Trasferimento tecnologico in Italia “Ancora a due velocità”. Il progresso del sistema della ricerca italiana continua la sua scia positiva ma c’è chi arranca. Sul totale delle strutture che fanno parte dell’associazione Netval, che raccoglie ad oggi 65 università, 16 Enti Pubblici di Ricerca (EPR), 16 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) e altri 7 membri, le prime cinque più attive contribuiscono quasi al 50% dei risultati, e le rimanenti, più di 60, fanno il resto. La situazione, che dura ormai da troppo tempo, si sta cronicizzando. Questa è la fotografia scattata dal diciannovesimo rapporto Netval (scarica il documento qui) in collaborazione con Mimit-Uibm e Crui. Nel documento si sottolinea l’importanza della collaborazione tra università, enti di ricerca e imprese e mette in luce come queste partnership favoriscano l’innovazione, creando nuove opportunità per lo sviluppo tecnologico e contribuendo significativamente alla crescita economica del Paese.
Due attività di trasferimento tecnologico su dieci non sono collocate in strutture centrali
Nel 2022 gli addetti (equivalenti a tempo pieno-ETP) degli Uffici di Trasferimento Tecnologico (UTT) di università ed EPR erano 436. Numero stabile rispetto alle unità ormai assestate dal 2020. La presenza di un UTT è fondamentale all’interno della struttura di tutte le università italiane e gli EPR. Le attività di trasferimento tecnologico sono fisicamente collocate nell’80% dei casi in strutture centrali, come il Rettorato, mentre per il 14% sono decentralizzate tra i vari dipartimenti. Solo in sei casi su cento si è anche verificata la possibilità di esternalizzare in tutto o in parte le attività di tradizionale competenza degli UTT ad enti terzi controllati da università ed EPR come incubatori, parchi scientifici, aziende in-house e fondazioni.
2018-2022: crescono del 75% i brevetti presenti in portafoglio nelle università e negli EPR
Sono state 516 le nuove domande di brevetto nel 2022. Numeri in calo rispetto al quinquennio precedente. I brevetti concessi sono stati 797. In questo caso, il valore è cresciuto rispetto al 2021 per università ed EPR, ma gli enti ‘top5’ hanno registrato una lieve contrazione di circa il 7% (dai 395 del 2021 ai 368 del 2022). I brevetti presenti in portafoglio nelle università e negli EPR erano 8.821, segnando un +75% negli ultimi cinque anni. La crescita maggiore ha riguardato i cinque enti più performanti, che contano nel proprio portafoglio 3.907 brevetti attivi (poco più del 44% del volume titoli attivi relativo all’intero campione), registrando una media di 781,4 titoli per ente (più di 5 volte la media nazionale).
Quasi sei milioni di euro per la protezione della Proprietà Intellettuale
Frena la spesa sostenuta per la protezione della Proprietà Intellettuale (PI) nel 2022: 5,9 milioni di euro per università ed EPR. Ancora una volta si è registrato un lieve calo che va di pari passo con la contrazione nel numero di nuove domande di brevetto. Nel 2022 sono state concluse 145 licenze e/o opzioni. Il comparto, dopo un sorprendente aumento nel 2021 (+25,5%), ha registrato una forte riduzione (-37%) trainata in buona parte da un calo dei contratti degli enti ‘top5’. La contrazione si riflette anche nella media dei contratti da 3,5 (2021) a 2,2 (2022). Le entrate derivanti da licenze attive al 31 dicembre 2022 sono state di 5,7 milioni di euro per università ed EPR. Anche in questo caso, dopo una straordinaria crescita vista nel 2021, si è tornati a stabilizzarsi sulla normale tendenza di crescita prevista nell’ultimo quinquennio.
Italia tra le prime della classe per quota di pubblicazioni
Nelle università e negli EPR sono state costituite 108 imprese spin-off (di cui 101 accreditate e sette no) nel 2022. Numeri in calo rispetto al 2021 (133) e al 2018 (162). Passando all’imprenditorialità accademica, la crescita della produzione scientifica italiana negli ultimi anni è stata superiore alla media mondiale: in Italia è aumentata la quota di pubblicazioni, fenomeno in controtendenza rispetto ai Paesi europei (Francia, Germania e Regno Unito). In termini di impatto citazionale della produzione scientifica, la posizione della ricerca italiana è di tutto rispetto: se si concentra l’attenzione sui prodotti di eccellenza o più citati (top 10%), la quota italiana è del 4%, la quinta al mondo, dopo USA, Cina, Regno Unito e Germania.
Oggi più che mai è necessario rafforzare gli UTT, considerando che aumentano gli attori nella filiera e catena di valore del trasferimento tecnologico. Il modello italiano è troppo burocratico. La situazione normativa è in continua evoluzione (nel 2023 sono state introdotte modifiche importanti al c.p.i.). La parola d’ordine in futuro è “collaborazione” tra pubblico e privato