AI ACT e start up: per alcuni un binario per correre più veloci, per altri un freno all’innovazione

AI ACT e start up: per alcuni un binario per correre più veloci, per altri un freno all’innovazione

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Michela Moretti

Perché ne stiamo parlando
L’AI ACT è una buona o cattiva notizia per le start up? Una domanda che divide. Alcuni esperti credono che possa aprire opportunità, come lo sviluppo etico e i sandbox. Ma persiste il timore che non svincoli l’Europa dai modelli dominanti di IA, penalizzando proprio le piccole imprese.

Il tema continua a dividere gli esperti.
Cecilia Bonefeld-Dahl di Digital Europe teme eccessivi oneri di conformità. Al contrario, i ricercatori dell’Osservatorio AI del Politecnico di Milano vedono opportunità per le start up nell’etica e nelle nuove imprenditorialità che potrebbero emergere. Le preoccupazioni riguardano il possibile rallentamento dell’innovazione che potrebbe comportare questo regolamento. Per altri, ci sono opportunità di testing, come le sandbox, che invece potrebbero fare la differenza nello sviluppo di IA e nella riduzione del rischio. In tutto questo, i big tech internazionali che già usano IA e la stanno diffondendo sul mercato, richiedono un adeguamento alla normativa, adeguamento potenzialmente costoso per start up e PMI.

I nuovi adempimenti metterebbero dunque a rischio le start up?

L’AI ACT metterebbe a dura prova le imprese più piccole dell’UE. L’allarme era arrivato direttamente da Cecilia Bonefeld-Dahl, direttore generale di Digital Europe (l’associazione di categoria che rappresenta le industrie che si stanno trasformando digitalmente), che rappresenta le industrie in piena trasformazione digitale. La nuova normativa, seppur importante per la sicurezza e la tutela dei cittadini, rischierebbe di soffocare le giovani realtà imprenditoriali con eccessivi oneri di conformità. Non la vedono in questo modo i ricercatori dell’Osservatorio del Politecnico di Milano dedicato all’Artificial Intelligence.

“L’AI Act apre almeno due opportunità per le start up che è opportuno sottolineare”, spiega Carlo Negri, ricercatore senior dell’Osservatorio AI. “La prima è legata al concetto di eticità delle soluzioni: quelle aziende che riusciranno per prime a sviluppare soluzioni etiche potranno avere un vantaggio competitivo sul mercato. E in quanto a reattività sappiamo bene che le start up sono un soggetto agile per eccellenza. La seconda è legata allo spazio per nuove forme di imprenditorialità: ci si aspetta infatti che nasceranno aziende consulenziali specifiche in ambito etico, nonché si parla di test e certificati di eticità che potranno essere un business emergente per nuove realtà imprenditoriali”.

Sulla stessa linea è Cesare Furlanello, CEO della startup HK3 Lab, che si occupa di modelli di IA per la salute. “Noi lo vediamo come un momento importante che apre la porta ad opportunità, ad esempio per costruire una linea di sviluppo imprenditoriale seria. Il regolamento sull’Intelligenza Artificiale prevede una limitazione dei costi per le startup. Sono previste molte misure di accompagnamento, sono stati allocati fondi molto importanti e sarà responsabilità delle startup fare in modo di poter sfruttare queste possibilità”.

Un freno all’innovazione europea?

In un’intervista svolta da Digital Europe alle start up e PMI del settore, sono emersi alcuni punti di preoccupazione tra le start-up e le PMI dell’UE riguardo al possibile rallentamento dell’innovazione, agli investimenti e alla quota di mercato delle aziende del Vecchio Continente. La scarsa interpretazione operativa e la comprensione delle categorie di rischio lascerebbero spazio a incertezze. L’AI ACT, se non implementato con prudenza, potrebbe scoraggiare gli investitori internazionali e limitare la capacità di utilizzare modelli di intelligenza artificiale ad alto rischio in Europa.

Una posizione non condivisa dal ricercatore dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico: “L’AI ACT introduce una serie di limitazioni solo per un numero ridotto di soluzioni di intelligenza artificiale, quelle a rischio elevato, mentre per le altre è richiesto un adeguamento simile a quanto registrato con il GDPR. E se osserviamo quanto accaduto con il GDPR come un indicatore di ciò che potrà accadere per le startup italiane, i dati relativi alle startup hi-tech italiane negli ultimi anni dall’introduzione del GDPR sono positivi: si è ad esempio assistito ad una costante crescita dei finanziamenti in equity, segnale che la loro innovazione non si è fermata”.

