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World Health Forum Veneto: Mauro Giacca (King’s College London), Italia deve rafforzare l’ecosistema dell’innovazione Life science

Perché ne stiamo parlando
Mauro Giacca, Head of the School of Cardiovascular and Metabolic Medicine & Sciences del King’s College London, ha chiuso con la sua lectio il programma del World Health Forum Veneto. Nel suo intervento ha evidenziato la necessità di potenziare la capacità di trasferimento tecnologico in Italia.

World Health Forum Veneto: Mauro Giacca (King's College London), Italia deve rafforzare l’ecosistema dell’innovazione Life science
Mauro Giacca, Head of the School of Cardiovascular and Metabolic Medicine & Sciences, King's College London

La strada dello sviluppo di nuovi farmaci è ormai chiara e l’Italia deve puntare a creare un ecosistema dell’innovazione che riesca a trasferire al mercato, quindi a portare nella pratica clinica, i risultati della ricerca. Questo il messaggio della lectio di Mauro Giacca (La ricerca oltre i confini nazionali: avventure e segreti) con cui si è chiuso, sabato scorso, il World Health Forum Veneto. Quattro giornate di confronto e dibattiti per fare il punto sul presente e il futuro delle scienze mediche e delle tecnologie che possono migliorare la vita della popolazione globale.

Mauro Giacca è Head of the School of Cardiovascular and Metabolic Medicine & Sciences del King’s College London e componente dello Scientific Advisory Board del Veneto Institute of Molecular Medicine (VIMM). Già Direttore Generale (dal 2014 al 2019) dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) e Docente di Biologia Molecolare all’Università di Trieste, Giacca ha evidenziato come sia cambiato negli anni il modello di sviluppo di nuovi farmaci. Un modello che richiede all’Italia di investire nella cultura dell’innovazione per far sì che si possa creare valore economico dalla ricerca accademica, attraverso brevetti e investimenti in startup biotech.

Parola chiave: trasferimento tecnologico.

Innovation gap

“Verso la fine degli anni 90 e all’inizio degli anni duemila c’è stato un grosso gap nella capacità di produrre farmaci. Nonostante gli investimenti delle imprese farmaceutiche siano lievitati, il numero di farmaci approvati da FDA e EMA è diminuito. Gli analisti definiscono tutto questo “Innovation gap”: un gap cioè tra investimento e capacità di produrre nuovi prodotti”.

Il motivo? “In un secolo abbiamo guadagnato 35 anni di vita media e l’avanzamento di età della popolazione ha fatto sì che le malattie prevalenti oggi siano le malattie degenerative: scompenso cardiaco, demenze, degenerazioni retiniche, perdita dell’udito, perdita delle cellule beta (diabete), ecc. Malattie che difficilmente possono essere trattate con piccoli molecole chimiche tradizionalmente sviluppate e prodotte dalle aziende farmaceutiche: molecole che vanno bene se bisogna inibire un enzima, bloccare una funzione, ma che non riescono a innescare un importante processo biologico”.

In questo scenario si inserisce lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche grazie alle biotecnologie, che offrono la possibilità di affrontare le malattie degenerative, come le malattie cardiovascolari, attraverso lo sviluppo di farmaci biologici: proteine, come per esempio fattori di crescita o anticorpi monoclonali, RNA, cellule e tessuti.

Nel corso della sua lectio al World Health Forum Veneto, Giacca ha ricordato dunque come l’avvento delle biotecnologie abbia non solo offerto nuove opportunità terapeutiche ma anche cambiato il modello di sviluppo di nuove terapie.

“Dalla scoperta della struttura del DNA (risale al 1952 la famosa fotografia 51 del DNA di Rosalind Franklin, e al 1953 la pubblicazione su Nature del lavoro di Watson e Crick) sono passati 70 anni”. Sono passati 70 anni dunque dalla scoperta del DNA quale molecola che contiene l’informazione genetica degli esseri viventi. “Scoperta che ha radicalmente cambiato la storia della biologia e della medicina”.

“Negli anni 70, in California, a Stanford, nascono infatti le tecnologie del DNA ricombinante e l’ingegneria genetica. Nel 1982 il primo farmaco ricombinante, l’insulina, e contemporaneamente, a Cambridge, nascono con César Milstein gli anticorpi monoclonali”. È questo l’avvento delle prime biotecnologie.

“Da allora sono stati sviluppati più di 350 farmaci (anticorpi monoclonali o proteine ricombinanti) che, progressivamente, hanno riempito quel gap”.

Dall’insulina alle nuove biotecnologie

“Oggi ci sono le nuove biotecnologie: terapie avanzate con vettori virali, RNA, con cellule e tessuti che possono offrire opportunità terapeutiche non solo per le malattie degenerative ma anche per i tumori”.

Mauro Giacca ha ricordato infatti che “il grande passo in avanti nell’oncologia è stato fatto prima con gli anticorpi monoclonali per i checkpoint immunitari e poi manipolando il sistema immunitario stesso con i linfociti TIL prelevati dai tumori (lo scorso febbraio la FDA ha approvato la prima terapia cellulare TIL per il melanoma) e con le cellule Car-T per diverse leucemie e linfomi”.

“Ebbene, mentre le piccole molecole le sviluppavano le compagnie farmaceutiche nelle proprie unità R&D, facendo screening di library di milioni di composti chimici, le nuove biotecnologie nascono nei laboratori universitari”.

