«Il Venture Capitalist ha il compito di identificare opportunità e persone su cui puntare, supportandole sia finanziariamente che strategicamente, per accelerare l’innovazione». Lo afferma Fabio Mondini de Focatiis, esperto nel settore del Venture Capital con oltre 15 anni di esperienza nell’investimento in startup innovative.
Fondatore di Growth Capital, leader in Italia nell’investment banking per l’ecosistema del Venture Capital, Fabio Mondini de Focatiis ha giocato un ruolo chiave nel successo di operazioni di grande rilievo, come l’approdo di Genenta, l’unica azienda italiana quotata al Nasdaq, alla Borsa di New York.
Lunedì 23 settembre, in occasione della presentazione del secondo rapporto Listup, parteciperà a un confronto con Maria Cristina Porta (Enea Tech e Biomedical), Luca Benatti (IAB), Alessio Beverina (Panakès), Stefania Quaini (A4W), Elena Paola Lanati (Indicon Società Benefit) e Marco Venturelli (Federated Innovation @MIND) sull’ecosistema Life Science nel nostro Paese.
Qui ci offre una panoramica sulle dinamiche del Venture Capital in Italia e sulle sfide e le opportunità di crescita del settore.
Parliamo dunque di innovazione e dell’importanza di investire in innovazione tecnologica per mantenere il Paese competitivo sullo scenario globale.
Partiamo dalla professione Venture Capitalist: quale ruolo gioca nell’accelerare l’innovazione?
«Il valore principale è creato dai Founder. Il Venture Capitalist ha due importanti funzioni: identificare le opportunità e di conseguenza le persone su cui puntare e dare loro supporto finanziario e strategico. Si tratta di un ruolo catalizzatore dove è necessario combinare la capacità di valutazione di molteplici fattori: l’esperienza dei founder, le potenzialità del business model e la valutazione della società che consenta poi un ritorno finanziario. La soddisfazione più grande per un Venture Capitalist è il successo di un investimento “contrarian”, ovvero un investimento dove tutti gli altri, incluso colleghi, non ci credevano ma dove sei riuscito a convincerli a investire».
Cosa traina al momento il VC in Italia: cosa emerge dal vostro Osservatorio sul Venture Capital?
«Quello italiano è un ecosistema giovane, caratterizzato dalla presenza di imprenditori di alto livello, che sta gradualmente crescendo in termini sia di maturità che di numero di round e di ammontare investiti. Il Venture Capital italiano si sta avvicinando sempre più alle logiche europee, sia per quanto riguarda le valutazioni, le tipologie di round, che per la qualità di startup, investitori e soprattutto l’evoluzione verso termini e condizioni sempre più allineati alle best practices internazionali. Inoltre, molti italiani che fino a poco tempo fa investivano solo in Italia, adesso hanno iniziato ad esplorare opportunità di investimento oltre confine».
Il 23 settembre sarà presentato il secondo Report LISTUP, frutto dell’Osservatorio di ricerca di Indicon SB nato nel 2023, realizzato in collaborazione con Growth Capital, Italian Tech Alliance e InnovUp, che mappa l’ecosistema Life science in Italia. Parliamo di un settore strategico per l’economia del Paese. Come favorirne ulteriormente la crescita e l’espansione?
«Per favorire il rafforzamento del Life Science è necessario avere investitori specializzati che operino verticalmente sul settore, molto comuni all’estero e meno in Italia, ma che gradualmente stanno aumentando anche nel nostro Paese. Possono essere sia gruppi di Business Angel focalizzati sul settore (ancora troppo pochi in Italia), sia fondi di Venture Capital (pochi ma in crescita, due esempi recenti sono i nuovi fondi di Indaco e Panakes) e corporate».
Il Software è il primo settore per numero di round, trainato dall’impennata del verticale AI. Nel cosiddetto Rapporto Draghi, si sottolinea che per non rimanere bloccati nelle tecnologie del secolo scorso e per liberare il potenziale innovativo dell’IA serve (anche) il capitale umano. Tuttavia, dallo studio presentato al Forum Ambrosetti AI 4 Italy emerge che l’Italia si trova a dover affrontare una sfida cruciale: la carenza di competenze. Che fare?
«Per affrontare lo sviluppo di competenze, in particolare su AI, è fondamentale investire nella formazione, attrarre talenti internazionali attraverso politiche che facilitino l’ingresso e incentivare il reskilling dei lavoratori attuali per adattarsi alle nuove tecnologie. In questo percorso, la collaborazione tra aziende e istituzioni può essere potenziata per favorire la formazione continua e la creazione di poli tecnologici nelle principali città italiane, stimolando l’innovazione e aumentando l’attrattività del settore».
Bisogna investire di più in innovazione: questo il monito che arriva dal già citato Rapporto Draghi. Più investimenti pubblici, ma anche privati, per essere competitivi sulla scena globale. E bisogna creare un ambiente favorevole che stimoli l’innovazione. Anche per evitare che le startup fuggano oltre oceano. A proposito di Life science, investire in salute è fondamentale.
«Non posso che condividere i finding principali del Rapporto Draghi. In un paese sviluppato, con una età media molto alta, è chiaro che la spesa – già elevata – nella salute continuerà a salire e avremo sempre più scarsità di operatori del settore, dai caregiver ai medici. L’innovazione è l’elemento chiave per poter affrontare questa carenza di risorse. Sarebbe molto importante che gli investitori di lungo termine (fondi pensione, corporate del settore, etc..) fossero i primi a dedicare una percentuale dei loro investimenti in innovazione sia all’interno delle loro stesse società che in startup innovative».
Qual è il ruolo di Growth Capital nel favorire la messa a terra dell’innovazione?
«Il nostro ruolo consiste, da un lato, nell’affiancare scaleup internazionali per tutta la durata del fundraising e M&A, consentendo ai founder di sostenere la propria crescita senza smettere di concentrarsi sulla gestione della loro azienda e, dall’altro, nel supportare investitori e corporate nell’individuare i deal più promettenti sul mercato. Il nostro obiettivo è quello di essere il partner di riferimento per la consulenza finanziaria nell’ecosistema dell’innovazione in Europa, con una percentuale già alta ma in continua crescita di operazioni di M&A e fundraising, dove la nazionalità dell’investitore è diversa da quella della Startup, mantenendo un tasso di successo del 90%».
Lei ha vissuto a lungo in Francia: cosa può imparare l’ecosistema italiano dell’innovazione dalla cosiddetta Startup Nation?
«Tre elementi fondamentali: l’importanza di un ecosistema unito, le dimensioni dei round più grandi e l’effetto volano (“Flywheel”). Attualmente, i più grandi fondi VC italiani non riescono a seguire le scaleup nei loro Round C, D e successivi perdendo così la possibilità di capitalizzare sui loro investimenti migliori. L’effetto volano è un elemento fondamentale per un settore forte innescato dal circolo virtuoso generato dal sistema di “giveback” e quindi dal supporto da parte di founder di successo ad altre società innovative. Per esempio, nel fondo in cui precedentemente lavoravo in Francia, abbiamo investito nel round Serie A di una società (Criteo) che ha poi fatto una ottima exit grazie alla quale i founder, le prime linee e altre risorse chiave hanno poi investito il loro tempo, la loro esperienza e i loro soldi per costituire altre 60 startup con l’esperienza di un caso di successo».
Per partecipare all’evento registratevi qui: Presentazione del report LISTUP primo semestre 2024 – Indicon (indicon-innovation.tech)