Se il ruolo del microbiota intestinale (l’insieme di microrganismi e batteri che si trovano all’interno del nostro intestino) per il benessere intestinale e immunitario è ormai noto, così com’è diffuso il ricorso a probiotici per riequilibrarlo, la nuova frontiera è rappresentata dai postbiotici, composti che derivano dalla fermentazione di matrici alimentari da parte di batteri probiotici.
Maria Rescigno, professoressa ordinaria di Patologia generale e Prorettore alla ricerca alla Humanitas University di Pieve Emanuele (Mi), una delle scienziate più autorevoli nello studio del microbiota, ha evidenziato i grandi benefici dei postbiotici a livello gastro-intestinale e non solo (ne avevamo parlato qui: https://www.innlifes.com/stakeholder/maria-rescigno-microbiota/).
Per questo motivo insieme al ricercatore Giuseppe Penna nel 2016 ha fondato la startup Postbiotica (oggi Pmi innovativa), che ha sede presso l’Humanitas University e che l’anno scorso ha lanciato una linea di integratori alimentari. Abbiamo intervistato Katia Valerio, amministratrice delegata della società .
Probiotici e postbiotici: ci aiuta a fare chiarezza tra questi due termini?
«I probiotici (principalmente batteri e lieviti) sono alcuni dei microrganismi presenti all’interno del microbiota intestinale, comunemente conosciuto come flora batterica. I postbiotici derivano dai probiotici: sono infatti il risultato della fermentazione di matrici alimentari da parte di batteri probiotici. Senza probiotici, insomma, non esisterebbero i postbiotici».
Qual è stata la scoperta della professoressa Rescigno?
«Dagli studi sul microbioma, che conduce da moltissimi anni, prima in Uk, poi in Statale e infine allo IEO, la professoressa ha scoperto che all’interno dell’intestino ci sono dei batteri che hanno caratteristiche funzionali positive, e che queste caratteristiche risiedono non nel batterio stesso ma nella sua attività metabolica. Da qui la sua tecnologia, che è stata brevettata con il nome PBTech®».
In che cosa consiste?
«Rescigno ha isolato questi batteri, che sono di un determinato ceppo probiotico (Lactobacillus paracasei), e i metaboliti rilasciati nel processo di fermentazione, che avviene su una matrice alimentare. Inoltre durante questo processo di estrazione ha trovato il modo di eliminare i batteri (sia vivi che morti), rendendo così i postbiotici più stabili e sicuri».
Perché i postbiotici sono importanti?
«Sono un potente antinfiammatorio, e contribuiscono a rinforzare la barriera intestinale, limitando la traslocazione di batteri e altri prodotti nocivi nell’intestino. Le problematiche più comuni di un intestino non in equilibrio sono stipsi e diarrea, ma una cronicizzazione di questo problema può comportare conseguenze anche su altre parti del corpo, come gli occhi (sindrome dell’occhio secco), la pelle (dermatite, dermatite topica, psoriasi…), fino a malattie neurodegenerative, perché il microbiota interagisce con il sistema nervoso tramite l’asse intestino-cervello. Infine regolano anche la risposta immunitaria, tanto che stiamo portando avanti studi sui postbiotici anche in ambito tumorale».
Com’è nata la startup Postbiotica?
«La startup è stata fondata inizialmente per proteggere la proprietà intellettuale. I primi anni di vita della startup sono stati dedicati alla ricerca, poi, nel marzo 2021, ha ricevuto un importante investimento da parte di Syrio Spa, investitore nel campo food-tech. Dall’anno scorso siamo entrati sul mercato».
 In che cosa consiste il vostro business?
«Abbiamo una linea di cinque integratori alimentari (quattro per le problematiche gastro-intestinali e uno per le difese immunitarie) che vendiamo in farmacia e online. Ma il probiotico è a tutti gli effetti una materia prima declinabile in diversi ambiti, dalla dermatologia alla ginecologia, lo vendiamo alle aziende che ne vogliano fare uso».
Il mercato degli integratori alimentari è in crescita?
«Sì, e non solo in Italia, dove nel 2024 valeva 5,2 miliardi di euro (+5,5% dal 2023), ma anche a livello europeo e mondiale. A trainare la crescita in Europa, è proprio l’Italia insieme alla Germania. C’è un’attenzione crescente verso la salute e il benessere, la longevità . E a limitare l’uso dei farmaci a vantaggio di uno stile di vita sano e di una corretta alimentazione. Gli integratori intervengono proprio in questo contesto. Recenti studi dimostrano la loro importanza anche in ottica di prevenzione».
Quali sono i problemi che sta affrontando la startup?
«Le problematiche maggiori riguardano le risorse umane. C’è carenza di profili specialistici (chimici farmacisti, biologi, biotecnologi) e, com’è noto, molti giovani vanno all’estero. Inoltre entrare in una startup rispetto a una grande azienda spesso spaventa, perché si è ancora legati al concetto che sia un posto meno solido dove lavorare, c’è poca propensione al rischio».
Qual è il messaggio che vuole lanciare ai giovani?
«Guardate alla solidità scientifica di un’azienda invece che al fatturato. Guardate al valore che può generare. E a quello che si può imparare al suo interno. In una startup si ha la possibilità di vedere l’intero ciclo di vita di un prodotto».