L’innovazione nasce nei laboratori universitari

Così Mauro Giacca ha illustrato il nuovo paradigma dello sviluppo dei farmaci. “Il ricercatore universitario fa la scoperta, trova un bersaglio, costruisce un vettore virale: scopre o sviluppa qualcosa di innovativo; l’università brevetta la scoperta; il venture capital investe finanziando la nascita di una startup; l’università, in cambio della cessione della licenza esclusiva del brevetto, acquisisce una quota della startup (di solito dell’ordine del 20-30%) e la startup comincia a sviluppare la nuova terapia”.

Sviluppo che è molto oneroso. “Per avere una proof of concept di una nuova terapia, per avere cioè l’evidenza che funzioni in un modello animale, bisogna affrontare un costo non inferiore a 4-5 milioni; poi per arrivare a una fase clinica piccola ci vogliono altri 10-15 milioni e per arrivare alla fase clinica più estesa ce ne vogliono altri 80-100. Tutto questo è a carico di investitori privati”.

Per procedere dunque alla sperimentazione della terapia che ne possa provare l’efficacia e la sicurezza anche sugli esseri umani, la startup ha bisogno di finanziamenti via via più robusti. “Se la terapia funziona, la startup suscita l’interesse di un grande gruppo farmaceutico, che compra il pacchetto e fa poi commercializzazione e marketing”.

Seguendo questo modello, che procura un ritorno economico a tutti gli attori della filiera (università, startup, VC, aziende farmaceutiche), nel corso degli ultimi venti anni, sono arrivate ai pazienti una parte significativa di nuove terapie: “Anticorpi monoclonali per le malattie reumatiche e i tumori e terapie geniche per alcune malattie ereditarie provengono da scoperte accademiche attraverso questo iter codificato”.

Trasferimento tecnologico in Italia

Nota dolente: l’Italia non è indietro nella ricerca, lo è invece nel trasferimento tecnologico. Che fare?

“Dal punto di vista dell’innovazione non abbiamo da invidiare niente a nessuno al mondo” ha detto chiaramente Giacca. “Ma in Italia bisogna costruire reti di conoscenze per creare ricadute dall’innovazione che nasce nei laboratori di ricerca”.

Secondo Giacca, non si tratta tanto di creare alleanze tra scienza, ricerca e industria farmaceutica, quanto soprattutto dotare le università e i centri di ricerca di quelle competenze indispensabili per il technology transfer. “In Italia il trasferimento tecnologico stenta a decollare non perché i ricercatori siano meno bravi: i ricercatori sono bravissimi a fare quello che devono fare, ricerca appunto. Sono i Technology Transfer Office delle università che devono occuparsi della valutazione della brevettabilità, della freedom to operate del brevetto, che devono riuscire a suscitare l’interesse degli investitori, ecc.”.

“Le università, dunque, devono reclutare personale con alte competenze: persone che abbiano un solido background scientifico per capire cosa avviene nei laboratori di ricerca, identificare cosa è interessante, da brevettare, e quello che invece non ha spazio applicativo, e conosca il mondo del business e degli investitori”.

In altre parole, anche gli uffici di trasferimento tecnologico delle università italiane, come avviene nei paesi anglosassoni, devono avere uno staff costituito da “persone con PhD in medicina o biotecnologie e un master in business administration (MBA), per poter fare da tramite tra i laboratori e gli investitori privati”. È fondamentale, ha detto Giacca, che gli uffici di trasferimento tecnologico delle università abbiano una fitta rete di contatti con investitori in Europa, Stati Uniti e Asia.

“In Italia – ha concluso – l’ecosistema deve crescere. Consolidarsi. Perché questo fa la differenza”.

Startup per lo sviluppo di nuovi farmaci per il cuore

Inventore in tre brevetti frutto dell’attività di ricerca avviata all’ICGEB di Trieste prima di trasferirsi al King’s College, Giacca stesso, una volta a Londra, grazie al supporto dell’ateneo britannico, ha fondato la startup Heqet Therapeutics, che è riuscita a chiudere un round di Serie A da 6,6 milioni di sterline (8 milioni di euro), guidato da Claris Ventures SGR e 2Invest. “La startup sta lavorando nel campo della medicina rigenerativa allo sviluppo di una terapia con piccoli microRNA veicolati con nanoparticelle lipidiche – la stessa tecnologia usata da Pfizer e Moderna per i vaccini Covid – per stimolare la proliferazione delle cellule contrattili cardiache” ha illustrato Giacca.

Giacca ha fondato anche uno spin-off dell’ICGEB: Forcefield Therapeutics, che ha sviluppato una proteina ricombinante per bloccare la morte dei cardiomiociti in caso di infarto. “Anche in questo caso, il round di finanziamento raccolto servirà a completare gli studi preclinici e far avanzare la terapia verso le sperimentazioni cliniche”.

Keypoints

  • Dal 20 al 23 marzo Padova ha ospitato il World Health Forum Veneto
  • Mauro Giacca, Head of the School of Cardiovascular and Metabolic Medicine & Sciences del King’s College London e componente dello Scientific Advisory Board del Veneto Institute of Molecular Medicine (VIMM), ha chiuso con la sua lectio il programma delle quattro giornate
  • Dalla scoperta della struttura del DNA allo sviluppo di farmaci biologici, Giacca ha illustrato come è cambiato nel tempo il modello di sviluppo di nuove terapie
  • L’innovazione nasce nei laboratori di ricerca accademici, ha detto
  • È importante che gli uffici di trasferimento tecnologico delle università e dei centri di ricerca siano attrezzati con personale qualificato per supportare l’innovazione e creare valore dalla ricerca accademica
  • Mauro Giacca ha fondato le startup Heqet Therapeutics e Forcefield Therapeutics impegnate nello sviluppo di nuovi farmaci per il cuore

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