Sapevate che le malattie orali sono la patologia più diffusa al mondo, con un costo annuo di 710 miliardi di dollari (fonte: World Health Organization) e impatti significativi sulla salute generale? E che queste malattie derivano per l’80% dalla presenza di placca orale? Pietro Pastore, 29 anni, dentista, due anni fa durante una passeggiata con il suo amico Giovanni Tuccari, laurea in business e consulente in BCG, gli parlava della sua frustrazione: nonostante spiegasse continuamente ai suoi pazienti come lavarsi i denti con lo spazzolino elettrico, questi seguivano le sue istruzioni per un mese e poi mollavano.
La soluzione, secondo Pietro, consisteva nell’eliminare la manualità e questo obiettivo poteva essere raggiunto attraverso uno spazzolino personalizzato. I due decidono di sviluppare questa intuizione coinvolgendo un terzo amico, l’ingegnere elettronico Francesco Anzalone. Nasce così la startup Clean OS.
In cosa consiste il vostro spazzolino?
«È uno spazzolino elettrico le cui testine sono a forma di arcata, ma un’arcata “disegnata su misura” sulla bocca del paziente» ci ha raccontato Tuccari, cofounder e Ceo. «Chi vuole acquistarlo ci invia infatti una scansione della propria bocca e riceve a casa due testine personalizzate, una per l’arcata superiore e una per quella inferiore. Basterà poi inserire il dispositivo in bocca e azionarlo per ottenere una pulizia di livello professionale. Il tutto in meno di 30 secondi».
Dall’idea al prototipo: quali sono stati i passi che avete compiuto?
«Il primo passo è stato studiare il mercato: il fatto che fossero presenti competitor che producevano dispositivi ad arcata ha confermato la bontà della nostra idea. Abbiamo quindi coinvolto Francesco, che lavorava in BlueThink, società specializzata nello sviluppo di prodotti: è stato grazie al loro team che abbiamo messo a punto prima il PoC (Proof of Concept) e poi il prototipo».
In che modo?
«Abbiamo realizzato un’analisi statistica su migliaia di bocche, grazie a partnership con una serie di studi dentistici che hanno condiviso le scansioni dei pazienti in forma anonima: da queste abbiamo misurato le grandezze e forme delle arcate, dei denti, della distanza tra denti, tra denti e gengiva …. Questo studio statistico ci ha consentito di definire una serie di taglie, sia per la base ad arcata che per i micromoduli insetolati (pensiamoli come dei pezzettini di Lego che vanno a inserirsi nell’arcata dello spazzolino) consentendoci di comporre il dispositivo in modo personalizzato».
Come fate a personalizzare ogni singolo spazzolino?
«Quando riceviamo una scansione – che il paziente può effettuare presso il proprio dentista, se fa parte del nostro network, o presso cliniche partner – la “diamo in pasto” a un algoritmo di intelligenza artificiale, che analizza l’arcata dentale e determina la composizione ottimale dei moduli».
Come vi siete finanziati?
«Abbiamo raccolto a oggi 200mila euro, in parte da BlueThink e in parte da Techstars Berlino Deep Tech, con cui abbiamo appena concluso un percorso di accelerazione, in seguito a quello di preaccelerazione con B4i (Bocconi for innovation). A fine gennaio lanceremo una campagna di equity crowdfunding sul portale Crowdfundme, che ci aiuterà a fare il salto verso l’industrializzazione».
Quando è prevista la commercializzazione?
«Entro la fine del 2025. Abbiamo già trovato un partner industriale e stiamo studiando il passaggio dal prototipo, attualmente realizzato con la stampa 3D, a un prodotto realizzato in scala».
Come è stata dimostrata l’efficacia del vostro dispositivo?
«Attraverso trial clinici, nello specifico dei test di rimozione di placca tramite semplici rivelatori di placca (pastigliette che il paziente mastica prima e dopo l’uso dello spazzolino). I feedback ricevuti dai tanti pazienti coinvolti sono stati utilissimi per la definizione del prodotto».
Quali le difficoltà?
«Le sfide di un progetto come il nostro risiedono soprattutto nella natura hardware del prodotto: i costi di sviluppo sono elevati e i tempi decisamente più lunghi rispetto a quelli di una startup puramente digitale. Questo rende continuo il bisogno di raccogliere capitali. Inoltre il settore dell’oral care è poco esplorato, per questo molti fondi di venture capital faticano a inserirci nelle loro tesi d’investimento. Tuttavia stiamo riscontrando un crescente interesse da parte sia di fondi istituzionali che di partner strategici. Per ora il nostro focus è sulla campagna di equity crowdfunding, un passo fondamentale per il nostro futuro».