa premiando solo l’innovazione con beneficio clinico reale
  • Genazzani (SIF) avverte: “Senza trasparenza sui veri prezzi, l’impatto reale resta incerto. Ma gli investimenti rischiano di calare”
  • Le aziende dovranno rivedere i propri modelli di business e pricing per restare competitive in uno scenario globale sempre più esigente

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