Anche il CEO della startup HK3 Lab non vede incertezze nella classificazione dell’AI Act, ma un tentativo valido di fare chiarezza e fornire indicazioni precise alle imprese. “Riteniamo che l’approccio sia stato ragionevole, identificando l’alto rischio come perno attorno cui impostare il regolamento. Chi come noi lavora nel settore della medicina è sempre fortemente preoccupato dai processi di certificazione dei dispositivi medici. L’AI Act sembra aggiungere oneri e naturalmente ci sarà un impatto nel nostro modo di lavorare, ma in realtà le richieste sono meno complesse rispetto ai meccanismi di certificazione attuali, a cui siamo abituati. L’AI Act è certamente un binario, su cui si va più veloci, c’è più certezza di quello che può succedere. Le startup sono sempre preoccupate che arrivino freni imprevisti. Con l’AI ACT c’è finalmente una chiara direzione riguardo ciò su cui verremo controllati”.

Sia Carlo Negrisia Cesare Furlanello sottolineano il valore e le opportunità dei cosiddetti sandbox. “L’Intelligenza Artificiale prevede programmi di sviluppo e test di nuovi prodotti e servizi”, spiega il ricercatore del Politecnico di Milano. “Chiamati sandbox, sono ambienti controllati disponibili anche e soprattutto a startup e PMI per lo sviluppo di sistemi di IA. Grazie ad un rapporto stretto con i regolatori tali ambienti possono aiutare le imprese a ridurre il rischio di fallimento e a migliorare le loro possibilità di successo. Per i regolatori, le sandbox possono fornire un modo per monitorare l’evoluzione dell’intelligenza artificiale e per identificare e mitigare i potenziali rischi associati a questa tecnologia”.

“Nessuno ha veramente approfondito questo tema”, ammette Furlanello, “ma il sandbox è vicino alle migliori metodologie di test di verifica di software o algoritmi perché permette di validare un sistema prima di applicarlo. Ci aspettiamo che questo sia un ambito di grande sviluppo.”

Ma sarà l’AI ACT la vera chiave per liberare l’Europa e le aziende europee da modelli preponderanti nel campo dell’IA?

La dipendenza dell’Europa da modelli stranieri già dominanti per qualcuno è un punto di preoccupazione, poiché potrebbe limitare l’opportunità per le startup europee di emergere e crescere nel mercato dell’IA. Inoltre, il fatto che i grandi attori internazionali chiedano uno stretto adeguamento alla normativa potrebbe porre un peso maggiore sulle startup e le aziende più piccole, poiché l’adempimento alle nuove regole potrebbe comportare costi aggiuntivi significativi. Questo potrebbe mettere a rischio la competitività delle startup, specialmente considerando che dispongono spesso di risorse finanziarie limitate.

Roberto Reale, advisor dell’Agenzia per l’Italia Digitale, sostiene che l’impatto dell’AI Act sui grandi attori internazionali sarà contenuto. “Mentre quattro anni fa l’IA era quasi esclusivamente applicata nei centri di ricerca, adesso abbiamo 3-4 grandi attori internazionali che offriranno al mercato la possibilità di utilizzare questi modelli come fino ad adesso abbiamo utilizzato i motori di ricerca. L’impatto dell’AI sarà abbastanza contenuto su questi grandi attori”. Al contrario, afferma Reale, le iniziative europee rischiano di non scalfire la supremazia dei modelli stranieri già dominanti, lasciando l’Europa ancora dipendente dall’esterno. E sono proprio questi big a chiedere uno stretto adeguamento alla normativa. “Le richieste di maggiore adempimento provengono soprattutto dai giganti dell’industria. “Per le start up ricordiamo che tale adeguamento comporta un costo più alto”.

L’auspicio, quindi, è che la normativa trovi un equilibrio tra sicurezza e stimolo all’innovazione per garantire il successo delle start-up e la crescita dell’intero continente nell’era dell’Intelligenza Artificiale.

Keypoints

  • C’è una divergenza di opinioni sulla potenziale minaccia all’innovazione europea dovuta all’AI ACT
  • Alcuni temono un rallentamento e un ostacolo agli investimenti, altri credono che la normativa potrebbe stimolare l’innovazione
  • L’impatto dell’AI ACT sui grandi attori internazionali sarà abbastanza contenuto
  • L’AI ACT introduce oneri di adeguamento, soprattutto per le piccole imprese, e secondo alcuni potrebbe rappresentare un ostacolo per la loro crescita e competitività
  • Per gli ottimisti, l’AI ACT è una possibilità di aprire nuove opportunità per le start up, specialmente nell’ambito dell’eticità delle soluzioni e dello sviluppo di nuove forme di imprenditorialità

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