C’è tanta determinazione ed entusiasmo e la voglia di fare la differenza a beneficio della salute delle persone nel team di Diamante.
Valentina Garonzi è CEO di Diamante, azienda biotecnologica impegnata nello sviluppo di un nuovo approccio terapeutico per le malattie autoimmuni. Laurea in economia aziendale e master in Executive Management, guida l’azienda nata come spin-off dell’Università di Verona che punta a rieducare il sistema immunitario al fine di bloccare la risposta autoimmune, senza comprometterne la capacità di proteggere il nostro organismo.
Quale percorso vi ha portato alla fondazione di Diamante?
«Diamante nasce dall’intuizione di Linda Avesani, ricercatrice nel campo dell’agricoltura molecolare e docente di Genetica agraria nel dipartimento di Biotecnologie dell’ateneo veronese. Dalla sua idea di usare le piante per produrre composti per sviluppare nuovi sistemi terapeutici e diagnostici per le malattie autoimmuni. La sua volontà di “pensare fuori dagli schemi” ha incontrato l’entusiasmo di Roberta Zampieri, biotecnologa che Linda ha invitato a partecipare a un progetto di ricerca pionieristico che ha ottenuto ottimi risultati scientifici. Loro, scienziate, mi hanno coinvolto per la valutazione della sostenibilità economico-finanziaria del progetto. L’unione delle nostre competenze ci ha portato a esplorare la prospettiva imprenditoriale. E così nel 2016 abbiamo fondato Diamante, trasformando il progetto accademico in una PMI innovativa. Abbiamo partecipato a diverse business competition ottenendo ottimi riscontri da parte degli investitori».
Si riferisce a fondi privati?
«Sì, hanno creduto in noi Fondazione Golinelli, Elena Lanati, Angels4Women e Arieli Capital, ma non solo. Ci siamo aggiudicate importanti bandi nazionali ed europei. La prima fonte di finanziamento di Diamante è stato un bando regionale del Veneto e poi un progetto europeo che ci ha permesso di finanziare il primo step dell’attività di ricerca. Poi è stato determinante l’investimento seed di Fondazione Golinelli a cui è seguito il supporto di Angels4Women ed Elena Lanati e del fondo di Venture Capital statunitense Arieli Capital».
Quali malattie autoimmuni sono il vostro target?
«Innanzitutto stiamo lavorando allo sviluppo di un nuovo farmaco per l’artrite reumatoide, ma stiamo avviando diverse linee di ricerca anche su altre malattie. Ci occupiamo di ricerca e sviluppo in ambito farmaceutico e abbiamo sviluppato una tecnologia innovativa per lo sviluppo di molecole terapeutiche basato sulle piante come biofabbriche».
Innovativa perché?
«La nostra tecnologia è innovativa per due aspetti in particolare: per l’approccio terapeutico e per il sistema di produzione. Il nostro approccio non si basa sull’immunosoppressione, meccanismo usato dai farmaci oggi in commercio per le malattie autoimmuni che agiscono sui sintomi andando a bloccare la funzionalità del sistema immunitario compromettendone la possibilità di proteggerci anche da altro. Noi proponiamo una rieducazione del sistema immunitario: di fatto lo educhiamo a tollerare la proteina che viene attaccata a causa della risposta immunitaria errata che si attiva in presenza della malattia autoimmune. In altre parole, non agiamo sui sintomi ma blocchiamo sul nascere la malattia».
E a che punto siete?
«Siamo riuscite a dimostrare l’efficacia del nostro farmaco per l’artrite reumatoide in studi preclinici su modelli animali. E abbiamo creato una nuova facility: si tratta di un progetto pionieristico, un sistema di produzione innovativo plant-based. Usiamo le piante come delle biofabbriche per produrre proteine terapeutiche. Partiamo dalla coltivazione della pianta fino alla produzione ed estrazione di proteine terapeutiche dalle foglie. Ora stiamo lavorando per ottenere la certificazione da AIFA. Negli anni siamo cresciute e ora Diamante è una PMI innovativa: stiamo rafforzando la nostra struttura con nuove assunzioni e la nomina di advisors con profilo internazionale che ci supportano nelle fasi cruciali dell’attività di ricerca e sviluppo».